Carlo Cuppini

martedì 20 ottobre 2020

Siamo in trappola (e come uscirne)

Avevamo detto che il lockdown era una trappola. Oggi ci dibattiamo in quelle sabbie mobili lottando per tenere il naso fuori dal fango, e più ci muoviamo più affondiamo. Se non ci muoviamo, affondiamo comunque.

È ora di mettere in discussione il paradigma per cui si vorrebbe/potrebbe dominare il virus, la retorica (che diventa politica) della guerra da vincere. Questa non è una guerra, non lo è mai stata) e non ci saranno vincitori. Dobbiamo però decidere se essere certamente sconfitti o se siamo disposti a cambiare radicalmente prospettiva: che significa cominciare, finalmente, anche se con terribile ritardo, a considerare covid una malattia endemica, dandole uno statuto puramente clinico e depurandola dall’aura metafisica che le è stata assegnata dalle comunicazioni mediatiche e istituzionali. Una malattia tra le altre, raffrontandone i numeri a quelli delle altre patologie, e quindi relativizzandola (perché, sì, ora covid è un assoluto morale, politico, “scientifico”, linguistico). Sapendo che, rispetto ad altre patologie ha una sola caratteristica che comporta un’attenzione speciale: la sua capacità di mettere rapidamente sotto stress il sistema sanitario. Che quindi va immediatamente ristrutturato includendo tra le sue funzioni standard la risposta al covid (e a possibili malattie simili che dovessero manifestarsi nel prossimo futuro).

Cosa dobbiamo fare in concreto:
  • Accettare culturalmente che la malattia è endemica: farsene una ragione;
  • Smetterla di cercare i positivi (al 95% asintomatici o con sintomi lievi), con l’illusione di mappare l’espansione del “contagio” (se non dove ci sia il rischio di grandi cluster);
  • Accettare che è inevitabile convivere con l'esistenza di questa malattia e concentrate tutte le energie, le risorse e le attenzioni alle modalità per una convivenza sostenibile;
  • Proteggere i soggetti a rischio, senza relegarli all’isolamento, offrendo servizi e non tramite coercizioni (taxi a prezzi calmierati per evitare il bus, orari protetti e corsie preferenziali per accedere a determinati servizi sociali e commerciali, comunicazioni e raccomanda adeguate, fornitura gratuita di dispositivi di protezione, assistenza domiciliare gratuita per tutte le necessità...);
  • Migliorare infrastrutture, trasporti, edilizia... per rallentare (senza illusione di poter fermare, ripeto) la circolazione del virus, in modo da non sovraccaricare la medicina territoriale e le strutture ospedaliere;
  • Ristrutturare e potenziare la medicina del territorio (alla tedesca?) perché individui, filtri e tratti i malati fuori dagli ospedali, a parte i casi che necessitano davvero delle strutture e delle cure ospedaliere;
  • Potenziare le strutture ospedaliere superando il principio del massimo risparmio e del massimo profitto (la cosiddetta "razionalizzazione", andata in scena fino a l'altro ieri, anche a opera di alcuni importantissimi protagonisti della gestione della pandemia in Italia);
  • Puntare e investire sulle cure e sui protocolli per i trattamenti domiciliari, anche in forma sperimentale (farmaci specifici, trattamenti dei sintomi gravi, monoclonali, plasma...) e senza fare tanto gli schizzinosi con farmaci che hanno assunto un valore politico (come l'idrossiclorochina);
  • Adozione diffusa del concetto di medicina ambientale, che considera insieme tutti i fattori di rischio di contrarre la malattia, e di svilupparla nelle forme più gravi (inquinamento, stili di vita, alimentazione ecc);
  • Prevenzione prevenzione e prevenzione: informazione e promozione, con incentivi concreti, delle buone pratiche individuali e sociali per il rafforzamento preventivo della salute delle persone: stili di vita, alimentazione, sport, apporti vitaminici...
  • (E il vaccino? Il vaccino faccia il suo corso regolare, senza accelerazioni indebite e pericolose; quando arriverà, si vedrà a cosa serve e come usarlo.)

Se questo governo non è in grado di portarci fuori dal guado e intende sprofondarci nel baratro, potrebbe farsi dignitosamente da parte. La sfida è grande: non è detta che tutti ne siano all’altezza. Non è una colpa. La colpa è continuare a sopravvalutarsi e a scaricare la colpa sugli altri (su 60 milioni di cittadini, in particolare). Oppure potrebbe intervenire Mattarella per metterci temporaneamente in più buone mani (mani che, tra le altre cose, non deroghino di un millimetro dal dettato costituzionale, dato che non è necessario, anzi è dannoso), fino a nuove elezioni.

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