Ho evitato di disquisire sul numero dei morti mentre la gente moriva: era indelicato, e mi sembrava un terreno scivoloso finché la situazione non si fosse stabilizzata.
Ho raccolto però molte informazioni al riguardo, e adesso mi sembra il momento di entrare nel merito. Mi sento di doverlo fare anche se non ho gli strumenti per farlo con rigore; lo faccio quindi da cittadino chiamato a ragionare su temi che lo riguardano come cittadino, e non da esperto di alcunché. Perché questo è un tema eminentemente civile, etico e democratico; perché la risposta politica alla vicenda covid ha determinato un cambio irreversibile di paradigma antropologico, etico e politico, che solleva le domande “chi siamo ora? chi eravamo prima? dove stiamo andando? o dove ci stanno portando? va tutto bene?”.
Partiamo dal 2015.
Quell’anno si sono registrate tra le 55 e le 65 mila morti in più del previsto, causate da influenze e sindromi simil- o para-influenzali definite “particolarmente virulente”. Una strage paragonabile solo a quelle delle guerre mondiali, secondo l’affermazione fatta al tempo da Blangiardo.
Nel 2017, per le stesse cause, si è registrato un surplus di 20 mila persone anziane decedute. Un’altra strage di soggetti deboli e a rischio, di cui si è in qualche misura parlato anche sui media.
Nel 2019, nonostante sia stato un anno con "poche morti" (tanto all'inizio del 2020 si valutava che ci fosse un "bacino di soggetti a rischio" più ampio del solito - orrenda espressione, ma si dice così), il numero di morti per polmonite a marzo è stato maggiore dei morti ufficiali per covid nello stesso mese (il più tragico) del 2020. E' sempre Blangiardo ad avercelo detto (ora in qualità di presidente dell'Istat).
Nel 2020 di covid sono morte ufficialmente 35.000 persone (parlo sempre dell'Italia). Si è fermato il Paese, sono state fatte centinaia di migliaia di denunce penali e multe, si è fatto “di tutto”, insomma - ben oltre quello che pochi mesi prima sarebbe stato immaginabile - per limitare la strage.
Domanda: il covid avrebbe causato molti più morti, fino ai numeri sconvolgenti indicati dai modelli dell’Imperial College di Londra, senza le misure sociali (sottolineo sociali, non sanitarie) adottate? La cosa è dubbia.
Che il lockdown abbia significativamente ridotto il numero dei decessi sembra poco plausibile, se pensiamo che i contagi sono avvenuti soprattutto in luoghi dove il lockdown non ha avuto influenza: gli ospedali, le rsa, le abitazioni.
Aggiungiamo poi che il numero dei decessi ufficiali è ingigantito, come risulta chiaro da molte dichiarazioni autorevoli, essendo stati imputati al covid molti decessi che sono stati determinati da tutt’altre cause: lo ha affermato lo stesso Walter Ricciardi il 20 marzo, nel momento più drammatico dell’emergenza; è stato ribadito successivamente, tra gli altri, dal presidente dell’ordine dei medici della Liguria, che ha detto che a Genova risultavano azzerati i decessi per altre cause che non fossero il covid; una affermazione analoga l’ha fatta più recentemente Bassetti; e dubbi sul criterio di imputazione dei morti al covid in Italia li aveva sollevati in aprile anche Vespignani, per spiegare la grande differenza di mortalità con la Germania.
Aggiungiamo che il numero dei morti è aumentato proprio per via di decisioni politiche-gestionali dettate dal panico e non dalla razionalità: come il “divieto” di fare le autopsie, impedendo di comprendere subito le vere cause e concause dei decessi, e quindi di poterle trattare nel modo migliore; e il protocollo che ha imposto ai malati con sintomi covid di stare chiusi in casa per due settimane, senza essere visitati e assistiti, almeno finché non avessero sintomi gravi; impedendo le cure domestiche, una quantità enorme di persone è stata portata alla condizione di dover essere ospedalizzata in massa, saturando gli ospedali e le terapie intensive, per morire di lì a poco, perché a quel punto la malattia aveva fatto già il corso.
Questi morti sono da imputare in parte non alla “virulenza” del virus, ma all’isteria dei decisori, che, agendo sulla base della “massima precauzione” (cioè come se ci fosse da avere la massima paura), hanno fatto sì che le peggiori paure (in larga parte infondate o esagerate) diventassero reali. Hanno creato profezie destinate ad auto-avverarsi. Per farla più semplice: non sempre "è meglio avere paura che buscarle": a volte avere paura porta a buscarle.
Aggiungiamo anche che molti decessi sono stati determinati dall’avversione aprioristica e ideologica per certe terapie a buon mercato: l’idrossiclorochina (uno studio internazionale appena divulgato dimostra che questo farmaco riduce la mortalità del 30% - con la ridicola vicenda dell’attrice porno e dello scrittore di fantascienza che convincono The Lancet, OMS, AIFA e altre agenzie del farmaco a metterla al bando, salvo ricredersi in tutta fretta, una volta sbugiardata la grottesca frottola); il desametasone (indicato al Ministro Speranza a metà aprile da un gruppo di scienziati, in primis il farmacologico dell'Università di Urbino Piero Sestili - appello caduto nel vuoto, salvo poi definire tutti in coro lo stesso farmaco “salvavita”, quando la notizia è arrivata da Oxford, due mesi dopo); gli anticoagulanti, come l’eparina, che avrebbero aiutato ad affrontare positivamente, spesso in casa, evitando le ospedalizzazioni, il problema delle trombo-embolie, causa primaria dei decessi da covid (però non lo si poteva sapere appunto perché era stato impedito di fare le autopsie).
Aggiungiamo anche che le curve epidemiche dei Paesi che hanno attuato un lockdown duro, uno morbido, e che non lo hanno attuato affatto (confrontando per esempio Italia, Belgio, Svizzera, Germania, Svezia), sono pressoché identiche, come parabola temporale. Come hanno mostrato grafici recentemente diffusi.
Dunque, se si fosse affrontata questa malattia come sempre sono state affrontate le malattie fino all’anno 2019 - cioè come una malattia e non come una religione, una maledizione, una guerra, una pestilenza - quanti morti ci sarebbero stati in Italia? Di più? Molti di più? Di meno? Forse alcune migliaia in più. Sicuramente non centinaia di migliaia in più. E, considerato quanto detto sopra, non sarei tanto sicuro che sarebbero stati di più. Forse molti di meno. Soprattutto se consideriamo - e dobbiamo considerarli - anche i morti per lockdown (infarto non preso in tempo, tumori non diagnosticati, interventi chirurgici rimandati, prevenzione sospesa ecc), che al momento sono già molte migliaia, probabilmente qualche decina di migliaia.
Oggi ci troviamo in eredità un Paese devastato socialmente e psicologicamente: una nazione di ipocondriaci in balia di media inaffidabili e disonesti, di cittadini pronti alla delazione, alla rinuncia a qualunque diritto, allo snaturamento e all'oltraggio dell’infanzia, alla sottomissione a qualunque disposizione provenga da una "autorità" (esattamente come nell'esperimento Milgram - andate a cerare su wikipedia se non lo conoscete); purché la disposizione, quale che sia, contenga la parola "covid", o anche, genericamente, "salute". Un Paese profondamente mutato antropologicamente: la salute viene prima di tutti gli altri diritti e di ogni altra forma di solidarietà e di rivendicazione - e in nome della salvaguardia della salute è consentita e benedetta ogni eccezione politica e giuridica. Un paese economicamente azzerato, vincolato per sopravvivere a immani debiti interni ed esterni, con i relativi improrogabili impegni, vincoli e ricatti.
In compenso ci siamo guadagnati un occhio di riguardo (forse) da parte degli ideatori e gestori della “Nuova Via della Seta”: il governo cinese, a cui a febbraio - dopo avere dichiarato lo stato di emergenza e redatto un piano pandemico tuttora secretato - abbiamo regalato 52 tonnellate di mascherine e guanti; che poi ci ha gentilmente istruito su come affrontare il covid, ovviamente "alla cinese". Sempre che gli Usa non facciano pressioni tali da farci cambiare direzione, perdendo così anche quel “beneficio”, come hanno fatto con il 5g cinese in UK - pressioni che secondo alcuni analisti gli USA stanno esercitando in tutta Europa, e soprattutto in Italia, il Paese più filocinese dell'Unione, grazie ai 5s (ma anche a una parte del PD).
E se tra due o tre o cinque anni, l'inverno sarà simile a quello del 2015, o del 2017, con decine di migliaia di morti in più rispetto alle attese, per cause varie, note o difficilmente comprensibili nell’immediato, cosa faremo? Per non parlare dell'eventualità, possibile, di una nuova pandemia, come quella in corso, o solo di un inizio di pandemia, come ce ne sono stati tanti negli ultimi vent'anni.
Potremo ancora comportarci come prima, come sempre fino al 2019, facendo ognuno del suo meglio nel proprio ambito (operatori sanitari in primis), trattando le malattie come malattie, con una certa dose di fatalismo esistenziale e statistico, dopo avere fatto ogni sforzo possibile per proteggere tutti? Oppure non potremo tornare indietro rispetto ai precedenti morali, politici e giuridici creati in questi mesi - e chi sarà al governo potrà, o addirittura dovrà, decretare misure straordinarie, vessatorie, dispotiche - senza limiti - in nome del principio di massima precauzione?
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