Carlo Cuppini

martedì 30 aprile 2024

"Logout": La musica, il mare

In Logout la musica è importante; Caya, l’amica di Luca, è una giovanissima rocker; una canzone ha il potere di rimettere Luca sulla strada giusta quando rischia di perdersi; un canto scioglie un groppo alla gola e libera le lacrime trattenute. E poi c’è anche la musica orrenda, la “musica del potere”, le sigle, i jingle, il riempitivo sonoro che satura lo spazio e la mente, perché non capiti che pensieri non omologati si formino.

Quando ho raccontato la storia di Logout alla mia amica romagnola Laura L., a lei è venuta in mente una canzone: A casa di Luca di Silvia Salemi. Ve la ricordate? Era il 1997. Io avevo 17 anni, lei - la cantante - 19. A quel tempo non c’erano i social né i servizi di messaggistica; per molti non c’erano nemmeno i cellulari, e se c’erano si usavano soltanto per telefonare; c’era internet, sì, ma ci volevano un paio di minuti per collegarsi, e comunque non si sapeva bene come usarlo; i motori di ricerca emettevano i primi vagiti; e poi c’era il “popolo di Seattle”, c’era il subcomandante Marcos, c’erano molti fermenti dal basso e “un altro mondo” era “possibile”, o sembrava esserlo. Era davvero un altro secolo, un altro millennio.

Della canzone ricordavo solo il titolo. Riascoltandola, sono rimasto fulminato. È così attuale, e allo stesso tempo così meravigliosamente inattuale, e il suo senso è così affine a quello del mio romanzo. Forse il Luca della canzone è il Luca di Logout da grande, anche se la canzone ha quasi trent’anni più del romanzo…

“Anni questi anni passati così
Aridi, sterili, vuoti
E l'era delle immagini
C'ha rubato il cuore
L'inventiva, le idee, le parole
Oh certo che provo qualcosa per te
Ma dire amore è difficile
L'epoca del
Tun tun cha pa tu pa tum
C'ha stordito il cuore
Siamo isole senza valore

Ma la sera a casa di Luca torniamo a parlare…
(…)

Sai che dovresti venirci anche tu
Anche se a casa stai comodo
Ma questa è un'era subdola
Che ti inchioda il cuore
E la vita ad un televisore
…”

Il resto della canzone ve lo lascio ascoltare.
Cercatela: troverete il mare.



sabato 27 aprile 2024

"Logout": la copertina disegnata da Alice Barberini

La copertina di Logout è stata disegnata da Alice Barberini per Marcos y Marcos.
Alice è un’illustratrice dal tratto minuzioso e composto, che riesce a portare nel più preciso realismo la dimensione incantata a vibrante della poesia e dell’immaginazione. Nei suoi albi, pubblicati da Orecchio Acerbo, ci sono i volti dei bambini, i loro sguardi, quelli degli animali, i voli degli uccelli e le loro prospettivi aeree, il mistero che ogni passante porta con sé.
Mi piace il disegno che ha fatto per “Logout”, che coglie dei dei tratti essenziali del romanzo: la prospettiva dal basso, terra-terra, del mondo fisico riconquistato; il disorientamento del ragazzino davanti all’ignoto, pari alla certezza che è proprio là che deve andare; la determinazione stampata sulla fronte liscia (che non si vede, ma si sente), che porterà a superare ogni impedimento, a partire da quella scarpa slacciata. La solitudine nell’avventura della crescita, anche; la solitudine in un mondo che a volte appare irriconoscibile, rispetto a ciò che i pianeti ci hanno una volta raccontato; e che pure possiamo tornare a riconoscere, riconoscendoci mutati in esso; mutati noi dal mondo, in un mondo mutato dalla nostra fragile, incisiva, incessante partecipazione.
Anche dei colori voglio parlare: il blu e il giallo. Non so se l’idea sia stata sua (un giorno glielo chiederò), ma appena ho visto la copertina ho pensato che quei colori univano involontariamente tre tappe essenziali del mio viaggio personale. Giallo e blu sono i colori di Urbino, mia città natale; sono i colori del Galluzzo, il quartiere di Firenze in cui vivo; sono i colori dei segnavia del Cammino di Santiago, più sacri delle ossa del santo per il pellegrino. E con Santiago ritorna la prospettiva terra-terra, quella della polvere del cammino, della scarpa slacciata, delle ginocchia sbucciate; il livello della rinuncia all’inessenziale, dal quale, alzando gli occhi, si vede un altro cielo, misteriosamente popolato, e molto più vicino.

lunedì 22 aprile 2024

"Logout": il pallone

Per Luca, il protagonista di “Logout”, l’adolescenza è anche il richiamo del mondo fisico, dell’avventura, del fuori. Questo richiamo è rappresentato da un oggetto in particolare: il pallone da basket che il nonno Taddeo gli ha regalato. Luca lo guarda dalla finestra della sua camera, ma non può prenderlo: perché uscire di casa è pericoloso, è complicato, è un affare di stato. Prima bisogna soppesare tutti i rischi e prendere ogni precauzione, e questa preparazione potrebbe comportare tempi lunghi. Tutto è rimandato a domani.
Durante la scrittura del romanzo, quel pallone è sempre stato nella mia mente. Entrato nelle prime pagine del libro come un oggetto del tutto marginale, ha finito per diventare un faro che mi ha aiutato a condurre i personaggi verso l’esito della loro rocambolesca avventura.
Il pallone reale che vedete nella foto è entrato nella mia vita una settimana dopo avere consegnato all’editore l’ultima revisione, e proviene dal mondo dell’immaginazione, grazie a una di quelle coincidenze strambe, inspiegabili e piene di significato. Passeggiando con mio figlio in un viottolo dietro casa ci siamo imbattuti in questa sfera arancione e rugosa. Era sporca, ammaccata e acciaccata, chiaramente abbandonata dal proprietario perché ritenuta irrecuperabile.
Per un attimo ho visto la realtà che sfarfallava.
Adesso il pallone è nel nostro giardino: è il pallone che nonno Taddeo ha lasciato a Luca perché si ricordasse sempre di lui e delle cose vere.



mercoledì 17 aprile 2024

"Logout", da oggi in libreria

Intelligenza artificiale ovunque, amicizie solo sui social, realtà virtuale per giocare, studiare e lavorare, acquisti on-line con consegna immediata, classifiche con premi e punizioni, sorveglianza e igienismo, comodità e sicurezza...
In Malsazia tutto appare progredito, prevedibile e funzionale. Il signor Zucabezzo, grande imprenditore e vero leader del Paese, con le sue aziende e le sue politiche ha fatto proprio un buon lavoro.
Ma sotto la superficie scintillante qualcosa si agita. E proprio grazie ai meccanismi che stanno alla base del sistema un imprevisto si manifesta nel posto giusto e al momento giusto.
Luca, un ragazzino ancora in bilico tra l'infanzia e l'adolescenza, si troverà di fronte a una scelta drammatica e impensabile. E con lui Linda: l'onnipresente intelligenza artificiale che tutto coordina e tutto controlla.
Esce oggi nelle librerie e nei bookstore on-line “Logout”,
Marcos y Marcos, 408 pagine, 14 €, copertina di Alice Barberini.

mercoledì 10 aprile 2024

“Senza titolo (No)” di Ramona Caia, per Daniela De Lorenzo



In un mondo avviato con slancio, e perfino con entusiasmo progressista, verso l'autodistruzione, il Dada pronunciò il suo No. Se una discussione intorno all'orrore assoluto poteva esistere, non si trattava di entrare nella discussione con questo o quell'argomento, ma di rifiutare in modo totale, incondizionato e irreversibile la possibilità stessa della discussione, l'impianto logico su cui si configuravano le menti umane. Era un No insolente, ironico ed euforico, nella misura in cui si specchiava in un parimenti clamoroso Sì: quello creazionale dell'arte.

Sessant'anni prima era stata pronunciata un’altra eclatante sequela di No, in questo caso solitaria, e sottovoce: quella di Bartleby, lo scrivano protagonista dell’omonimo racconto di Melville. I suoi garbati e insistiti “I would prefer not to”, ripetuti in risposta a ogni sorta di domanda e richiesta, portano sull’orlo del più profondo sbalordimento il suo datore di lavoro, che finisce per formulare richieste appositamente perché lui debba rispondere “sì”. Ma Bartleby continua a preferire di no, fino all’ultimo, fino alle estreme conseguenze. Senza motivo, senza spiegazione: la sua preferenza non è condizionata dalle circostanze o dalle intenzioni altrui. Il No di Bartleby non è un no a questa o a quella cosa; ed è questo fatto che sconvolge il suo datore di lavoro, e i lettori del racconto, ancora oggi.

Dopo, anche il No gridato ed esibizionista del punk ha preteso di essere un No assoluto e indiscutibile. 

Prima, il No di Francesco d’Assisi alla cultura e ai libri è stato un altro rifiuto assoluto, incontrovertibile, del livello convenzionale della discussione; essendo essa stessa – la discussione – plasmata sulle logiche di potere – fosse anche il potere delle argomentazioni: il linguaggio è ragione, ma è altresì potere – e capace di umiliare, prevaricare, giustificare gli orrori della Storia, uccidere. Francesco, semplicemente, rovescia il tavolo, e scommette su un altro possibile livello di esistenza della specie umana, raggiungibile non attraverso la dialettica, ma camminando a lungo, in silenzio, scalzi.

Tornando al nostro tempo, nei borborigmi incomprensibili degli "Idioti” di Lars Von Trier sembra di sentire echi della disperata speranza di Francesco.


Il No di Ramona Caia non è né gridato né sussurrato, né insolente né garbato. È il gesto quieto di un corpo senza connotati e senza condizioni – ridotto a un tronco senza arti e senza capo, in effetti – dal quale fuoriesce una propaggine articolare al solo scopo di dimostrare che il corpo stesso è un messaggio. E che il messaggio è un No. L’azione si ripete in un loop circolare la cui unica variazione sta nell’alternanza del colore (un rosso sullo sfondo che richiama molti drammi, privati e collettivi, e brutalmente scontorna il corpo con il suo aspetto diafano) e del bianco e nero, che – per contro – sposta il senso della visione fuori da ogni possibile attualizzazione. Il No di Ramona Caia non sembra rispondere a una domanda, non sembra riferito a una specifica circostanza. Il silenzio in cui l’azione avviene e si ripete all’infinito rende la visione ancora più conturbante, calando opera e spettatore, insieme, in un’apnea subacquea. Si potrebbe ipotizzare che le circostanze funeste che scandiscono da tempo la nostra quotidianità abbiano a che fare con questa significazione. Tuttavia la forza del gesto – ricomposto in un quadro costituito da un tablet appeso alla parete – lascia prevalere l'enigma, l'inafferrabilità: la richiesta di fermarsi, appunto, sul limite della logica e della discussione, qualora non si sia disposti a rinunciare ai limiti della specie. O almeno a tentare questo salto, pensando ai tentativi di De Dominicis di volare, o formare quadrati invece di cerchi intorno a un sasso lanciato nell'acqua. 

In questa breve rassegna dei No incontrovertibili, ispirata dall'opera di Ramona Caia, va incluso ancora un riferimento, almeno: il Montale di “Non chiederci la parola che squadri da ogni lato”: “Codesto solo oggi possiamo dirti,/ ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”


L’opera “senza titolo (No)” di Ramona Caia è esposta al Museo d’Inverno di Siena all’interno della mostra dedicata a Daniela De Lorenzo, intitolata “Controluce”. 

Il Museo d’Inverno, diretto da Francesco Carone ed Eugenia Vanni e situato dentro la monumentale architettura della Fonte Nuova, propone da alcuni anni dei focus interessanti su artisti contemporanei, invitandoli a prodursi non attraverso l’esposizione di proprie opere, ma attraverso la presentazione di relazioni: mostrando cioè opere che hanno ricevuto in dono da altri artisti, o intellettuali, o a vario titolo sodali. È già un racconto, ed è un racconto mite e originale, quanto intenso e unico; racconto dove l’ego scompare, e di esso resta solo un’impronta, delimitata e resa visibile dalla presenza degli altri tutto intorno. Dalla presenza dell’altro, della relazione. 

Daniela De Lorenzo, in questo singolare e prezioso autoritratto “Controluce”, ha riunito nell’antica e affascinante struttura sovrastante le fonte opere e contributi (in alcuni casi inediti) di Emanuele Becheri, Lorenzo Bonechi, Ramona Caia, Antonio Catelani, Saretto Cincinelli, Serge Domingie, Paolo Fabiani, Fabio Fuente, Carlo Guaita, Giulio Paolini, Roberto Rizzoli.


"Daniela De Lorenzo. Controluce", Museo d'Inverno, Siena, 6 aprile - 9 giugno 2024


(Il video dell'installazione "Senza titolo (No)" di Ramona Caia si può vedere qui.)