Vanno su due ruote, ma non sono ciclisti. Una pedanina su
cui star ritti in piedi, due ruotoni da camion, al centro un gambo manovratore.
Li incontri nel centro di Firenze, dove pure non è brutto passeggiare. Sono per
lo più turisti, ti guardano dall’alto in basso con aria soddisfatta, a volte
guidando emettono schiamazzi. Si sentono originaloni, se è lecito interpretare
le loro espressioni. L’oggetto, di origine straniera, si chiama “segway”. In
italiano è tradotto “segovìa”, o, più semplicemente, “sega”. Gli utenti si
chiamano “segwayer”, che in italiano diventa “segoni” o “segaioli”. Nelle
istruzioni pare non sia scritto, ma questo mezzo porta sfiga: il proprietario
dell’azienda produttrice è morto investito da un aereo, in fase di atterraggio
d’emergenza, proprio mentre guidava la segovìa dietro casa. L’altro ieri ne ho
visto uno davanti al Duomo: il tizio gridava in un mezzo giappo-inglese: “Non
frena!”. Sgommava sempre più veloce tra i turisti, finché non si è schiantato
sulla Porta del Paradiso, opera mirabile del Ghiberti, al Battistero.
Pubblicato su "Cultura Commestibile" n.40, con "Il Nuovo Corriere", edizioni toscane, 5-11-11
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