Oggi ci stiamo tutti (o quasi) godendo la fine delle misure anticovid che ci permette di metterci in pari con le tante cose importanti, futili, essenziali, lasciate indietro negli ultimi due anni. Abbiamo voglia di andare avanti, sperando che questa volta ci siamo, che in autunno non si debba ricominciare.Personalmente, mi godo la promozione dei miei libri, che è partita e mi porta lontano; mi godo esperienze e conoscenze bellissime di cui sono immensamente grato; mi godo l'impegno in nuovi progetti, letterari e non, a cui finalmente dedico energia, tempo e pensieri sani; mi godo le amicizie, i bambini, i paesaggi, il passaggio delle stagioni.
Tuttavia mi lascia interdetto il "non è successo niente" che percepisco un po’ dappertutto, in forma di tabù e omissione.
A me pare che sia successo qualcosa; qualcosa che, in assenza di una seria riflessione collettiva, resterà una ferita aperta, potenzialmente letale per il nostro corpo sociale. Questo qualcosa è mote cose. Ma soprattutto è la certificazione verde.
A mio parere il green pass è (stato) il fatto socialmente più rilevante della storia della Repubblica: mai era accaduto, e mai si sarebbe potuto pensare, di sospendere centinaia di migliaia di lavoratori, o milioni, lasciandoli senza retribuzione per mesi; di allontanare centinaia di migliaia di studenti universitari dalle facoltà; di impedire a centinaia di migliaia di adolescenti e post adolescenti di praticare il loro sport, di andare al cinema, a teatro, in un museo, in pizzeria con gli amici.
A pensarci oggi, sembra impossibile; ma questo è accaduto, fino a ieri, non lo abbiamo sognato.
Quello che penso io al riguardo credo che sia noto: se a febbraio sono arrivato a fare per otto giorni uno sciopero della fame integrale, insieme ad alcuni cari amici e contemporaneamente a decine di altre persone a me sconosciute, è stato per testimoniare (da vaccinato) la mia avversione totale a questa misura.
Adesso sarebbe rilevante parlarne, essendo tutti coscienti che qualcosa è successo. Rilevante sarebbe essere tutti d'accordo sul fatto che la storia recentissima d'Italia, che ha diviso la popolazione in buoni e cattivi, escludendo i cattivi, ragazzini compresi, da ogni forma di vita sociale, dovrebbe essere riesaminata, nello sforzo di riconoscerci tutti in un futuro condivisibile.
Invece non vedo nell’agenda di nessun soggetto sociale, culturale o politico l'intenzione di svolgere una riflessione su questo.
Quello che è stato è stato?
Parliamone. Sicuramente non concorderemo sulle analisi né sulle valutazioni; e questo potrebbe essere ancora doloroso, come lo sono (state) le divisioni; ma sarebbe del tutto normale. Invece è anormale e tragico – e, direi, disumano – non sentire il bisogno di condividere almeno le domande: il desiderio di rileggere, ripensare, e comprendere meglio quello che è stato, dal momento che è stato.
E io provo a porle, alcune domande. Potranno anche suonare retoriche, perché sicuramente partono dalla mia posizione, e non la celano. Ma sono poste senza alcun intento provocatorio; e sono aperte, come sono aperto io che le sollevo. Aperto, e risoluto. Pronto a cambiare idea su tutto, se a questo mi dovesse portare una discussione. Come sono pronto a tornare a denutrirmi a novembre, come l’ho fatto a febbraio; sapendo che se a febbraio il coraggio mi è durato otto giorni, a novembre potrebbe durare quattro volte tanto.
Ecco le mie domande. Sono rivolte a chiunque:
1 - Guardando ai Paesi in cui il green pass non è mai esistito, o non ha avuto neanche lontanamente l’estensione che ha avuto in Italia, possiamo dire che è valsa la pena, ed è stato proporzionato, e dirimente, negare tasselli di vita quotidiana ai ragazzi e sostentamento e dignità del lavoro agli adulti?
2- Il green pass è stato davvero dirimente per uscire dall’emergenza, o ne saremmo usciti ugualmente? Le curve del contagio ne sono state condizionate? E i ricoveri? Emergono dati confortanti, confrontando i dati dell'Italia con quelli dei Paesi che hanno o non hanno adottato misure più o meno analoghe?
3- Quel po’ di riduzione della trasmissione virale data dalla vaccinazione di massa (a gennaio c'erano 200 mila casi al giorno con l’80% delle persone vaccinate), questa non è stata abbondantemente compensata dalla trasmissione causata, per contro, dalla falsa sicurezza infusa dalla gran balla di Draghi (e di chi l’ha amplificata per mesi) che il green pass avrebbe offerto la "garanzia di frequentare persone non contagiose"?
4- Se poi l’obiettivo non era quello di fermare la trasmissione, o di ridurla drasticamente, o di creare ambienti "covid free", ma era quello di spingere i refrattari a vaccinarsi perché gli ospedali non fossero intasati, è stato giustificato, proporzionato, utile, negare diritti fondamentali a fasce di popolazione (gli under 40-50) che sono finite sì negli ospedali, ma che di certo - numeri alla mano - non li hanno mai intasati, né mai hanno rischiato di mandare in tilt il sistema sanitario?
Le domande potrebbero essere molte altre, ma in definitiva mi pare essenziale arrivare a questa:
5- A posteriori, e in vista del futuro, come intendiamo valutare l’esperienza collettiva del green pass?
- Come una misura ingiusta e devastante, e tuttavia comprensibile perché presa per disperazione in mancanza di alternative, e comunque giustificata dalla situazione emergenziale?
- Come una misura sensata, proporzionata ed efficace rispetto agli obiettivi prefissati, e quindi come uno strumento da considerare acquisito, perché sia prontamente riutilizzabile nelle future emergenze sanitarie (o d’altra natura)?
- Come un alibi per non intervenire più efficacemente, in modo mirato, per proteggere soggetti e contesti esposti a un rischio significativo e reale (come chiedeva, per esempio, a fine 2020 la vituperata Great Barrington Declaration)?
- Come l’irresponsabile scaricabarile di istituzioni inermi e inadeguate verso un capro espiatorio designato?
- Come un modo per punire adeguatamente e proporzionatamente, e in modo esemplare, chi si sottrae a un gesto di responsabilità sociale?
- Come un modo corretto per governare le masse indisciplinate al giorno d'oggi, delegittimando il pensiero critico e criminalizzando il dissenso, ma senza spargimenti di sangue?
- Come un legittimo strumento politico per spingere la popolazione ad adottare comportamenti ritenuti socialmente utili e virtuosi?
- Come un esperimento giustificato dalla situazione contingente, e da speranze scambiate troppo frettolosamente per evidenze (l'efficacia del vaccino nel fermare la trasmissione...), ma da ritenersi fallito a posteriori, e quindi da archiviare per sempre?
Sarei realmente interessato e aperto ad ascoltare qualunque posizione sul tema. Tranne quelle – umilianti, perché puramente propagandistiche e prive di qualunque argomentazione – lette nelle ultime settimane su diversi media. Come quella, esemplare, del Sole24Ore (16 maggio), che titolava: “Lotta al Covid, un anno di Green pass: con carta verde addio a lockdown”. L’articolo poi non spiegava neanche nel modo più vago perché, in che senso, il green pass avrebbe consentito di evitare o di rimuovere lockdown, zone rosse dintorni – quando in Spagna, in UK, in decine di altri Paesi, contemporaneamente, non c'era né green pass né lockdown, e le curve dei contagi seguivano pressoché le stesse oscillazioni. E mentre, sulla stessa testata, i giuristi di riferimento - Carlo Melzi d'Eril e Giulio Enea Vigevani – nell’agosto 2020 affermavano che la sospensione di diritti anche fondamentali rappresentata dal GP sarebbe stata giustificata se questo fosse stato un “certificato di immunizzazione”: “non ravvisiamo alcun problema nel condizionare la frequentazione di questi ultimi [i luoghi chiusi] all’esibizione di un certificato di avvenuta immunizzazione”. Visto che di seguito parlavano dei rischi a carico dei fragili che non si possono vaccinare, sembra di poter intendere che con "immunizzazione" intendevano l'impossibilità di infettarsi e soprattutto di infettare. Insomma, giustificavano la negazione di diritti fondamentali di milioni di persone sulla base di una menzogna pronunciata da un esponente politico; e poi, una che la menzogna si è rivelata tale, non tornavano a riesaminare le proprie posizioni: questo atteggiamento che cosa lascia in eredità all’Italia?
Ho poi una domanda rivolta esclusivamente agli amici della mia parte politica, che è la sinistra: in Italia Speranza è il migliore alleato di Draghi; in Francia Melenchon contrasta Macron e alle ultime elezioni legislative ha incrinato la sua egemonia politica; in Francia Melenchon ha preso il 25% dei voti al primo turno, come Macron, e il 30% al secondo (contro il 38 di Macron); in Italia il partito di cui Speranza è segretario, l’unico di sinistra nell’arcata parlamentare, ha sì e no il 2% dei voti; in Francia Melenchon si è sempre scagliato contro il green pass: a luglio 2021 e poi, con ancora più veemenza, a gennaio, quando si è trasformato come in Italia in passaporto vaccinale; in Italia Speranza è stato tra i più solerti e intransigenti sostenitori del green pass; nella Spagna con un governo di sinistra il green pass non c’è mai stato... Dunque, quando verrà il momento di riconoscere che esisteva ed esiste una questione, e che se ne può parlare, senza preoccuparsi se questo dà fastidio a Speranza e a Bersani, e senza paura di essere per questo accomunati a Meloni e Salvini?
Amiche e amici di sinistra: pensate che oggi si possa tornare a impegnarsi in progetti politici nazionali e locali facendo come se niente fosse stato? Come se il green pass non avesse comportato (e non comporti ancora oggi, per alcuni) dolore reale, privazioni reali, tragedie reali, per persone reali, nei territori reali, nelle aziende reali, nei luoghi di lavoro, nelle famiglie, nelle università, nelle scuole? Pensate che si possa andare avanti, in qualche direzione che non sia un baratro, rimuovendo questa questione, non accollandosi l’onere di una onesta riflessione? Senza chiedersi se questo dolore, queste privazioni, queste tragedie, in generale e nei casi specifici, sono state giustificate, accettabili, sensate, utili o non utili, proporzionate?
Ringrazio anticipatamente chi vorrà partecipare alla discussione. Grazie anche a chi, senza commentare, prima di partire per le vacanze, svolgerà per se stesso qualche riflessione.
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