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Appello ai giornalisti e ai poeti: mettiamo i versi sui giornali
La poesia dovrebbe trovare naturale accoglienza sulle pagine dei giornali, nelle riviste, nei siti web: non negli spazi culturali, ma in apertura, nelle pagine di politica e di cronaca. In appositi box, come le vignette, gli aforismi, i commenti. Parlo di una poesia militante; di una militanza che non significa “presa di posizione verso la realtà”, ma “corpo a corpo con il linguaggio”. Militanza verso il linguaggio, quindi verso la realtà.
La realtà – nostra casa comune, nostra prima patria – appare oggi irriconoscibile, indescrivibile; eppure è incessantemente descritta dalla pervasività dei media che costituiscono un continuum spazio-temporale perfetto nelle nostre vite: nuovo velo di Maya, saturazione che priva del beneficio della discontinuità, dello scarto, di quelle cesure dove il pensiero potrebbe palesarsi a se stesso.
Non c’è bisogno di scomodare Guy Debord o di appellarsi ai suoi discendenti più recenti – entità artistiche multiple come Luther Blisset o Wikileaks – per convincersi che il reale oggi è intensamente esorcizzato – a beneficio di qualcuno, certamente, anche se non è immediatamente chiaro a chi. Noi tutti abbiamo comunque la certezza di essere profughi del reale: deportati a forza nel regno dell’insensato. Ciò che è uguale è rappresentato come diverso, ciò che è diverso come uguale: "Il tempo è fuori dai cardini". E il peso specifico dei morti – sulla stampa, in televisione, nel senso comune – sempre soggetto a insopportabili variazioni funzionali (a chi a cosa?).
Esiste una poesia che – senza essere realistica in senso tradizionale (ma cos’è, poi, il “realismo”?) – cerca la collisione con la realtà: per raggiungere un amorevole amplesso nel momento dell’impatto – scardinando i limiti della mediazione. Una poesia che lotta per abilitare un possibile ancoraggio, in forme mai viste prima, alla realtà. Che non comunica i presunti fatti, ma raccoglie la sfida del linguaggio: che sa come manomettere i meccanismi di quel linguaggio che è corpo e struttura della realtà. I Futuristi – quelli storici – hanno avuto un ruolo iniziatico e cruciale in questo. Poi sono venute le altre avanguardie. Poi siamo all’oggi.
Manomissione e amplesso della poesia contro mistificazione e mediazione della comunicazione. Perché la realtà è appagante e la finzione è insoddisfacente. Ed è proprio a questo che punta la poesia: al mantenimento della gioia: a preservare la gioia dell’aurora in ogni risveglio al giorno, al reale. Contro l'indefinito scivolamento nella finzione in cui ci troviamo incanalati.
Esiste un tipo di informazione, di comunicazione, di giornalismo che – pur sapendo che il reale è sfuggito alla possibilità di un discorso piano e pacificamente descrittivo – continua a credere nella propria missione. Riflettendo sulla mistica delle parole. Tentando di preservare il racconto dei fatti dal potenziale immaginativo insito nel linguaggio. Un'informazione che opera cesure e squarci nello spaesante continuum audio/verbo/visivo che ci irragna.
Buona poesia e buona informazione sono analoghi atti di resistenza contro l'occupazione psichica della nostra polis – la realtà. Buona poesia e buona informazione fioriscono sotto lo stesso cielo, che è un cielo diverso da quello del Truman Show che ci è toccato in sorte come habitat in-naturale. Poesia e informazione fanno una il gioco dell’altra, rafforzandosi a vicenda.
Viviamo tra le cose. E tutto vogliamo comprendere. Non c’è comprensione senza empatia. Non c’è empatia senza disarmo. Poesia è il reportage da quel disarmo che si compie ai confini del linguaggio (ai confini della realtà) per amore della realtà. Così irriconoscibile e così familiare.
Non c’è bisogno di scomodare Guy Debord o di appellarsi ai suoi discendenti più recenti – entità artistiche multiple come Luther Blisset o Wikileaks – per convincersi che il reale oggi è intensamente esorcizzato – a beneficio di qualcuno, certamente, anche se non è immediatamente chiaro a chi. Noi tutti abbiamo comunque la certezza di essere profughi del reale: deportati a forza nel regno dell’insensato. Ciò che è uguale è rappresentato come diverso, ciò che è diverso come uguale: "Il tempo è fuori dai cardini". E il peso specifico dei morti – sulla stampa, in televisione, nel senso comune – sempre soggetto a insopportabili variazioni funzionali (a chi a cosa?).
Esiste una poesia che – senza essere realistica in senso tradizionale (ma cos’è, poi, il “realismo”?) – cerca la collisione con la realtà: per raggiungere un amorevole amplesso nel momento dell’impatto – scardinando i limiti della mediazione. Una poesia che lotta per abilitare un possibile ancoraggio, in forme mai viste prima, alla realtà. Che non comunica i presunti fatti, ma raccoglie la sfida del linguaggio: che sa come manomettere i meccanismi di quel linguaggio che è corpo e struttura della realtà. I Futuristi – quelli storici – hanno avuto un ruolo iniziatico e cruciale in questo. Poi sono venute le altre avanguardie. Poi siamo all’oggi.
Manomissione e amplesso della poesia contro mistificazione e mediazione della comunicazione. Perché la realtà è appagante e la finzione è insoddisfacente. Ed è proprio a questo che punta la poesia: al mantenimento della gioia: a preservare la gioia dell’aurora in ogni risveglio al giorno, al reale. Contro l'indefinito scivolamento nella finzione in cui ci troviamo incanalati.
Esiste un tipo di informazione, di comunicazione, di giornalismo che – pur sapendo che il reale è sfuggito alla possibilità di un discorso piano e pacificamente descrittivo – continua a credere nella propria missione. Riflettendo sulla mistica delle parole. Tentando di preservare il racconto dei fatti dal potenziale immaginativo insito nel linguaggio. Un'informazione che opera cesure e squarci nello spaesante continuum audio/verbo/visivo che ci irragna.
Buona poesia e buona informazione sono analoghi atti di resistenza contro l'occupazione psichica della nostra polis – la realtà. Buona poesia e buona informazione fioriscono sotto lo stesso cielo, che è un cielo diverso da quello del Truman Show che ci è toccato in sorte come habitat in-naturale. Poesia e informazione fanno una il gioco dell’altra, rafforzandosi a vicenda.
Viviamo tra le cose. E tutto vogliamo comprendere. Non c’è comprensione senza empatia. Non c’è empatia senza disarmo. Poesia è il reportage da quel disarmo che si compie ai confini del linguaggio (ai confini della realtà) per amore della realtà. Così irriconoscibile e così familiare.
Note sparse
RispondiEliminaCi sono note a piè pagina
Che confondono più di quanto indicano
Un fondamentale da tenere in testa:
è necessario essere noti altrimenti non si viene conosciuti!
Le note dolenti
Arrivano nel bel mezzo dell’intimità
Come a dire “è tutto qui?”
Note è a dire di cose mai viste
In una prospettiva diversamente abile
Note sono le cause del mondo che implode
Controbilanciato dal novantanove per cento
Di carica esplosiva
Note al massimo storico le sinapsi
Di consumo compulsivo
Note di condotta suicidaria:
quel che c’è nella mia testa
non è nella tua testa
meno in quel che è fuori dalla testa
men che meno in chi è fuori di testa
un risultato è noto:
siamo maledettamente soli
spenti in questo dannato universo