Carlo Cuppini

sabato 19 novembre 2022

Per un grandissimo accordo di pace

In questi giorni Firenze accoglie riflessioni e celebrazioni internazionali per i 50 anni della Convenzione del Patrimonio Mondiale. Personalità di molti Paesi hanno partecipato al Convegno Internazionale "1972-2022 Il Patrimonio Mondiale alla prova del tempo. A proposito di gestione, salvaguardia e sostenibilità'".
Se per patrimonio mondiale intendiamo l'insieme di tutto ciò che appartiene a tutti – compresa l'aria, l'acqua, i linguaggi, la conoscenza, il benessere, il rispetto, il dialogo, le risorse, la terra, il futuro - allora non c'è tema più urgente e più delicato da affrontare.
Il libro "Il mistero delle meraviglie scomparse" racconta di un'umanità sul bordo della Terza guerra mondiale, perché – a causa di un fatto misterioso che fa saltare tutti gli equilibri – ogni Stato avanza le proprie ragioni contro quelle degli altri. Due bambini, insieme alle creature magiche con cui entrano in contatto, evitano la catastrofe costringendo gli adulti, i decisori, a rinunciare allo scontro tra "ragioni", precipitandoli in una girandola di follia e carnevaleschi rovesciamenti. Si tratta di una fiaba, e non potrebbe che avere un lieto finale: dove i grandi della Terra finiscono per riunirsi (in un tendone da circo, per ragioni di sicurezza...) e sottoscrivere un Grandissimo Accordo di Pace.
Perché oggi questo importante convegno si svolge proprio a Firenze? Non lo so: forse perché quest'anno si festeggiano anche i 40 dell'ingresso del centro di Firenze nella Lista dei siti Unesco.
Di sicuro so perché la mia storia inizia e finisce a Firenze, dopo avere fatto una dozzina di volte il giro del mondo: non solo perché è la città dei miei figli, ed è quella con cui volevo pacificarmi facendomi amico ciò che nasce prima di essa e finisce dopo di essa, portando di tutto – di materiale, immateriale, vivente – attraverso essa: il fiume Arno; ma anche perché non si può non ricordare il discorso del sindaco Giorgio La Pira, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, intitolato "Le città non possono morire".
Questo spirito universalista è diventato (ma forse lo era già da secoli) parte di questa città, della sua storia e di tutte le sue storie possibili.
Allora dedico il passaggio che segue a quanti sono oggi riuniti a Firenze, con l'auspicio che un venticello irriverente proveniente dall'alveo del fiume Arno spettini i loro pensieri e li porti ad avere illuminazioni che vadano al di là di ogni ragione: fino a concepire l'impossibile, fantastica, concreta possibilità di un mondo migliore.
"Pochi giorni dopo i capi e i presidenti di tutti i Paesi si diedero appuntamento a Firenze, dove tutto era cominciato. Si riunirono all’interno di un tendone da circo affittato per l’occasione. I monumenti continuavano a spostarsi e non sembrava sicuro usarli per una riunione internazionale delle più importanti: magari uscendo si sarebbero ritrovati tra i ghiacci della Siberia, o sul vulcano Krakatoa in Indonesia, o nel Santuario dei Leoni in Sudafrica… In genere ai potenti non piacciono questi imprevisti. Davanti alle telecamere firmarono il Grandissimo Accordo di Pace, in cui dichiaravano solennemente che i monumenti di tutto il mondo appartenevano a tutti i popoli e che ogni persona, in ogni luogo, era tenuta a prendersi cura delle meraviglie che si trovavano dalle sue parti, considerandosi temporaneamente un custode incaricato da tutti gli altri abitanti del Pianeta – senza per questo sentirsene padrone.
Le scuole, gli uffici, i teatri, i musei, e tutti gli altri posti che in molti Paesi erano stati chiusi per precauzione, a quel punto riaprirono. Le incertezze sul futuro e la paura della guerra scomparvero. Tutti si fecero una ragione del fatto che bisognava convivere con una situazione instabile e imprevedibile, ma tutto sommato priva di pericoli, e che aveva anche parecchi lati positivi e piacevoli. Del resto gli spostamenti e gli scambi di posto rallentarono, si fecero via via meno frequenti. Si era creata una specie di strana, nuova normalità, dove la vita scorreva più o meno come prima, ma bisognava tenersi sempre pronti a qualche sorpresa."



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