Carlo Cuppini

venerdì 25 dicembre 2009

82 - islam samhan

E' da questa notte che tira un vento forte a cento all'ora, che non accenna a placarsi. Sembra voler sradicare le piante, divellere i coppi dai tetti, scardinare le persiane; e in parte ci riesce. Le nubi corrono all'impazzata; spariscono prima di essersi offerte alla contemplazione. Lo sguardo, come il vento, è costretto a spazzare rapido le valli e le colline che circondano, senza proteggerlo, il paese rialzato, esposto, percosso. Buon Natale.

Islam Samhan ha 28 anni.

E' un poeta, ed è giordano. E' stato condannato a un anno di carcere e al pagamento di un'ammenda di diecimila euro per avere scritto versi come questi:

un innamorato mi ha fermato e gli ho chiesto:
a chi porti la rosa?
la tua innamorata verrà portata via dal bombardamento di qui a poco
diventerà una manciata di polvere
non rischiare la vita in nome dell'amore!


e ancora:

irrequieta
si lamenta
di ciò che non sapevo
lei si rivolge a Dio
piccola come uno scricciolo


e ancora:

quando il mio cuore ha fotografato un'immagine solare
si è infranta la cornice
e si è spaccata la luna


Sono strofe come queste ultime due -come molte altre all'interno del libretto di Samhan, edito ora da Interlinea- ad avere fatto innervosire il gran muftì di Giordania prima, e i Fratelli Musulmani poi; tanto da indurli a invocare il ritiro del libro e la condanna del poeta. La giustizia giordana ha raccolto l'appello dei religiosi e, in ossequio alla legge che regolamenta la possibilità e i limiti di pubblicazione facendo riferimenti alle religioni (non solo all'islam), Samhan ha ricevuto questa condanna esemplare. I suoi versi sarebbero oltraggiosi, perché ricalcano, spostandone il senso, alcune Sure del Corano.

"Se il tribunale non accetterà il mio ricorso andrò in carcere. Sono preoccupato per la mia famiglia: mia moglie è incinta al quarto mese. Ma userò quell'anno in cella per scrivere altre poesie"

Che delle poesie possano scaldare tanto gli animi sembra una favoletta, dal nostro punto di vista. Ma bisogna ricordare che nei paesi arabi la poesia ha potere: non è il lamento di personalità elegiache e sentimentali; non è una sperimentazione artistica/linguistica fine a se stessa; non è fatta per compiacere i critici. La poesia in Palestina, in Giordania, in Siria, in Egitto, riempie gli stadi. Applausi e grida scrosciano torrenziali prima ancora che il poeta abbia finito di leggere una strofa. Su Youtube si possono vedere filmati con i readings del poeta arabo forse più celebre, il palestinese Darwish.
La poesia è potere di popolo. E non perché sia poesia politica o fomentatrice. Spesso, come nel caso di Islam Samhan, si tratta di un sottile traghettamento di temi, musica e immagini tradizionali verso una sensibilità e un'urgenza attuale. Spesso è poesia d'amore o di ispirazione religiosa. Ma, nonostante questo, la poesia fa paura agli irregimentati, ai difensori delle gerarchie, ai sepolcri imbiancati. Perché è potere di popolo nel nome della bellezza e dell'ispirazione; e per questo libera i cuori dall'angoscia, dal dolore, dalla schiavitù, dalla stupidità.
Non ricordo quando in Italia sono state emesse le ultime condanne (giudiziarie, non religiose) contro un poeta. Forse sotto il fascismo? Chi è capace, oggi, di sollevare un tale scandalo, con l'arma semplice e bianca della poesia, nelle nostre società?

del nord è questo vento
che i sentimentali, il popolo delle parole ferite,
scrivano altre lettere verso l'aldilà.
quanto a me,
mi butterò nel vento...


Con le parole di Darwish, posso ascoltare davvero il mugghiare di questo selvaggio vento di Natale.
Con la poesia di questi poeti arabi, così vicina al grido, alla melodia, alla preghiera, alla liberazione, alla meditazione, alla sfida, al coraggio, vi dico ancora: buon Natale.

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