Carlo Cuppini

venerdì 11 dicembre 2020

"Quando le volpi puniscono gli uomini", recensione su "L'Ortica del venerdì"

Il settimanale "L'Ortica del venerdì" dedica una pagina al mio libro Quando le volpi puniscono gli uomini, appena pubblicato da Ensemble Edizioni. Grazie a Miriam Alborghetti e alla redazione dell'Ortica. Se l'immagine non si vede bene, l'articolo si può leggere quiLa rivista propone sempre approfondimenti interessanti e vi consiglio di farci un giro. Oltre che nelle librerie, il libro è acquistabile sul sito dell'editore e su tutti gli store on-line (compreso il negozietto di Jeff Bezos, se siete suoi clienti).


venerdì 4 dicembre 2020

"Quando le volpi puniscono gli uomini" - Se questo libro vi incuriosisce...

ci procuriamo ferite in ogni dove 

mangiamo le croste delle parole 

de-esistiamo l’un l’altro con amore 

seppelliamo i bambini per precauzione 



Quando le volpi puniscono gli uomini è un libro sulla fine del mondo, quando le volpi puniscono gli uomini, appunto. È un libro con gli occhi sgranati su un mondo già finito, e che tuttavia continua a esplodere. È un libro come un corpo che si dimena perché ha le mani legate dietro la schiena, e tuttavia bisogna lottare. È un libro con gli occhi incollati a qualcosa che non può essere trascinato nel gorgo e deve essere salvato, fosse anche solo nello scrigno in fondo alla retina, o nello spazio segreto delle relazioni.


E adesso vi chiedo una cosa senza falso pudore. Se questo libro vi incuriosisce, vi suscita qualche interesse, compratelo. Per voi stessi, o per farne dono a qualcuno. Costa 12 € euro, e, se andate sul sito di Ensemble Edizioni, ve la cavate con due clic e un minuto del vostro tempo. (Oltre a quello necessario per leggere il libri, che comunque può essere anche diluito in dieci anni - il tempo che ci ho messo io a scrivere queste 60 stringate poesie.)


In alternativa, potete già ordinarlo in tutte le librerie, mentre sui principali store online, dove è già prenotabile, sarà effettivamente disponibile dal 15/20 dicembre.


Comprate questo libro se vi ispira, non per fare un favore a me (se volete credermi), ma perché un editore piccolo e coraggioso ha deciso di pubblicarlo ora, credendoci, nonostante questo sia il periodo forse in assoluto peggiore, con l’impossibilità di organizzare quelle presentazioni fisiche che costituiscono una imprescindibile opportunità di vendita per i libri che non sono di autori ben noti e non trattano di omicidi e commissari. E la determinazione di chi non ferma la cultura, in barba al buco nero in cui siamo piombati, anzi la promuove a suo rischio e a sue spese, va premiata e sostenuta. 


ps.

Sul sito di Ensemble potete anche approfittare della promozione 6 copie a 55 € (24% di sconto), valido sia per 6 copie dello stesso titolo sia per 6 libri diversi.


pps.

Jeff Bezos se la prenderà a male se darete questi 12€ direttamente all'editore, piuttosto che ad Amazon? Sicuramente. Ma poi se ne farà una ragione, dal momento che il suo patrimonio continuerà comunque a crescere smodatamente. In ogni caso, se preferite non farlo innervosire, il link per acquistare il libro su Amazon è qui.





domenica 29 novembre 2020

"Quando le volpi puniscono gli uomini" - qualche parola di presentazione (mia e di Riccardo Manzotti)

A fine dicembre uscirà il mio libro che raccoglie poesie scritte negli ultimi dieci anni (e ampiamente riviste in epoca covid). Il titolo è Quando le volpi puniscono gli uomini, l'editore è Ensemble Edizioni, la postfazione è firmata dal filosofo Riccardo Manzotti.

Prima di tutto voglio dire qualcosa sulla poesia, sulla mia idea e la mia pratica della poesia. Sul perché la poesia è attuale ed essenziale in questo mondo in bilico, oggi.
La poesia non è un discorso, ma è l’affermazione della libertà in quell’invisibile conflitto permanente con il potere che di fatto, e non solo teoricamente, qualunque discorso è.
Poesia è porsi nella mischia, armati solo di aperture e di fragilità, pronti a incassare e a registrare i colpi, essendo nient’altro che cosa tra le cose, discorso tra i discorsi (delle e sulle cose).
È un gesto (un atto corporeo e gestuale, come il dripping) di resistenza alla predittività della nostra tastiera (mentale): il linguaggio, così come lo abbiamo ricevuto e continuamente lo riceviamo dalle cose, dagli altri, dalla cultura, dalla tradizione; con le sue stratificazioni di senso, con le sue corsie preferenziali di significati e le sue esclusioni di possibilità (validate dal potere) che raccontano non la nostra ma la sua storia.
È un duro corpo a corpo con quella sostanza che costituisce i nostri pensieri che, mentre promette di lasciarsi docilmente parlare perché possiamo liberamente esprimerci, parla in realtà se stessa attraverso le nostre parole.
Ecco che dunque arrivano le volpi, e puniscono gli uomini... E noi siamo lì, nel mezzo.

Ora voglio dire qualcosa su
Riccardo Manzotti
, filosofo e docente di Filosofia Teoretica allo IULM, e sull'incontro suo con le mie poesie.
Ho una grande stima e gratitudine per Riccardo Manzotti, per almeno due motivi: il primo è che, in un panorama di decadente e docile iper-specializzazione generale, soprattutto in ambito accademico, ha la forza di elaborare e proporre una nuova filosofia delle mente, e quindi del tutto, come se si potesse pensare ancora qualcosa di nuovo, di radicalmente nuovo. E infatti è così. Con buona pace dei docili.
Il secondo motivo è che in tutti questi mesi ha difeso a oltranza la libertà, la dignità degli individui, a fronte di inaudite intrusioni e coercizioni del potere. Che queste intrusioni e coercizioni poi fossero e siano utili o meno utili a perseguire uno scopo (più o meno nobile), è del tutto secondario: il fatto principale è che esse, in quanto tali, non sono sono state oggetto di alcuna critica da parte degli intellettuali, come dei cittadini, a parte poche eccezioni. E questo è accaduto in virtù della soggezione che ha prodotto l’aura apocalittica della pandemia, che ha permesso di spazzare via ogni resistenza culturale. Che in nome dell’operatività, ha rovesciato il rapporto tra scienza e filosofia della scienza, dando il colpo di grazia ai resti della cultura umanistica.
Riccardo, sulla sua pagina fb che vi invito a seguire, con i suoi scritti e i suoi video, le sue lezioni, ha tenuto e tiene alta la bandiera del pensiero libero, dell’autonomia dei valori che costituiscono la persona.
Entrambi questi motivi spiegano l’incontro della mia poesia con Riccardo Manzotti.
Nel suo La mente allargata scrive:
“Prendiamo così, senza vergogna, in considerazione l’ipotesi secondo cui la materia di cui è fatta la nostra esperienza non è altro che il mondo fisico. La coscienza è tutt’uno con il mondo che si estende oltre i limiti del nostro corpo. Vediamo se è finalmente giunta l’ora di calare il sipario su questa rappresentazione filosofico-scientifica in atto dai tempi di Platone che, un po’ come il “Tristano e Isotta” ha avuto per secoli come tema il rapporto non consumato tra soggetto e oggetto, tra mente e mondo, tra filosofia e scienza.”
L’attitudine della mia poesia, forse di tutta la poesia, è proprio consumare questo rapporto, rinunciando a qualcosa (essere soggetto integro e inviolato), guadagnando qualcosa (il mondo non è più cosa separata e inaccessibile), quale che sia il costo: nella poesia segni, sintomi, oggetti, pensieri, sentimenti, volontà, cause, effetti, limitazioni, descrizioni, metafore… tutto è compresente, compenetrato, equivalente, in relazione su un unico piano, inesistente da solo. Tutto è a brandelli, con bordi sfrangiati pronti a stabilire nuove connessioni analogiche con elementi eterogenei, come nell’istante esatto di un’esplosione: quell’esplosione dilatata in ogni direzione che è il presente.
Del mio libro Riccardo Manzotti scrive:
“Cuppini ci picchia con le parole, combatte con le nostre certezze, ci porta dentro un mondo dove, come dice Al Paci- no, l’unica verità è la rappresentazione, e si torna così a Whitehead, ma una rappresentazione che vuol unire esistenza e racconto. La bocca diventa verbo, gli angeli hanno i cellulari, le madonne piangono ai telegiornali. Il medium diventa l’unica sostanza, ma con una consapevolezza che lo fa diventare dramma. Santi e morti si scambiano i ruoli privi di sostanza reale. Cuppini è impaziente e non ha tempo per le parole usate come scusa e paravento delle nostre ipocrisie. Non ci sono mezze misure. Nelle sue poesie, le parole devono strappare di dosso le tante bugie in cui ci adagiamo per difenderci dalle asprezze del vivere.
Leggendo le sue poesie io trovo la tensione tra libertà e società, tra essere uomini liberi e vivere la sicurezza della vita “lurida” di Einaudi, tra la multidimensionalità della nostra esistenza e la monodimensionalità imposta dallo scientismo e dall’inganno della sicurezza a tutti i costi.
Cuppini rompe con le convenzioni e ci fa entrare nella stanza dove conserviamo il nostro ritratto di Dorian Gray.”




domenica 22 novembre 2020

La casa brucia (favola della lunga notte)

 LA CASA BRUCIA

favola della lunga notte



In camera da letto c’è un incendio.

Per questo il Padre ci ha vietato di andare in bagno a fare cacca e pipì. Il bagno è dall’altra parte della casa, ma il fuoco potrebbe essere ovunque, il fuoco ha propaggini mute e invisibili, perfino immateriali. Così dice il Padre. In bagno potremmo prendere fuoco senza nemmeno avvedercene. E poi, uscendo, potremmo incendiare un fratello o una sorella inavvertitamente, e saremmo maledetti per sempre.

La camera brucia. Per questo il Padre ci chiede di gettare secchiate d’acqua sulla parete del salotto, e anche fuori dalla finestra, e sul vialetto davanti a casa.

Se uno di noi infrange il divieto e va comunque nel bagno – non potendo trattenere i bisogni, o provando vergogna a farli davanti a tutti – o se non getta acqua con sufficiente zelo, il Padre lo sgrida e lo punisce.

Ogni tanto qualche componente della nostra numerosa famiglia entra in camera da letto per cercare qualcosa, o soltanto per distrarsi un momento, e allora - per qualche ragione - non esce più dalla stanza.

Il risultato è che il Padre è sempre più nervoso. E ora ci proibisce anche di andare in cucina per mangiare un cracker se ci viene fame. E di uscire in giardino per annaffiare il ciliegio, o prendere una boccata d’aria.

Adesso ci chiede di moltiplicare gli sforzi per tirare secchiate d’acqua anche sul pavimento dello studio, e sul lampadario.

Nostro Padre è pazzo. Ci obbliga a fare cose insensate mentre la casa brucia. Così dice Simone. Dice che quando avremo quattordici anni capiremo che non era saggio, giusto e onnipotente come abbiamo creduto. E che non aveva sempre ragione. Dice che allora lo vedremo come un piccolo uomo frustrato, incapace e brutale, che ha fatto pagare la sua inettitudine ai figli. Dice che allora proveremo il desiderio di offenderlo, di riscattarci, di scappare di casa, sperando di diventare uomini e donne liberi e onesti altrove. O di vederla bruciare, insieme alla rabbia che proveremo.

Simone dice anche che c’è un signore molto ricco che vuole comprare la nostra casa. Che sta alla finestra a guardare. Che un giorno, quando in un modo o nell’altro l’incendio sarà terminato, comprerà la casa per due soldi, perché a quel punto non varrà più niente. E ci butterà per strada.

Nei sogni uccido Simone a sassate, liberandomi dall’angoscia e dall’umiliazione. Riscatto l’onore del Padre che lui infanga, mi sento più sollevato via via che vedo scorrere il suo sangue e la vita lo abbandona.

Ecco. Un’altra sorella è entrata in camera da letto, ormai da cinque minuti, e non ne è ancora uscita. Quando ha varcato la soglia mi è sembrato di sentire un flebile grido. Ma siamo troppo impegnati a obbedire agli ordini del Padre per darci pensiero, o andare a controllare.

Il Padre ha detto che le cose non vanno bene, che il fuoco divampa, che la situazione è molto grave. Dice che per forza qualcuno deve essere andato in bagno mentre lui non guardava. Se non facciamo il nome, la punizione toccherà a tutti noi. Ma nessuno di noi ha visto un fratello o una sorella disobbedire.

Noi obbediamo al Padre. Perché il Padre sa tutto. Perché il Padre è il più forte, e ci offre la sua protezione. Perché il Padre ha ragione.

giovedì 19 novembre 2020

The Big One (Uno splendido domani)

THE BIG ONE

(Uno splendido domani)


Mentre le agenzie mettono a punto i dettagli del Grande Reset, e governi, attori economici e media - nel loro piccolo – edificano in fretta (a volte con una tenera inconsapevolezza) le strutture, le infrastrutture e le sovrastrutture del mondo a venire… la natura, l’arte, il sacro, continuano a parlare una lingua selvaggia e autoctona, che non ha punti di contatti con quella del potere: perché in ogni sua sillaba rivela la discendenza dalla parola originariamente assente: il silenzio. Una lingua destinata a scomparire definitivamente dalla percezione di chi non avrà orecchie che per le parole validate per un utilizzo all’interno del condominio dell’omologazione.

Oggi nel mio intimo cresce una paura: che covid-19 non sia quel Big One, arrivato dopo tante pandemie mancate, che pensiamo. Oggi una serie di avvisaglie mi fa temere che questo possa essere un antefatto, un atto preliminare, e che The Big One debba ancora arrivare - e non tarderà a farlo. E che quando arriverà spazzerà via in un secondo tutti gli argini e i tabù culturali e morali che alcuni di noi hanno visto vacillare in questi mesi, e che hanno cercato di sostenere aggrappandovisi corpo mente e cuore, come scudi umani. Ho paura che The Big One spazzerà via gli argini, e con essi noi, molti di noi.
Se sarà così, non resterà altro che risalire la corrente in segreto, sulla scia di un airone, fino a quell’immenso silenzio che non possono cancellare dal luogo a cui la nostra integra persona - a fronte di un prezzo, certamente - potrà forse ancora avere accesso. Conosciamo le “porte regali”, le “siepi”: queste non potranno farle saltare come fecero i nazisti con il ponte rinascimentale da cui ho scattato questa fotografia.
Adesso ricaccio questo pensiero nel profondo. Faccio finta di non averlo mai pensato. E torno a lottare – insieme ai tanti compagni di viaggio – con fiducia, per i diritti naturali, civili, costituzionali di tutti, soprattutto dei più piccoli e dei più fragili. Come se per questi diritti, per questi piccoli, ci potesse essere uno splendido domani.

mercoledì 18 novembre 2020

CONTRO LE MASCHERINE AL BANCO (E NON SOLO): UN PASSO IMPORTANTE

Questa mattina ho ricevuto una email di risposta dal Garante per l’Infanzia di Trento, in merito all’appello contro la mascherina al banco che ho inviato a lui, come a tutti gli altri Garanti regionali, e alle massime istituzioni nazionali. Con le 700 firme di chi, da tutta Italia ha aderito all’appello. Nell’email si afferma che dopo molte sollecitazioni compresa la nostra, il Garante ha inviato una lettera aperta alle istituzioni nazionali e regionali, che mi viene inoltrata. Mentre la leggevo mi sono venute le lacrime agli occhi: è un documento di straordinario valore morale, una difesa a oltranza dei diritti dei bambini e dei ragazzi, un’affermazione dei nostri inderogabili doveri di adulti nei loro confronti, la rivendicazione per tutti, giovani e adulti, di un concetto di salute che va ben oltre gli aspetti strettamente medicali. Quel concetto ampio e profondo di salute, di bene e di vita, individuale e sociale, che è stato completamente spazzato via in nome della pandemia.


Riporto solo un passaggio (in fondo il testo integrale): “Continuare ad instillare nella persone, e ancora più nei bambini, il timore del ’nemico invisibile’ di cui il prossimo può essere portatore, porta ad impoverire e annichilire ogni possibilità di crescita, scambio, arricchimento; equivale in sostanza - come è stato ben sottolineato - a cancellare ogni possibilità di vita intensa e felice.”

Questo documento del Garante di Trento segue a stretto giro la lettera inviata al Governo dalla omologa della Toscana, e a quanto ho potuto capire da un’altra risposta ricevuta si tratta di una posizione ampiamente condivisa dalla rete dei Garanti regionali. Mi aspetto quindi ulteriori iniziative istituzionali.

(Purtroppo il Garante Nazionale non potrà esprimersi nel merito, perché l’incarico di Filomena Albano è terminato il 12 ottobre e il successore non è ancora stato nominato dal Parlamento, nonostante l’accorato appello lanciato già il 15 ottobre dai Garanti regionali e da Unicef Italia per una immediata nomina, data la situazione estremamente critica per i bambini e ragazzi. Dopo oltre un mese, nulla. Ennesima riprova del fatto che i diritti, la tutela e il bene dei bambini e degli adolescenti, in questo Paese, NON sono una priorità.)

Di seguito il testo della lettera aperta del Garante per l’Infanzia di Trento, dott. Biasi. Vi chiedo di darne massima diffusione sia qui su fb, sia inviandola a dirigenti scolastici, maestri e docenti, genitori, politici e amministratori, per portare avanti le nostre battaglie per una società e una scuola umane - anche durante la pandemia.

lunedì 16 novembre 2020

700 firme contro la mascherina al banco

In questi giorni ho ricevuto moltissime adesioni all’appello contro la mascherina al banco, oltre 700, e ho passato diverse ore del fine settimana a ricopiare le firme sotto la lettera. Avrei voluto scrivere una riga di conferma e di ringraziamento a tutti, soprattutto a chi ha lasciato nella email anche pensieri e testimonianze, a volte struggenti; ma dopo le prime 150 ho preso atto che l’impresa era superiore alle mie forze e al mio tempo. Vi ringrazio tutti qui. Questa sera stessa invierò la lettera ai destinatari e agli organi di stampa sperando che l’appello possa avere ascolto e visibilità. Mi impegno a scrivere una email collettiva, a tutti i 700 firmatari, prossimamente, per raccontare se ci saranno riscontri e sviluppi.

giovedì 12 novembre 2020

APPELLO CONTRO L'OBBLIGO DI MASCHERINA AL BANCO

Ill.mi

Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte

Ministro della Salute, Roberto Speranza

Ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina

Coordinatore del CTS, Agostino Miozzo

Presidente del Consiglio Superiore della Sanità, Franco Locatelli

Vicepresidente UNICEF Italia, Carmela Pace

Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza

Garanti regionali per l’Infanzia



13 novembre 2020



“In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.”

Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, Art. 3



Siamo profondamente turbati dalla decisione del Governo di imporre agli studenti a partire dai 6 anni la mascherina anche al banco, per tutta la durata della permanenza dentro la scuola, quindi per cinque, sei o otto ore consecutive, tolto il momento del pranzo.


Siamo perfettamente a conoscenza della situazione epidemiologica del Paese e come tutti siamo attenti, partecipi e preoccupati. Tuttavia, questo non ci impedisce di interrogarci su una misura che non appare basata su un’attenta valutazione del rapporto rischi/benefici; soprattutto se questa misura non è “neutrale”, ma investe pesantemente la vita dei nostri figli, di tutti i bambini e adolescenti che, come adulti, abbiamo il dovere di proteggere.


Riteniamo che l’obbligo della mascherina al banco sia una misura:

  1. di non evidente necessità rispetto alla specifica situazione epidemiologica dentro le scuole;
  2. che può penalizzare l’apprendimento e lo sviluppo relazionale;
  3. che espone bambini, adolescenti e giovani a rischi potenziali, descritti e documentati dall’OMS, alcuni dei quali sono legati alla stessa covid-19, con aumento del rischio di contagio anche per i compagni, il personale scolastico, le famiglie e la comunità tutta;
  4. espressa in modo non evidente e incontrovertibile nel DPCM 3 novembre.

martedì 20 ottobre 2020

Siamo in trappola (e come uscirne)

Avevamo detto che il lockdown era una trappola. Oggi ci dibattiamo in quelle sabbie mobili lottando per tenere il naso fuori dal fango, e più ci muoviamo più affondiamo. Se non ci muoviamo, affondiamo comunque.

È ora di mettere in discussione il paradigma per cui si vorrebbe/potrebbe dominare il virus, la retorica (che diventa politica) della guerra da vincere. Questa non è una guerra, non lo è mai stata) e non ci saranno vincitori. Dobbiamo però decidere se essere certamente sconfitti o se siamo disposti a cambiare radicalmente prospettiva: che significa cominciare, finalmente, anche se con terribile ritardo, a considerare covid una malattia endemica, dandole uno statuto puramente clinico e depurandola dall’aura metafisica che le è stata assegnata dalle comunicazioni mediatiche e istituzionali. Una malattia tra le altre, raffrontandone i numeri a quelli delle altre patologie, e quindi relativizzandola (perché, sì, ora covid è un assoluto morale, politico, “scientifico”, linguistico). Sapendo che, rispetto ad altre patologie ha una sola caratteristica che comporta un’attenzione speciale: la sua capacità di mettere rapidamente sotto stress il sistema sanitario. Che quindi va immediatamente ristrutturato includendo tra le sue funzioni standard la risposta al covid (e a possibili malattie simili che dovessero manifestarsi nel prossimo futuro).

Cosa dobbiamo fare in concreto:

sabato 17 ottobre 2020

COVID-19: RESPONSABILITÀ E TENSIONE

Parliamo del rapporto cittadini/governo rispetto al tema della responsabilità, nel contesto attuale della convivenza con il nuovo virus. Con queste riflessioni voglio rispondere alla seguente domanda: di chi sarà la responsabilità se la situazione epidemiologica – sotto controllo e non emergenziale per almeno tre mesi – volgerà di nuovo verso un’emergenza sanitaria, con esiti magari drammatici, come ci stanno dicendo che potrà accadere? 

Il governo – che da marzo afferma di avere fatto tutto bene, tutto al meglio, al punto che l’Italia è esempio e modello per tutto il mondo – nega preventivamente che potrebbe avere qualche responsabilità al riguardo. E per contro la scarica, sempre preventivamente, sui cittadini. Conte (14 ottobre): “Non potete pensare che ci sia il governo che risolva il problema”; “Lockdown? Molto dipenderà dai comportamenti dei cittadini”. È il messaggio che viene diffuso da marzo scorso, con martellamento mediatico costante, e anche attraverso la funzione “pedagogica” dell’inarrestabile “delirio normativistico” (cit. Cacciari): “Se tutto andrà male sarà colpa vostra, vorrà dire che non avete rispettato le regole." Oggi arricchito da un pregevole riferimento d'occasione (mi permetto di parafrasare): "Se non fate i bravi Babbo Natale vi porterà il lockdown al posto dei doni.”

mercoledì 7 ottobre 2020

PETIZIONE - PER UNA SCUOLA APERTA SICURA SERENA

Iniziativa promossa da Pillole di Ottimismo e da Carlo Cuppini (Operatore culturale ed editoriale). Per aderire, FIRMA QUI: http://chng.it/BtPFQCvggz

Lettera aperta

Ill.mo Presidente del Consiglio dei Ministri
Ill.ma Presidente del Senato della Repubblica
Ill.mo Presidente della Camera dei Deputati
Ill.mo Ministro della Salute
Ill.ma Ministro dell'Istruzione
Ill.mo Coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico

Ai tempi del virus SARS-CoV-2, le decisioni sulla scuola sono fra le più difficili da adottare. Si tratta di comparare rischi complessi, in un contesto non agevolato dalle politiche scolastiche dei decenni precedenti. Sono quindi comprensibili le cautele e anche le preoccupazioni dei decisori, persino quando appaiono eccessive. Oggi però esiste, a nostro avviso, evidenza scientifica (documentata in fondo a questo testo) sufficiente per riesaminare alcune delle decisioni sin qui adottate allo scopo di meglio conciliare l'esigenza di contenere il virus in ogni ambiente con le specificità del contesto scolastico e con le esigenze di socialità, cultura e apprendimento di ragazzi e bambini.
Le misure di prevenzione adottate in Italia sono infatti estremamente stringenti per la scuola, la cui ripresa è stata regolamentata come se essa fosse il contesto sociale con il più alto rischio di contagio del virus. In realtà, allo stato attuale gli studi epidemiologici nazionali e internazionali pubblicati sulle migliori riviste scientifiche (di cui riportiamo i riferimenti negli allegati) mostrano che
  • I giovani si ammalano meno della COVID-19;
  • Al contrario di quanto avviene per l'influenza, il ruolo dei più giovani nella trasmissione di SARS-CoV-2 è limitato;
  • La trasmissione bambino-adulto è meno frequente rispetto a quella tra adulti;
  • La riapertura delle scuole non è stata associata ad un significativo incremento della diffusione del virus.

sabato 19 settembre 2020

La regola dei 15 minuti e la Teoria della relatività a scuola

Come funziona Immuni? Se sei stato per almeno 15 minuti a distanza ravvicinata con un positivo ti avverte del rischio contagio. Come per almeno 15 minuti?! Sì, quello è il tempo minimo per rischiare di infettarsi stando a “contatto stretto” (sotto i due metri) con un malato. Non lo sapevate? Be', capisco: del resto, pur essendo terrorizzati, ligi fino alla morte agli ordini del governo e pronti a redarguire chiunque porti la mascherina sotto il naso, voi non avete scaricato Immuni.

martedì 1 settembre 2020

Dalla parte dei bambini e dei ragazzi (contro le mascherine nelle scuole)

Articolo pubblicato su L'Ortica del Venerdì

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"Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare." (Mt, 18,6)

 

Dopo estenuanti incertezze, il 31 agosto il Comitato Tecnico Scientifico ha dichiarato che nelle scuole di ogni grado bambini e studenti potranno togliersi le mascherine in condizioni di staticità e dove sia garantita la distanza di un metro. Viene specificato che, riguardo alla scuola primaria, questa concessione è fatta “per favorire l'apprendimento e lo sviluppo relazionale”, riconoscendo quindi che la mascherina è un potenziale ostacolo agli obiettivi principali che la scuola persegue. Quindi ha vinto la tutela dell'infanzia e va tutto bene? No.

 

Il modo in cui il dibattito pubblico sull’obbligo di mascherina nelle scuole si è svolto dà la misura dello scandalo: come se questa imposizione – a prescindere dalla sua eventuale utilità o necessità – non fosse certamente anche una conclamata violenza psicologica e un impedimento allo sviluppo; o una “tortura” come ha detto Elena Donazzan, Assessore all'Istruzione del Veneto.

Ma parliamo un momento della eventuale utilità/necessità della mascherina nelle scuole.

Esistono molti studi scientifici – rafforzati da altrettante evidenze epidemiologiche “sul campo” provenienti dagli altri Paesi che hanno aperto le scuole nei mesi scorsi – che affermano che le scuole non sono luogo di significativo contagio; che i bambini non si ammalano, non si contagiano tra loro e non contagiano gli adulti, se non in modo sporadico e generalmente poco significativo. 

 

mercoledì 26 agosto 2020

Chi siamo, chi eravamo

Ho evitato di disquisire sul numero dei morti mentre la gente moriva: era indelicato, e mi sembrava un terreno scivoloso finché la situazione non si fosse stabilizzata.

Ho raccolto però molte informazioni al riguardo, e adesso mi sembra il momento di entrare nel merito. Mi sento di doverlo fare anche se non ho gli strumenti per farlo con rigore; lo faccio quindi da cittadino chiamato a ragionare su temi che lo riguardano come cittadino, e non da esperto di alcunché. Perché questo è un tema eminentemente civile, etico e democratico; perché la risposta politica alla vicenda covid ha determinato un cambio irreversibile di paradigma antropologico, etico e politico, che solleva le domande “chi siamo ora? chi eravamo prima? dove stiamo andando? o dove ci stanno portando? va tutto bene?”.
Partiamo dal 2015.
Quell’anno si sono registrate tra le 55 e le 65 mila morti in più del previsto, causate da influenze e sindromi simil- o para-influenzali definite “particolarmente virulente”. Una strage paragonabile solo a quelle delle guerre mondiali, secondo l’affermazione fatta al tempo da Blangiardo.
Nel 2017, per le stesse cause, si è registrato un surplus di 20 mila persone anziane decedute. Un’altra strage di soggetti deboli e a rischio, di cui si è in qualche misura parlato anche sui media.
Nel 2019, nonostante sia stato un anno con "poche morti" (tanto all'inizio del 2020 si valutava che ci fosse un "bacino di soggetti a rischio" più ampio del solito - orrenda espressione, ma si dice così), il numero di morti per polmonite a marzo è stato maggiore dei morti ufficiali per covid nello stesso mese (il più tragico) del 2020. E' sempre Blangiardo ad avercelo detto (ora in qualità di presidente dell'Istat).
Nel 2020 di covid sono morte ufficialmente 35.000 persone (parlo sempre dell'Italia). Si è fermato il Paese, sono state fatte centinaia di migliaia di denunce penali e multe, si è fatto “di tutto”, insomma - ben oltre quello che pochi mesi prima sarebbe stato immaginabile - per limitare la strage.
Domanda: il covid avrebbe causato molti più morti, fino ai numeri sconvolgenti indicati dai modelli dell’Imperial College di Londra, senza le misure sociali (sottolineo sociali, non sanitarie) adottate? La cosa è dubbia.

martedì 4 agosto 2020

Il lockdown sino-italiano/1: costi umani e possibili risvolti geopolitici

Solo lo sciatto e livoroso dogmatismo che caratterizza il dibattito italiano ha potuto far credere a qualcuno che le critiche al lockdown cinese in salsa italiana (confinamento domiciliare indiscriminato e totale, trasformazione di raccomandazioni sanitarie in norme e leggi incostituzionali, repressione poliziesca e militare, propaganda psicotropa e manipolatoria), a favore di forme più misurate e circostanziate, compatibili con la democrazia europea e lo stato di diritto, volesse dire anteporre l’economia alla salute.

Pochi giorni dopo la chiusura, l'autocertificazione ecc, ho pensato che ci fossero seri motivi di preoccupazione per la salute psico-fisico-clinica di milioni di persone, soprattutto le categorie fragili e deboli, variamente a rischio (non covid), a fronte della campagna del terrore indetta da governo, protezione civile e consulenti vari, con il puntuale, monolitico supporto dei media.
Oggi, un po’ alla volta, e senza che le notizie “buchino lo schermo”, vengono fuori dati sconvolgenti, che vanno al di là delle peggiori preoccupazioni di un profano (come il sottoscritto), ma che non potevano non essere previste dagli addetti ai lavori, esperti del Governo in primis, seguiti da tutti i consulenti e pure dai virologi televisivi.

domenica 2 agosto 2020

CHIEDO VERITÀ

Oggi, 2 agosto, ricorrono i 40 anni della Strage di Bologna. Credo che ci sia un solo modo per onorare davvero le tragedie del passato: essere coerenti nel presente con i valori e gli impegni espressi sempre in occasione di queste ricorrenze. Valori e impegni che in genere riguardano la verità e la giustizia.
Da gennaio a oggi molti, a vario titolo, hanno sollevato la questione della verità su quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo - una delle pagine più drammatiche e per certi versi controverse della storia repubblicana. Verità che significa discussione sulla verità e ricerca della verità: mai può significare racconto calato dall'alto e indiscutibile in virtù del principio di autorità.
Queste persone - nella quasi totalità dei casi - sono state variamente diffidate, denunciate, delegittimate, demonizzate, ostracizzate, bollate con etichette infami e imbecilli, calunniate, richiamate dai rispettivi ordini professionali o dalle autorità, penalizzate professionalmente, ricattate, sottoposte dai media a "indagini" tendenziose, passate per la macchina del fango, sbeffeggiate da autorità governative e da commentatori televisivi, ritratte in modo grottesco dai media e additate perché fossero esposte a linciaggio e stigma sociale, minacciate, intimidite, sottoposte a Tso.
Si noti: questa non è una lunga variazione di termini sinonimici per dare enfasi barocca a un paragrafo retorico: per ognuna di queste espressioni ci sono esempi concreti, che danno un’idea della dimensione vasta e sfaccettata della persecuzione del pensiero critico che è stata attuata a partire dalle massime autorità, e, a cascata, replicata nei vari snodi dalla relazione tra autorità e società.
Intanto l’avvocato del popolo ha convinto il popolo a fargli da avvocato, nella sua battaglia contro il primo interesse del popolo: la verità.

Glasnost/2: il piano pandemico

GLASNOST/2: il piano pandemico
Esaminiamo l'interessante vicenda di Riccardo Luna alla ricerca della verità sul “piano pandemico segreto", raccontata da lui stesso su Repubblica:
- antefatto: i piani pandemici, voluti dall’OMS dopo la Sars del 2003, sono in continua evoluzione e aggiornamento, come dice il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie dell’Unione europea. E sono ovviamente di pubblico dominio, se no come si farebbe ad attuarli tempestivamente, allo scoppio dell'emergenza?. L’ultimo aggiornamento del piano italiano risale al 2010, alla faccia della “continua evoluzione”… ma questo è un altro discorso.
- In aprile viene fuori, da dichiarazioni del direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della Salute Andrea Urbani, che esiste un nuovo “piano pandemico” datato 20 gennaio 2020, di cui nessuno sa niente.
- Luna chiede al Ministero l’accesso al documento utilizzando il FOIA (Freedom of Information Act), che obbliga a rendere accessibili i documenti della pubblica amministrazione entro 30 giorni dalla richiesta.
- (Ricordo en passant che il FOIA era stato sospeso per decreto, a marzo, con il decreto "Cura Italia". Forse non molti lo sanno, perché la notizia era uscita solo sul sito del Sole24Ore, con un articolo della responsabile del FOIA per Transparency Italia Laura Carrer.)
- Il Ministero risponde a Luna (dopo la scadenza dei termini) che la pratica è di competenza della Protezione Civile.
- La Protezione Civile, nella persona di Angelo Borrelli, risponde che loro non hanno alcuna competenza e che quel detengono non lo detengono neanche.
- Luna inoltra una domanda di riesame al Ministero, rivolgendosi al “responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza” (sic!) Alberto Zamparese.
- Risposta del 30 luglio: l’istruttoria non è stata avviata a causa di “un disguido interno”.
- A questo punto Luna ragiona: “Quel piano, come stabilito dall’Oms, non serve solo a capire il grado di preparazione di ciascun Paese in caso di pandemia evidenziando le eventuali lacune da correggere; quel piano serve anche a capire se nei 55 giorni che passano dalla sua approvazione alla decisione del lockdown, sono state messe in campo tutte le azioni necessarie a mitigare i danni.” E conclude: “Abbiamo o no il diritto di conoscere tutta la verità sulla pandemia?”

sabato 1 agosto 2020

GLASNOST/1: i verbali del Cts

Perché il Governo fa di tutto per negare la pubblicazione dei verbali del Cts? Leggiamo nell’appello presentato all’Avvocatura dello Stato per annullare la sentenza del TAR che impone di rendere accessibili tali documenti:
“L’art. 5-bis (…), secondo cui l'accesso civico è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi pubblici inerenti, tra gli altri, ‘LA SICUREZZA PUBBLICA E L’ORDINE PUBBLICO’ (lettera a) è anch’esso idoneo a dare copertura al diniego impugnato.”
(Questo periodo, come l’intero passaggio che lo comprende, è messo in grassetto nel documento originale: deve essere considerato dagli estensori particolarmente significativo).
Mi chiedo: quali terribili informazioni possono essere contenute nei verbali del Cts, di un rilievo tale da poter indurre la popolazione, non a formulare eventuali critiche all’operato del governo, ma a mettere a repentaglio “la sicurezza pubblica” e creare disordini sociali? Se non fosse chiaro: parliamo della popolazione italiana (non per esempio di quella serba), quella popolazione che ha accettato tutto, perfino la reiterata, troppo lunga, indiscriminata e parzialmente ingiustificata violazione dei diritti dell’infanzia (“Chi scandalizza anche uno solo di questi bambini, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina e che fosse gettato negli abissi del mare” - ricordate? Qualcuno nei mesi scorsi pare essersene dimenticato…). Dunque, cosa mai potrebbe indignare il popolo italiano fino a farlo sollevare contro questo governo?
Intanto è vero che il presidente del Consiglio di Stato, Franco Frattini, ha preso tempo, rimandando la decisione alla riunione del consiglio. Ma è anche vero che scrive nel decreto:
"non si comprende (...) perché si debba includere tali atti atipici [i verbali del Cts] nel novero di quelli sottratti alla generale regola di trasparenza e conoscibilità da parte dei cittadini, giacché la recente normativa – ribattezzata “freedom of information act” sul modello americano – prevede come regola l’accesso civico e come eccezione (...) la non accessibilità di quelle sole categorie di atti che, trattandosi di eccezione alla regola, devono essere interpretate restrittivamente; è stato peraltro chiarito che le norme sull’accesso civico generalizzato e quelle sull’accesso documentale vanno congiuntamente considerate come complesso regolatore che non restringe ma globalmente amplia la trasparenza e quindi il diritto di partecipazione del cittadino."

venerdì 31 luglio 2020

Lettera al Presidente della Repubblica sulla gestione dell'emergenza covid

Alla cortese attenzione del Presidente della Repubblica
Sergio Mattarella
30 luglio 2020

Egregio Presidente,
oggi è un giorno che alcuni non dimenticheranno.
Questa mattina lei ha celebrato a Bologna la memoria delle due terribili stragi del 1980 - Ustica e Stazione di Bologna - elogiando tra l’altro la ricerca della verità, e affermando la necessità che si “faccia di tutto, con un impegno completo e senza alcuna riserva, perché la verità venga raggiunta in pieno”.
Dichiarazione nobilissima, che credo si debba estendere, in una democrazia che voglia considerarsi matura, a ogni aspetto della gestione della cosa pubblica, soprattutto quando le scelte politiche sono legate a circostanze tra le più tragiche nella storia del Paese.
Ebbene, nelle stesse ore in cui Lei pronunciava queste parole - ironia della sorte - abbiamo appreso dai media che il Governo ha fatto ricorso al Consiglio di Stato contro la recente sentenza del Tar del Lazio che lo obbliga a desecretare i verbali del Comitato Tecnico Scientifico, in quanto documenti fondamentali perché i cittadini possano valutare la bontà, la proporzionalità, l’adeguatezza dell’operato del Governo in relazione alla grave crisi sanitaria che abbiamo attraversato.
Così Covid si candida ufficialmente a diventare, oltreché una malattia, una “nuova Ustica”: un nuovo mistero italiano.
Ma allora, per le istituzioni, la ricerca delle verità relative alle vicende controverse che segnano la storia del Paese, è un valore e un obiettivo da perseguire “facendo di tutto”, oppure è un rischio da scongiurare a ogni costo?
Stimato Presidente, credo che il nostro Paese non meriti questo ennesimo strappo, che si configura come un oltraggio alla democrazia, ai morti di covid, i cui familiari reclamano verità, ai morti non di covid deceduti in questi mesi a causa della gestione dell’emergenza, ai cittadini tutti.
Nella gestione dell'emergenza sono state adottate misure drammatiche e inaudite, che oltre, a fronteggiare la crisi sanitaria, hanno prodotto enormi danni sanitari, economici e sociali. Credo sia lecito domandarsi: queste misure sono state efficaci rispetto agli obiettivi, proporzionate rispetto ai rischi, inevitabili nei loro “effetti collaterali”?
Secondo le intenzioni del Governo, i cittadini non hanno il diritto di valutarlo, anzi sono tenuti a non farlo: devono fidarsi e basta. È una pretesa legittima questa? È un atteggiamento conciliabile con la democrazia?
Ancora, Presidente: sempre oggi Lei ha promulgato il Decreto Legge che proroga di altri due mesi e mezzo lo stato di emergenza dichiarato il 31 gennaio, prendendo atto della volontà espressa dal Governo e dal Parlamento; ma in contrasto con il parere allarmato di eminenti costituzionalisti e giuristi, e senza che la misura sia ritenuta utile da autorevoli scienziati e medici che hanno studiato e conosciuto la malattia e il virus molto da vicino. Proroga attuata, sembrerebbe - ed è la cosa più importante -, in contraddizione con la stessa legge che istituisce lo stato di emergenza e ne regolamenta l’utilizzo, dal momento che, come è stato ricordato da costituzionalisti illustri e al "di sopra di ogni sospetto", non è legittimo dichiarare lo stato di emergenza in assenza di una emergenza conclamata e presente. Mentre nella situazione attuale e nel prossimo futuro, ogni urgenza e ogni criticità che dovessero verificarsi dovrebbero essere affrontate nel regime ordinario, o comunque nell’alveo di quanto previsto dalla Costituzione, che offre gli strumenti adeguati e sufficienti a gestire ordinatamente situazioni del genere.
Sono profondamente preoccupato, Presidente, al pari di moltissimi altri cittadini, per lo stato della nostra democrazia - che è il valore e il bene più alto, irrinunciabile, da difendere a qualsiasi costo, come ci hanno insegnato i nostri antenati. Io sono certo che Lei, con il suo stile sobrio e discreto, non abbia smesso per un solo istante, in tutti questi mesi, di vigilare e di indirizzare saggiamente il procedere politico. Ma una parte della cittadinanza è esterrefatta, e io mi riconosco in questa parte, e ha bisogno di messaggi chiari e di garanzie sigillate con impegni solenni e gravi, come solenne e grave è la lunga vicenda che attraversiamo.
Non posso dimenticare che questo Governo è guidato maggioritariamente da una forza politica che in molte occasioni in passato ha espresso la sua avversione per la democrazia parlamentare, esprimendo la volontà di "superarla" per una ambigua, indefinita e certamente incostituzionale “democrazia diretta”; e ha mostrato analogamente, in diverse circostanze, ben poca adesione ideale al dettato costituzionale e all’architettura delle istituzioni democratiche. Non è la prima volta del resto che al governo e al Parlamento si insediano forze di questo genere.
Ma oggi il Governo dell'autoproclamatosi "avvocato del popolo" pretende che il popolo sia tenuto all’oscuro dei motivi, delle informazioni, dei dati e dei ragionamenti che hanno portato a prendere le decisioni più drammatiche e più incidenti sulla vita dei cittadini da quando è stata fondata la Repubblica. In nome di quale ragione di Stato, mi chiedo? Di quali "security reasons"?
Noi non siamo bambini che si devono fidare ciecamente dei genitori, ed essere grati che i genitori si prendono cura di noi, alternando carezze, rimproveri e “no”. Caso mai i genitori siamo noi - e questo lo dico quasi gridando, signor Presidente: noi siamo i genitori di milioni di bambini e ragazzi, e mi permetto di parlare anche a nome di chi genitore non è, perché la difesa dell’infanzia, in senso ideale, dovrebbe concernere tutti i cittadini - come quella della democrazia. Questo ruolo di "genitori e tutori" risponde a precisi obblighi, ai quali non può sfuggire neanche di fronte a una legge che lo imponesse; questo ruolo ci rende ancora più preoccupati, pronti alla mobilitazione, a scelte drammatiche. Perché abbiamo potuto vedere nei mesi scorsi - come vediamo tutt’ora, con l’approccio alla questione davvero emergenziale della scuola - quale e quanta considerazione il Governo e le istituzioni italiane abbiano riservato a queste categorie fragili. Le quali una volta, nel codice etico dell’emergenza e del salvataggio, insieme alle donne, venivano “prima”. Questa volta sono venuti dopo: sono venuti ultimi. La questione delle loro sofferenze, dai traumi da loro vissuti durante questa crisi, dei danni causati dalle misure scelte per il contenimento del contagio, non è neanche stata sfiorata. Né si assiste oggi a un adeguato dibattito su questo tema, per tentare almeno di porre un rimedio a posteriori.
Una pagina terribile della storia italiana, quella che “dimentica per strada” i bambini per salvare i loro nonni, dal momento che si sarebbe potuto e dovuto proteggere i secondi senza essere indifferenti ai primi. Una pagina imperdonabile quella in cui, a cuor leggero, il governo e lo Stato sottopongono bambini e giovani a privazioni durissime, indiscriminate, senza eccezioni e senza margini di flessibilità che considerassero le diverse necessità. E non sappiamo - e forse non potremo mai sapere - se queste imposizioni inaudite siano state utili, proporzionate, inevitabili.
A proposito di bambini, giovani e scuola: oggi è anche il giorno in cui una dirigente scolastica di Amalfi inizia lo sciopero della fame “contro le assurde misure prese contro la scuola e soprattutto contro una nuova bozza che circola che prevederebbe che il voto di condotta per gli alunni si basi sul rispetto delle misure anticovid, cioè sul distanziamento sociale tra i nostri giovani. Sono atterrita”.
Anche io sono atterrito. Questo gesto drammatico si compie perché il dibattito nazionale istituzionale sulla scuola ci ha collocati radicalmente fuori dall’alveo della civiltà europea, dove tutte le altre nazioni hanno dimostrato molto più coraggio della nostra e hanno anteposto all’ideale dispotico e distopico del “rischio zero” i diritti e il benessere dei bambini e dei giovani, assumendosi un ragionevole rischio, con il conforto dalle ricerche e dalle evidenze scientifiche che in Italia sembrano venire sistematicamente ignorate, quando non contraddette, anche da importanti membri del Cts.
In quali mani siamo, Presidente? Chi ha scelto queste mani? Con quale diritto vengono tradotte in drammatiche e discriminanti scelte politiche dei pareri di scienziati che contrastano platealmente con i pareri di altri scienziati?
Per quello che vale il mio parere personale, non credo che questa compagine di governo abbia l’aspirazione, o almeno la possibilità concreta, di compiere un colpo di mano per instaurare un regime permanentemente dispotico. Ma temo, con profondissima angoscia, che l’esecutivo abbia già creato, e continui a creare - con il benestare esplicito o implicito del Parlamento e delle istituzioni di garanzia - una serie di gravissimi precedenti: quelli necessari e sufficienti a instaurare eventualmente in futuro una vera e propria dittatura.
Perché si dovrebbe negare a un futuro governo di dichiarare lo stato di emergenza sulla base di una emergenza solo paventata, o temuta, visto che questo è è stato avallato e decretato oggi? Glielo si negherà perché magari sarà un governo di destra, e quindi, nell’immaginario di alcuni, più incline di altri a derive autoritarie? E’ ovvio che questa logica è insensata e impraticabile. Io credo che chiunque domani e dopodomani potrà riferirsi a quanto accaduto oggi, per impostare politiche di dominio e di arbitrio. E non si può mancare di notare che in tutti gli altri Stati europei - in cui lo stato di emergenza è terminato da settimane o mesi - i riguardi per le Costituzioni e per lo stato di diritto sono stati di gran lunga più continui e solidi che in Italia.
Egregio Presidente: noi cittadini italiani abbiamo bisogno di essere tutelati, garantiti, rassicurati, con parole chiare che però non siano solo parole rassicuranti, ma che incarnino precisi e solenni impegni a difesa della democrazia. Ne avremmo avuto bisogno il 10 marzo scorso. Ne abbiamo bisogno oggi. Abbiamo bisogno di sentire la voce forte delle istituzioni - e non quella di un Capo - che, come scriveva Pasolini, “commuovono: e gli uomini in altro che in esse non sanno riconoscersi. Sono esse che li rendono umilmente fratelli.”
Ringraziandola per l'attenzione, le rivolgo i più distinti saluti,
Carlo Cuppini, un cittadino