blog di Carlo Cuppini

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martedì 3 aprile 2012

Poesia lirica o sperimentale? Una polemica pretestuosa

La poesia, i discorsi da bar, i manuali di statistica, la narrativa e le risoluzioni dell’ONU si fanno principalmente utilizzando il linguaggio verbale. Come innumerevoli altre tipologie di produzioni umane. Ma non per questo tutte queste cose hanno le stesse caratteristiche. 


Nel dibattito in corso su una presunta opposizione tra poesia "lirica" e "sperimentale" (e su un'altrettanto presunta preminenza dell'una o dell'altra) non è chiaro quali siano i criteri di base sui quali viene impostata una critica della poesia. 
Sarebbe già un bel passo avanti riconoscere che la poesia non è un certo modo di fare discorsi ma che al contrario è una disciplina artistica; e che la poesia fatta nel tempo presente è una forma di arte contemporanea. 
Sarebbe anche necessario chiarire che le questioni inerenti la poesia sono questioni relative al linguaggio (non solo verbale) e al rapporto dell’uomo – della sua vita, della sua intelligenza e del suo destino – con esso. 


La separazione tra poesia "lirica" e "sperimentale" è del tutto strumentale e pretestuosa: Antonio Porta era lirico o sperimentale? E Brecht? E Kounellis? E Mimmo Paladino? E Mozart? E Bach? E Picasso? E Giordano Bruno? E Piero della Francesca? 

L’intento del poeta – dell’artista – è sempre ’anche’ lirico’; ma non sempre l’esito del suo lavoro risulta lirico, cioè incentrato sulle forme note di un io discorsivo. 
Il poeta – l’artista – fa soltanto ciò che deve fare ogni volta – lui lo sa – con il coinvolgimento integrale di tutto se stesso. E proprio in questo coinvolgimento sta il "lirismo" ed è esso che garantisce la "trasmissione dell’emozione" e il far "vibrare le corde dell’anima" del lettore. E’ bene che intellettuali e contesti culturali difendano questa istanza, che non coincide evidentemente con il populismo dei prodotti di facile vendibilità e consumo.

Il poeta crede sempre di poter trovare nel pubblico (negli altri umani in generale, senza distinzione di formazione e cultura) un sodale e un compagno in grado di condividere in qualche misura l’intensità e il rischio del suo scontro con il linguaggio, il suo dramma di confrontarsi con la creazione e con l’opera – quale che sia il risultato del lavoro – nella comune lotta contro l'insensato e l'inerziale.

Tutte le altre polemiche sui rapporti tra poesia e mercato, poesia e livello di formazione del pubblico, poesia e "comprensibilità", non riguardano la poesia – né il suo mondo "interno" né le sue implicazioni "esterne": sono argomenti strumentali e appartengano a una civiltà di morti, venduta agli sciacalli.





(Un contributo al dibattito aperto da Carlo Carabba sulla (presunta) opposizione "poesia lirica" - "poesia sperimentale" e rilanciato da Francesco Terzago su Absolute Poetry http://www.absolutepoetry.org/La-poesia-e-di-tutti-Per-parlare)

1 commento:

  1. Per non dire poesia.
    Essere poeti nell'esserlo
    per non poetare come archi sottesi nell'esperienza del vuoto d'aria
    per non ingravidare le fila di segmenti in libertà vigilata.
    Nei mercati la poesia si libera
    scappa dallo stand
    si fa clandestina
    Il poeta addita gli sciacalli firmando autografi
    e scappa col suo non detto
    a perdi fiato
    a rotta di collo.
    Il dire
    si fa clandestino anch'esso
    sperimenta gli ardimenti del non detto.
    Senza patente guida per le tortuose vie
    di una linea ondulata dalle maree.
    I poeti nascosti nell'aria di un segreto non detto
    io li ho letti.
    Tutti.

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