(Infrango una regola: due annotazioni, oggi. Benvengano le infrazioni!)
Bande, megaschermi, 30 e più Capi di Stato, 3 milioni di persone in piazza, fiumi di parole condivisibili e memorabili. E l’immancabile concerto degli U2. Questa, in sintesi, la celebrazione che si sta svolgendo per il ventennale della caduta del Muro di Berlino. Permettetemi: l’ultima ghiotta occasione per imbandire un’ancora inedita versione della immortale fiera delle ipocrisie.
Voglio fare alcune considerazioni al proposito, in 5 capitoletti titolati.
1) “Un salto indietro e uno di nuovo avanti; con un compito per casa”
OGGI: tutti i politici di tutti i paesi parlano della libertà ritrovata, con parole e toni che lasciano intendere che se solo avessero a disposizione una macchina del tempo, tornerebbero indietro di vent’anni per togliersi la soddisfazione di aver aggredito di persona, a mani nude, quel maledetto cemento.
IERI: nell’89 praticamente tutti i politici dell’Europa Occidentale -tanto per rinfrescare la memoria farò giusto i nomi di Tatcher, Mitterand, Andreotti, Köhll- si opposero duramente alla rimozione della barriera: ognuno per motivi diversi, ma tutti per lo stesso motivo di fondo: prevedevano grandi squilibri, ed erano disposti a sacrificare i sogni/bisogni delle persone, sacrificare la giustizia, sacrificare la necessaria riparazione all’orrore, in nome della “real politik”, del buonsenso storico, delle ragioni di Stato.
OGGI: cosa farebbero, oggi, i nostri politici che rivendicano a posteriori coraggio, lungimiranza e giustizia, se ci fosse, oggi, da abbattere un muro in Europa, e la responsabilità ricadesse su di loro?
COMPITO PER CASA: trova una situazione attuale che potrebbe essere di esempio e mettere in ridicolo tutti i politici che oggi sfilano a Berlino, smentendo clamorosamente il loro impegno per la libertà dei diseredati e degli emarginati di oggi.
2) “L’energia e il senso”
Se i politici e le persone che stanno celebrando gioiosamente la distruzione del Muro di Berlino volessero veramente rendere giustizia e onore alla grandiosità di quel momento e di quel gesto, ne rilancerebbero oggi l’energia e il senso, invece di museificarlo e relegarlo a un passato già mitico, disinnescandone quindi la potenza (con colonna sonora epica/neoromantica degli U2): quei tre milioni di persone potrebbero prendere qualche volo low cost e andare là dove ci sono i nuovi Muri, se possibile peggiori di quello di cui si sta celebrando la fine. Basterebbe che ognuna di queste persone si portasse con sé un martello e uno scalpellino, per cambiare di nuovo il senso della Storia, e del futuro, oggi. Con la proprie mani. Come è avvenuto ieri.
3) “Dei vari Muri”
Dei vari Muri, voglio ricordare solo il più atroce: non solo il più atroce del tempo presente, ma la più grande, alta, lunga, oscena, inumana e illegale barriera della storia dell’umanità: parlo ovviamente del Muro in Palestina: 700 km di barriera di cemento, alta 8 metri (quello di Berlino era alto 4). Il Muro di Israele, costruito con la forza interamente dentro il territorio palestinese, è stato condannato dalla Corte Penale internazionale dell’Aja. Israele è stato intimato a rimuovere la barriera illegale. Israele non ha rimosso la barriera, non ha interrotto i lavori di costruzione, e in capo a pochi mesi avrà ultimato gli ultimi tratti ancora da tirar su. C’è gente che muore per via di questo Muro: perché non può più andare a lavorare: perché non può più raggiungere l’ospedale della città vicina: perché viene bloccata dai soldati al varco mentre va a partorire. Come ieri. Peggio di ieri.
3) “Adesso un racconto personale”
Il 28 agosto ero nel villaggio palestinese di Bil’in, a ridosso del quale passa il Muro. C’era una manifestazione, pacifica, contro il Muro. Eravamo una sessantina, tra palestinesi, pacifisti israeliani, internazionali. Siamo stati attaccati dai militari israeliani come bestie. Quattro feriti gravi. Proprio il giorno prima, il 27 agosto, nello stesso villaggio era stato in visita l’ex presidente americano Jimmy Carter: che ha detto pubblicamente e ufficialmente che la costruzione del Muro e la politica israeliana in generale perpetuano una situazione di puro apartheid. Il giorno dopo la mia visita, il 29 agosto, di notte, l’esercito ha invaso il villaggio, ha picchiato gli abitanti e gli attivisti internazionali, ha spaccato telecamere, ha arrestato ragazzi che il giorno prima, con me, avevano manifestato pacificamente. Questi ragazzi non rivedranno la libertà tanto facilmente: in Israele esiste la “detenzione amministrativa”, che consente di tenere i palestinesi sospettati di qualunque cosa in carcere per un tempo indeterminato, senza processo, in “attesa che vengano trovate le prove contro di loro”. Non è raro che queste “attese” durino anni, per concludersi con il mancato rinvenimento di prove e quindi con la liberazione del prigioniero, con tante scuse e una pacca sulla spalla. Per festeggiare il ventennale della caduta del Muro di Berlino, gli Israeliani hanno ammazzato, l’aprile scorso, uno dei ragazzi di Bil’in impegnati nella costruzione del Comitato per la Resistenza non violenta: durante un’analoga manifestazione, gli hanno sparato un lacrimogeno in mezzo al petto, da una distanza di due metri.
4) “Domanda retorica, con risposta in forma di domanda retorica”
Allora, cosa diavolo stanno festeggiando quei tre milioni di persone sotto il palco degli U2, a Berlino?
La morte di un’utopia?
5) “Militanza del fiore”
C’è un antidoto alle celebrazioni che ammazzano gli ideali a colpi di spumanti, proclami, concerti e fuochi d’artificio: si chiama militanza. Ognuno può fare da sé, o organizzarsi con altri. Ad esempio: sabato prossimo, a Firenze ore 15, c’è una manifestazione contro il Muro in Palestina e tutti i Muri del presente.
Poi da lì, chi volesse, con biglietto aereo, martello e scalpello...
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