Quando le volpi puniscono gli uomini è un libro che raccoglie testi poetici scritti nell'arco di un decennio. Tuttavia, pur essendo nato prima della pandemia, nel corso dell'ultima revisione il libro è stato ampiamente contagiato dal covid, contaminato dalle sue parole, compenetrato dalla nuova “iconosfera” e dall’universo simbolico in cui troviamo immersi. Questo accade inevitabilmente, senza intenzionalità, in virtù della intrinseca permeabilità della poesia, che sempre - al di là e anche contro l'impulso che spinge a iniziare a scriverla - è anche osmosi, rimescolamento, esplosione. (Sempre che l'impulso non sia proprio
La prima sezione del libro, in particolare, ha vissuto una profonda torsione, fin dal titolo, che è diventato “Spillover (Trabocco)”. La traduzione dell’attualissimo termine inglese offerta dal dizionario Treccani rimanda proprio all’osmosi a cui mi riferivo: poesia è un continuo trabocco del dentro nel fuori, dello storico nell’intimo, del corpo nella mente, dell’io nel noi; e viceversa. Questo trabocco è il presente.
La poesia, questa poesia, non serve a capire; né chiede di essere capita. Serve a guardarsi dentro e intorno allo stesso tempo, nel momento esatto dell’esplosione che distrugge la separazione tra il dentro e l’intorno; con la potenza generativa dell’immanenza nega la stessa contrapposizione tra i due termini. Certo: fa un po’ male. Non è poesia colta, né intelligente; caso mai è stupida, stupita, attonita, raggelata.
Queste poesie di quattro versi (raramente otto) sono giardini zen, e ring: una cosa e l’altra: spazi circoscritti, geometrici, dove la ricerca formale/musicale della composizione coincide con un corpo a corpo drammatico e informe: nel, tra, con, contro il linguaggio: quel mostro che, mentre si offre docilmente per essere parlato, inesorabilmente ci possiede e ci parla.
Un’ultima nota: il turbamento. Certo: tendenzialmente lo respingiamo. Il perturbante lo teniamo fuori dalla porta di casa, proprio perché “non familiare” (Un-heimlich). In questa epoca, tutto ci soccorre. Oggi che abbiamo sempre più la possibilità di “essere emoticon”, abbiamo il privilegio di poter galleggiare nel rassicurante dell’uniformante; stando al riparo dall’irriducibile, dall’incommensurabile, dall’incomunicabile, dall’irreparabile.
(Quante volte al giorno viviamo l'esperienza di "essere emoticon"? Che cosa accade dentro di noi in quei momenti?
Quali piccole trasformazioni avvengono? Verso quale grande impercettibile trasformazione ci sospingono?)
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