Carlo Cuppini

martedì 26 aprile 2011

Il culto

C'è qualcosa di più spaventoso di un despota che tiene in pugno una nazione attraverso l'inganno e la menzogna?
Sì: è un despota che si può permettere di sbandierare con nonchalance le più imbarazzanti e incriminanti verità, senza paura di alcuna conseguenza a suo danno.

Questa paradossale considerazione sorge spontanea dopo il recente show berlusconiano; quello in cui, davanti alle telecamere di mezzo mondo e rivolgendosi in veste ufficiale al Presidente francese, rivela che lo stop al nucleare è stato un atto necessario per bypassare il referendum già in agenda, e poter quindi riprendere il programma tra un anno o due, quando la gente si sarà dimenticata di Fukushima.


Dunque Berlusconi dichiara pubblicamente, in veste ufficiale di capo del Governo ("questa è la posizione del Governo"), in una sede ufficiale internazionale, che ha architettato un complotto per aggirare i vincoli del programmato pronunciamento popolare su una fondamentale questione nazionale.
Non credo che si faccia torto alla lingua italiana, né che si operi una forzatura concettuale, se si chiama questo fatto "golpe antidemocratico".

Guardando il breve video che documenta l'avvenimento, la prima reazione potrebbe essere di pensare (quasi con sgomento) che Berlusconi si è infine bevuto il cervello, segnando il più clamoroso autogol della sua carriera. Ma riguardandolo una seconda, una terza volta, comincia a farsi strada la sensazione, ancor più sgomentevole, che questa mossa potrebbe essere stata attentamente studiata.
Di certo non è stata un'uscita infelice, né una gaffe delle sue, né un'intercettazione: se così fosse stato, ci sarebbe di che invocare immediate dimissioni.
Al contrario, come ho già sottolineato, si è trattato di una dichiarazione ufficiale in una sede ufficiale, che esprime la posizione ufficiale del Governo.
Nonostante quello che a molti (sottoscritto compreso) piacerebbe pensare, Berlusconi non è stupido. Berlusconi sente il polso dell'Italia che governa - da 17 anni come protagonista politico e da una trentina come demiurgo antropologico. Berlusconi agisce secondo strategie precise, a volte neanche consapevoli, magari del tutto istintuali, ma di certo efficaci.

Così, dopo anni di deplorevoli, mortificanti e intollerabili bugie, ci troviamo davanti a un inedito Berlusconi che dice apertamente, come se niente fosse, la verità. Una verità ancor più deplorevole, mortificante e intollerabile delle menzogne a cui ci aveva abituato. Una verità che avvilisce il concetto stesso di democrazia, offende il popolo e gli elettori, manifesta l'intenzione di calpestare le istituzioni, gli equilibri e le regole di funzionamento fondamentali di questo Stato.

Questo Berlusconi 'trasparente'  sembra essere lo stesso che da un po' di tempo si produce in battute ispirate alla propria miserabile vita privata. Non per farsi beffe delle accuse ridicolizzandole, si badi bene: piuttosto per normalizzare e umanizzare tali vicende, disinnescarne il potenziale destabilizzante rendendo quei contenuti quotidiani, affabili, familiari. Come nelle chiacchiere da bar in cui si narrano, vantandosi anche un po', la proprie piccole malefatte, le proprie piccole trasgressioni, le proprie piccole infrazioni alle norme e alle leggi.

Il Berlusconi che scherza sulle notti del bunga bunga rivendicando e imponendo di fatto la normalità di tali azioni, è lo stesso Berlusconi che dichiara platealmente di avere orchestrato un raggiro per evitare che il popolo italiano esercitasse legittimamente il proprio potere di intervenire sulle decisioni del governo e del parlamento attraverso lo strumento costituzionale del referendum.

La domanda è: perché la trasparenza invece della menzogna?

Evidentemente Berlusconi sa, percepisce, di essere penetrato così a fondo nella mente collettiva del popolo italiano che il suo potere personale non dipende più da un'investitura e non richiede più una legittimazione. Sa che il potere non è a lui assegnato in modo temporaneo e condizionato dal rispetto di certe regole; al contrario: il potere discende da lui, che incarna la fonte del potere e gli effetti del potere allo stesso tempo, come un idolo o una divinità tribale.

Berlusconi non può più difendersi dalle accuse che gli vengono rivolte.
Non ne ha bisogno. Può permettersi di farle proprie queste accuse verso se stesso. Può addirittura anticiparle. Può giocare a volto scoperto smettendo la maschera del bravo statista e del buon padre.
Ciò che esce dalla sua bocca diventa umano, normale, norma di comportamento. Ciò che lui afferma, per quanto aberrante, rifonda il canone del giudizio, diventa nuova pietra di paragone.
Non ha bisogno di convincere il popolo della sua buona fede e del suo buon operato. Può dichiarare apertamente la sua malafede e la doppiezza del suo operato. Non importa: nel dire queste cose rinnova il rituale di unione con il suo popolo, che gli appartiene e di cui dispone, e da cui non dipende (più) il suo potere.

Questo tipo di dispotismo, che, bisogna ammetterlo, fino ad oggi ci era completamente sconosciuto, spinge la catastrofe italiana nella dimensione inquietante del culto e del delirio religioso di massa.

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