Carlo Cuppini

venerdì 13 agosto 2021

Credo che questo sia il momento giusto per

Credo che questo sia il momento giusto per rimescolare le carte, per scrollarsi di dosso tutte le etichette con cui si è cercato di banalizzare e polarizzare il dibattito per un anno e mezzo (o di disinnescarlo proprio, criminalizzando le posizioni critiche), per andare oltre le precedenti prese di posizione e in definitiva per rigettare le divisioni che sono state artatamente create, per riconoscersi comunità nazionale.

Credo che sia il momento giusto per riconoscere che c'è solo una divisione, e non riguarda il vaccino, le convinzioni politiche, l'esperienza che si è avuta o non avuta del covid o altro: la sola differenza che oggi ha senso considerare è quella tra chi ritiene che questa emergenza perdurante (e tutte le possibili future emergenze di origine naturale o umana) vada affrontata con il massimo riguardo per il diritto e facendo salva l'unità – in primis morale – della comunità nazionale; e chi invece ritiene che, a fronte di una emergenza, tutto ciò che promette di funzionare va considerato legittimo, a prescindere dal diritto e dall'onere della prova relativo all'efficacia delle misure adottate dai decisori.

Come ho più volte scritto, questo ultimo approccio è una declinazione del paradigma tecnocratico, che trova un inaspettato inveramento storico grazie all'emergenza covid: "ciò che può essere fatto, deve essere fatto".

Vogliamo davvero validare questo paradigma e affidare a esso il futuro della cosa pubblica? 

L'alternativa è una sola: inaugurare una discussione tra tutti - ma libera da pregiudizi, delegittimazioni ed emotività tribale suscitata dai media - per riabilitare in pieno la democrazia e attualizzarla, decidendo collettivamente dove stanno i paletti invalicabili e quali garanzie e prove devono essere fornite da chi ritenga necessario limitare diritti individuali e consuetudini sociali, e si accinga a farlo esercitando il potere che gli è conferito.

Oggi dobbiamo fare uno sforzo per andare oltre la mentalità che ha dominato finora e per liberarci dagli schemi divisivi attraverso cui ci hanno spinti a "confrontarci": esploriamo concetti nuovi, pensieri nuovi e parole nuove. Il linguaggio è una potenza autoctona: non limitiamoci a recepirlo e a ripeterne i clichè, finendo per essere parlati da altri, mentre crediamo di esprimere noi stessi.

Oggi, chi dissente dal corso attuale della gestione pandemica, deve trovare una via inclusiva e aggregativa, e le anime del pensiero critico devono cercarsi, riconoscersi, rifondarsi in un insieme plurale e dinamico, capace di riconoscere i comuni denominatori e valori.

Creiamo un clima e un momento reale di incontro, di confronto e di elaborazione. 
Lavoriamo per questo, da domani, da oggi stesso, ognuno come può.

Nessun commento:

Posta un commento