Carlo Cuppini

martedì 1 maggio 2012

Botanica (pensiero)

Bevo l'acqua per la strada, dalla bottiglietta, e penso:
se una bottiglia che ancora non esiste
può essere fatta, apposta perché domani
stia tra le mie mani, per finire un attimo dopo
nel bidone, e diventare quindi il problema,
l'ingombro, l'incognita, l'obbrobrio, la funzione
espletata di qualcosa di cui resta, con imbarazzo
non rimovibile, il perdurante involucro materiale, il mostro,
ciò che va sottratto alla vista, il rifiuto, il non senso (passando
per una guerra in Medio Oriente, l'estrazione del petrolio,
lo scontro di civiltà, tutto il ciclo produttivo, le emissioni,
gli scarichi industriali, e dopo l'inceneritore, o la dispersione
nel bosco o nel mare, o, bene che vada – ma è solo una possibilità
minoritaria – l'avvio al sistema del riciclo) se questo è stato pensato,
pianificato, organizzato, attuato, poi ratificato,
legittimato, autorizzato, avallato, perfino
incoraggiato, benedetto, auspicato e
comunque accettato, tollerato, se questo – ecco,
non so come finire la frase, e la poesia –
a parte evocare la pertinenza di un rutto potente
nel caso la suddetta acqua fosse gasata.

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