Carlo Cuppini
▼
lunedì 15 luglio 2024
Superlunaria, rivista immaginaria
Per quanto sia del tutto immaginaria, Superlunaria è una rivista cartacea. E per di più è un’opera magnifica, e monumentale.
E’ immaginaria perché tutto, di essa e in essa, è immaginato. Anche la realtà, laddove le parole la intersecano (e accade spesso, o forse sempre, anche se in modo camuffato). Tutto qui è letterario, è alta e rara letteratura. Pertanto, tutto è finto. Tuttavia niente è falso (almeno secondo le valutazioni del sottoscritto). Tutto è paradosso, rovesciamento, provocazione, specchio nello specchio. Superlunaria è un gioco iperletterario, coltissimo, erudito, eremitico ed ermetico. Totalmente autoreferenziale: i redattori – ammesso che non siano essi stessi soltanto immaginari - hanno fatto tutto, anche le lettere alla redazione, le critiche, gli insulti, i rimandi da un pezzo a un altro. Ma - magia dello specchio nello specchio! - questa autoriale e divertita autoreferenzialità diventa lucida e chirurgica analisi del mondo esterno - quello reale, brutale, che neanche è degno di essere immaginato. Quello che ci schiaccia sempre sotto il tacco dello stivale - il Presente, la Storia. Superlunaria è dadaismo (perché se ciò che ha un senso produce ciò che produce, allora che nulla abbia un senso!), è situazionismo (perché dal non senso nasca un nuovo, instabile senso), è surrealismo (perché ciò che sgorga dalla fonte dell’irreale non smetterà mai di sopravanzare il reale), è tranello col cuore in mano, è inganno rivelatore, è disfatta edificante, è travestimento denudante, è una rosa è una rosa è una rosa è uno schiaffo, è un colpo di tosse è il seme che va di traverso è la luna.
Gli autori di Superlunaria sono in realtà persone in carne e ossa, e sono portatrici di acute, caustiche, metamorfiche e meravigliose intelligenze. Intelligenze che hanno attraversato la vasta terra della critica pandemica uscendone rinvigorite.
Fabrizio Masucci, in primis, lunatico direttore-demiurgo nonché editore, spettro che si aggira con partenopea e sbeffeggiante eleganza tra i caratteri mobili che hanno impresso le pagine. E caro amico. E poi, in ordine alfabetico, Gabriele Busti, Tommaso Moscardini, Francesco Scardone, Alex Tattoli, Vanni Trentalance. Questi nomi diranno qualcosa ad alcuni di voi. Non si possono non citare inoltre il sopraffino lavoro grafico di Giovanna Grausco e le preziose illustrazioni di Mariagrazia Catenacci.
Ogni pagina è una sorpresa e un bosco di riferimenti che ogni bibliofilo godrà a scovare, mentre il suo cervello macina a duecento all’ora le fulminanti provocazioni camuffate da oziose, talora barocche discettazioni. E io non posso chiudere questa recensione senza rivelare qual è la pagina che più mi ha divertito, e, per genialità, costretto a levarmi il cappello. La pagina con l’accidentale interpolazione (con tanto di adesivo con cui la redazione si scusa per l’increscioso inconveniente) di un foglio di un’altra rivista, il Licantropo. Il Licantropo è il rozzo, irresistibile e irrinunciabile alter ego della raffinatissima Lunaria, un vero Mister Hyde che rivela in forma schietta, brutale (con tanto di refusi in vista e grafica underground) pensieri che, nel resto della rivista, si librano tra le alte sfere travestiti da armoniosi corpi celesti. Ed è lì, dove si inciampa nel piede del Licantropo, che una risata da osteria compie la messa a terra liberatoria. E, girando pagina, torniamo a librarci nell’etere leggeri e sorridenti come un astronauta. Incazzato, per il tutto che ci hanno levato.
Superlunaria esce a cadenza bimestrale. Si può acquistare. Ci si può anche abbonare. Io non avrei esitazioni. Tutto sul sito https://superlunaria.it.
giovedì 11 luglio 2024
"Hotel Madridda" di Grazia Verasani
"Hotel Madridda" (Marsilio Editori) è un racconto lungo di Grazia Verasani, rarefatto nell’ambientazione e nella trama, quanto denso nelle emozioni che smuove e nelle riflessioni che suscita. Le coordinate sono vaghe: c’è stata una guerra, qualcuno ha preso il potere, gli avversari sono stati sbaragliati, il dissenso è stato cancellato e i suoi tentativi di rinascere vengono eliminati sul nascere. Il totalitarismo che impera naturalmente è per il bene dei cittadini, per la loro sicurezza: come sempre il totalitarismo è stato giustificato - e recepito dagli interessati - nel corso della Storia.A fare le spese di questo assetto politico e sociale evidentemente è la libertà di opinione e di parola - e la comunità che ruota intorno alla protagonista del libro riunisce proprio anziani intellettuali e artisti che hanno avuto qualche alzata di testa, anche modesta magari, e quindi sono stati segregati in un luogo dove non possono nuocere. Ma la vera vittima è la voglia di vivere. Se, in assenza di qualunque speranza, i vecchi stanno attaccati alla vita e ai propri ricordi a oltranza, induriti e incattiviti, rivivendo continuamente una versione egoista e inacidita delle ideologie e dei valori che hanno animato le loro battaglie, i giovani si gettano nel vuoto per schiantarsi al suolo. Ultima e unica forma di libertà? Puro nichilismo, e quindi vittoria del sistema? Libertà o annullamento che sia, si tratta di una conquistata clandestina, e difficile: anche uccidersi è vietato, e il luogo prescelto dagli aspiranti suicidi è presidiato militarmente. Tuttavia ogni tanto qualche ragazzo o ragazza riesce a salire in cima all’Hotel Madridda - il cui incombente profilo Selma vede dalla sua finestra - e a lanciarsi di sotto.
La trama è minima, ma non è esile; accadono poche cose, e tuttavia il libro chiede di essere letto tutto d’un fiato. Vogliamo sapere urgentemente come va a finire quel nocciolo narrativo che è stato messo in moto. O come non va a finire. Vogliamo sapere se e in che modo il cupo espressionismo apocalittico che si dipana paragrafo dopo paragrafo ha a che fare con la nostra vita, con il nostro tempo, con il nostro futuro. Vogliamo capire se si tratta di una visione esistenzialista, o metafisica (kafkiana o buzzatiana o beckettiana, con un po’ del Pasolini di Teorema…), o se quel pungolo che sentiamo accanto al cuore è incuneato anche nella Storia, nella nostra storia recente, perfino.
Probabilmente ogni lettore troverà le sue risposte, e alcune domande resteranno aperte, con il loro carico di inquietudini. Ma qualche indizio ce lo dà l’autrice, fuori dal romanzo, nelle interviste. Quando dice, per esempio che: “L’idea di raccontare le derive psicologiche dovute a una repressione e a un sistema manicheo dove non ci sono più sfumature, fa parte della mia visione del mondo. Ma questo libro è nato di getto, in pochi mesi, anche se l’avevo covato e immaginato soprattutto nell’ultimo periodo della pandemia, quando eravamo in clausura. Forse si sente questa asfissia, questa libertà che manca, il respiro corto. E poi mi aveva molto colpito leggere dell’aumento dei suicidi tra gli adolescenti.”
Qui si potrebbe aprire una discussione su come e su quanto i bambini e gli adolescenti siano stati abbandonati durante la pandemia (e anche biasimati, colpevolizzati e perseguitati, quando sospettati di non recepire con sufficienti sollecitudine ed entusiasmo le raccomandazioni, dall’isolamento, alla mascherina alla vaccinazione); discussione che potrebbe continuare con una valutazione di quanto sia stato tolto loro in quella circostanza prolungata, e di come successivamente sia stato omesso qualsiasi ragionamento su possibili compensazioni, risarcimenti, riparazioni.
Invece è meglio lasciare che questa storia così potente si agiti e colpisca e risuoni dove le pare, dove incontri il giusto rapporto tra il duro e il morbido nell’animo di ogni lettore e lettrice. Anche perché, appunto, molti di noi hanno avuto la sensazione di essere stati toccati e scottati da quel “sistema manicheo dove non ci sono più sfumature”, in cui non si può più parlare. E poi, indulgere su queste specifiche vicende significherebbe rimpicciolire la portata dell’opera, che è ampia e lambisce lati oscuri dell’essere umano che sono capaci di manifestarsi nell’interazione con le più diverse sollecitazioni storiche, con le più svariate giustificazioni razionali.
Penso che le storie come questa – i sogni, gli incubi, le visioni scatenate con onestà e con altrettanta onestà consegnate alla loro libertà nel mondo, senza costringerle verso una o un’altra direzione - abbiano oggi il potere di portarci oltre la detonazione che indubbiamente c’è stata, e dalla quale forse non ci siamo ancora ripresi.