Carlo Cuppini
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mercoledì 30 marzo 2011
Fossile
Fossile di un appartamento-buco nero, è la poesia. Fossile, ciò che resta. Ciò che resta alla fine di un appartarsi, un appartarsi dal tempo, un farsi a parte, ma anche prendere parte, scegliere la parte, appartenere ma stare appartati. Appartarsi dal tempo, perché il luogo è quello in cui il tempo si ferma. Buco nero, punto-stanza dove l'energia gravitazionale – il desiderio – raggiunge livelli altissimi. Tanto da attrarre in sé 'tutto'. Tutto da ogni dove. Dal dentro e dal fuori, senza gerarchie e senza precedente. L'origine del buco nero è una parola, una visione, una notizia di cronaca, un lapsus. Il fossile di appartamento-buco nero è tutto impegnato nel gettare 'al di là' della struttura logica di questo universo delle cose, che riappariranno dall'altra parte, dove noi non potremo mai guardare. Ma che sappiamo che forse qualcuno vedrà. Come il sopra dei capitelli a 30 metri di altezza, che l'artefice medievale rifiniva a dovere, essendo che di certo li vedeva dio. In questa corsa a sparire, lasciando incisioni di scie e forze solidificate nel passaggio, non c'è modo di voler significare. Si significa accidentalmente, come un fossile assomiglia a una galassia a prescindere dalle sue intenzioni. Siamo qui per questo, per fare qualcosa, significando altro. Altro che in noi, altro che è in ciò che facciamo, altro che ci guarda dal riflesso dei nostri occhi, ci chiama e ci illumina, enigmaticamente.
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