Sì, sono la febbre alta e la connessa emicrania che mi invitano a cogliere l'occasione per lasciare finalmente un vuoto in questo fiume di parole. Invaso di visioni e riflessioni, sospinte queste da illuminanti letture, malesseri fisici, slanci mentali e febbrile desiderio di chiaroveggenza, lascio invece perdere tutto, rimandando le parole a domani. Metto a tecere i tarli e i barbagli. Chiudo gli occhi.
Questo quaderno non ha lo scopo dello sfogo personale; anche se mi aiuta a mettere a punto una sperimentazione su forme di espressione istantanea, di contenuti a volte improvvisi e a volte meditati. Anche per questo il progetto è destinato ad avere un preciso termine. La mappatura di possibili vie per svicolare dal diktat del pensiero unico presente, per avere scorci anche fugaci di paesaggi diversi, non può andare avanti all'infinito, pena la sua invalidazione. Troverà invece l'opportunità di un travaso energetico e di una trasformazione sostanziale.
Allora mi chiedo: in che senso, questa notte, voglio fare della mia personale necessità di quiete e silenzio la quaranteseiesima proposta della militanza del fiore?
Affido al sonno la risposta, che non verrà, se non in forma di carezza sugli occhi.
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