(Militanza del fiore - Quaderno quotidiano ottobre 2009-gennaio 2010. Ultima pagina)
Per un motivo o per l’altro, la voce e la poesia di Giovanni Lindo Ferretti hanno sempre accompagnato alcuni momenti importanti: dalle scorribande creative nei centri sociali un decennio fa, fino a una recente, magnifica, disperata scampagnata solitaria, che aveva come pretestuosa linea di fuga -dall'angoscia, dalla città- proprio la ricerca di lui. Partenza prima dell’alba, dall’autoradio, a ripetizione, le canzoni del suo ultimo album. Destinazione: un punto indefinito sull’aspro valico appenninico che separa la Garfagnana dalla montagna emiliana.
Carlo Cuppini
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lunedì 4 gennaio 2010
domenica 3 gennaio 2010
91 - sei poesie per Gaza, 6
Li vedreste cantare e ballare
nonostante le macerie
li vedreste con sorrisi smaglianti
nonostante il loro cuore sotto sale
li vedreste costruire scuole e case
che entro sera vedranno abbattute
li vedreste avanzare verso di voi
e schiudendo le palme delle mani
timidi offrirvi in dono
ciò che mai avreste sperato
di poter acquistare.
nonostante le macerie
li vedreste con sorrisi smaglianti
nonostante il loro cuore sotto sale
li vedreste costruire scuole e case
che entro sera vedranno abbattute
li vedreste avanzare verso di voi
e schiudendo le palme delle mani
timidi offrirvi in dono
ciò che mai avreste sperato
di poter acquistare.
sabato 2 gennaio 2010
90 - sei poesie per Gaza, 5
Tira la tenda
non vogliamo lo strepito.
Che la luce sia soffusa
il pulviscolo isterico non deve entrare.
Tra il tuo corpo di lama
odoroso di fiumi e giornate
ed il mio che proteso sul tuo
ha imparato la fame e adagiato
sul tuo ha trovato la pace
nello spazio cancellato tra le membrane
della nostra pelle ustionata
non si sente lo schianto edificio che cade.
Tra te e me in questo nostro
stringerci del color del mattone bruciato
nella stanza rubata in quest’ora assediata
c’è nostro figlio che vuole sbocciare.
non vogliamo lo strepito.
Che la luce sia soffusa
il pulviscolo isterico non deve entrare.
Tra il tuo corpo di lama
odoroso di fiumi e giornate
ed il mio che proteso sul tuo
ha imparato la fame e adagiato
sul tuo ha trovato la pace
nello spazio cancellato tra le membrane
della nostra pelle ustionata
non si sente lo schianto edificio che cade.
Tra te e me in questo nostro
stringerci del color del mattone bruciato
nella stanza rubata in quest’ora assediata
c’è nostro figlio che vuole sbocciare.
venerdì 1 gennaio 2010
89 - sei poesie per Gaza, 4
Se esplode la finestra
esce la luce
come sangue dal naso in terza media.
E l’ombra del sole ti piomba addosso
se l’elicottero che si è frapposto
comincia a sparare.
Ma la violenza accecata
che rimbalza sui muri alle dodici e ventitre
(così riporta il telegiornale)
e poi ti raggiunge e ti ustiona
la faccia le cosce il torace
ti fa l’ombra per terra
disegna lei stessa il confine
che non può penetrare né violare.
E nell’ombra sta acquattato
come un puma in attesa di slancio
il tuo destino di vetro
insieme alla compagine dei morti
che ora non hanno altro luogo all’infuori
dell’orma scura ai tuoi piedi
per piangere i vivi.
esce la luce
come sangue dal naso in terza media.
E l’ombra del sole ti piomba addosso
se l’elicottero che si è frapposto
comincia a sparare.
Ma la violenza accecata
che rimbalza sui muri alle dodici e ventitre
(così riporta il telegiornale)
e poi ti raggiunge e ti ustiona
la faccia le cosce il torace
ti fa l’ombra per terra
disegna lei stessa il confine
che non può penetrare né violare.
E nell’ombra sta acquattato
come un puma in attesa di slancio
il tuo destino di vetro
insieme alla compagine dei morti
che ora non hanno altro luogo all’infuori
dell’orma scura ai tuoi piedi
per piangere i vivi.