Tempi brutti per la poesia
Bertolt Brecht
Non potrei desiderare di essere nata in un’epoca
migliore di questa, in cui tutto è perduto
Simone Weil
I prigionieri, al contrario, pensano servendosi
di un vocabolario tutto loro
John Berger
1. Non sono questi tempi adatti alla serenità. La disperazione è reale e totale. Come d'altra parte la gioia. Che può essere perfino sfrenata, quando si congiunge clandestinamente al senso della bellezza.
2. Fronteggiamo una nuova soluzione finale, illimitata: ciò che sta avvenendo è la pulizia etnica del genere umano. Non è una novità: stiamo attraversando i momenti decisivi di un processo di cui altri, prima di noi, hanno testimoniato l'inizio e descritto le dinamiche.
3. Ciò che ci sta accadendo è la deportazione forzata di noi dal territorio della realtà.
4. Il nostro status è quello di profughi: evacuati dalla nostra patria – la realtà -, nell'immaginazione. L'immaginazione è il regno dove non accadono le cose. Nel mondo ricco, l'immaginazione viene chiama "creatività". La creatività migliora il rendimento aziendale, è utile per primeggiare nei concorsi, dà struttura, percorribilità e attrazione al regno dell'idiozia. La creatività è disconnessa dal senso della storia, Sostituisce la capacità di azione, è potenza disinnescata. E non cambierà il mondo.
5. Essere poeti senza essere creativi: creare nell'esilio, cercando la via d'uscita dal regno dell'immaginazione forzata. "L'immaginazione è l'inferno", ha scritto Simone Weil. Oggi più che mai si può comprendere in pieno il senso di questa affermazione.
6. Possiamo imparare qualcosa recandoci nei campi profughi reali, materiali, nei terzi mondi. Scoprire delle risonanze, somiglianze, complicità e, inaspettatamente, un destino comune. Si può imparare a soffrire senza inibizioni per ciò che ci è tolto. E a godererealmente di ciò che ci resta.
7. Viviamo in un'allucinazione collettiva, costruita da strutture di potere spersonalizzate, ratificata dai media, propagata da tutti coloro che ne traggono un vantaggio materiale. Il reale è proibito. Nei terzi mondi il genocidio avviene ancora in forme tradizionali – è più vantaggioso ed economico – almeno dove scarseggiano le telecamere. Nei primi mondi lo strumento eletto ad arma di distruzione di massa è il linguaggio di cui il potere ha il monopolio.
8. La nostra deportazione nel regno dell'insensato ha raggiunto uno stadio avanzatissimo. La sostituzione della realtà con il linguaggio mistificatorio della persuasione avviene a tappe forzate, mutuando il criterio principe delle nuove guerre coloniali: "conquistare il cuore della gente".
9. Conquistano il nostro cuore e consenso con l'universalizzazione del low cost (in sostituzione della sovranità popolare), con la disponibilità illimitata di tecnologie per l'intrattenimento (in sostituzione della proprietà comune del linguaggio), con l'aggancio, tecnica ormai tradizionale, della manipolazione psichica di massa con la stimolazione della libido e relativa promessa di appagamento.
10. Esistono: pubblicità rivolte ai bambini. Per modellare il loro desiderio. Il loro senso di realtà. Le strutture primarie della psiche. Carriarmati di una nuova antropologia. La deportazione dalla realtà inizia presto, prima che possa esserci discernimento e ben prima che si possano sviluppare le difese. "L'immaginazione è l'inferno".
11. Quale forma di resistenza potrebbe avere un potenziale sufficiente a contrastare questo atto di guerra rivolto al futuro dell'umanità? E quale Norimberga potrà ristabilire la giustizia su questa violenza?
12. Ogni occasione in cui accade di collidere con il reale dà luogo ormai a uno shock. Può non verificarsi mai nella vita di una persona. A chi invece accade, qualunque sia la sua età, provenienza e ideologia, la vita cambia per sempre. Andare in mezzo a ciò che la tv ci mostra tutti i giorni può essere sconvolgente: non perché la realtà sia più forte della rappresentazione: ma perché la rappresentazione, oggi, è la deportazione dal campo della realtà, e la realtà è la presa di coscienza di questo. Davanti al reale, si smette di essere inoffensivi. E questo non deve accadere.
13. Aderire alla realtà boicottando la mistificazione significa quasi sempre compiere atti illegali. Dire o fare cose cose coerenti al senso di realtà, implica l'inserimento della persona nella categoria di "terrorista".
14. Tentiamo ancora l'impossibile.
15. Nel nostro mondo il problema della sostituzione della realtà con l'idiozia (letteralmente: scempio del linguaggio) è un problema di linguaggio in senso lato. Il linguaggio della mistificazione ci consente di persistere in un totale scollamento nella percezione delle cause e degli effetti; completamente annullato il principio che "cose uguali hanno uguale significato", a favore del principio che "cose rappresentate nello stesso modo hanno uguale significato".
16. 2 + 2 = 5: è l'ideologia dominante nel 1984 di Orwell. E' pane quotidiano per noi. Basta aprire un giornale e leggere due notizie.
17. Questo, ad esempio, ci permette di consentire ai nostri governanti di perpetrare crimini contro i quali gli stessi governanti muovono guerre umanitarie verso altri luoghi del mondo.
18. Oppure ci fa passare tranquillamente sopra il fatto che il governo cancelli 24 miliardi dalla spesa pubblica, per via della crisi, con varie conseguenze tra cui l'eliminazione di enti culturali e dei sussidi per i portatori di handicap, e contemporaneamente spenda 28 miliardi per l'acquisto di aerei ed elicotteri militari. Senza che scoppi una rivolta.
19. I numeri sono a disposizione di tutti. I numeri non ci redimono e non ci illuminano. Se così fosse, saremmo redenti e liberati già da molto tempo. Le informazioni non sono efficaci. Non è un problema di informazione, né di comunicazione. E' un problema di linguaggio, cioè di idiozia.
20. Necessario soffermarsi a osservare un fiore più a lungo di quello che verrebbe spontaneo. Così come passare del tempo nel silenzio di una vecchia umile chiesa lontana dall'abitato. Forzarsi oltre il limite apparentemente invalicabile di sopportazione del fare niente, spalanca all'improvviso la possibilità che gli occhi si aprano alla bellezza, con senso di radicamento, risveglio, emancipazione.
21. La poesia è morta. Vive laddove smette di essere "Poesia", motivata da un gioco interno alla regole del proprio ambito di genere, e si fa atto di creazione e di resistenza. Cioè dove, clandestinamente, persegue la bellezza.
22. La bellezza ha a che fare con il reale, con lo smantellamento della mistificazione quindi. Non esiste bellezza idiota. L'accesso comune alla serietà della bellezza è stato sostituito, manu militari, dall'identificazione popolare con il demenziale commerciale.
23. La bellezza è un volto. E' il guardarsi negli occhi tra umani senza veli di interpretazione o mistificazione. E' ciò che può accadere nella clandestinità, in un campo profughi. E' movimento opposto alla deportazione.
24. La bellezza è terrorismo. La sua ricerca viene punita con raid mirati.
25. La poesia, come in altre epoche, è resistenza. Non può essere oggi un atto privato di resistenza interiore: deve essere resistenza militante e militarizzata.
Militante significa aderente al reale.
Militarizzato significa che la necessità di azione e di efficacia è anteposta, temporalmente, alle istanze soggettive.
26. La disperazione e la gioia esistono, e sono accessibili nelle loro forme reali – anche se in questo caso sono generalmente legate a esperienze illegali.
27. Disperazione e gioia chiamano in causa, prepotentemente, la soggettività.
28. La poesia cerca la soggettività, all'interno della dinamica di guerriglia e di resistenza necessaria.
29. Sul lirismo: la soggettività dei deportati è sganciata dal senso della storia. per questo gira a vuoto, è imbarazzante, ed è consentita. necessario riagganciare la soggettività all'angelo della storia. una soggettività che risulterà, per questo, illegale.
30. La soggettività si può rintracciare in frammenti indiretti, dove un pezzo di mondo smontato risulta improvvisamente coincidere con un pezzo della propria ossatura, del proprio dna, della visione di sé liberata a sua volta dal velo della mistificazione e del linguaggio devastato.
31. La soggettività, in quanto rinvenimento di coincidenze, per sottrazione e clandestinità, di pezzi di interno con pezzi di esterno, è atto di realtà. Cioè resistenza.
32. Per perseguire bellezza, soggettività ed efficacia, è necessario che la poesia trovi la sua via alla clandestinità.
33. La prova che la poesia avrà conquistato l'efficacia necessaria a gioirne di nuovo, si avrà quando sarà apparentata ufficialmente con il terrorismo.
34. Trovare la circostanza per condividere uno sguardo negli occhi, in modo prolungato e senza attese. Dove non abbiano possibilità di intervento i modelli di comportamento già approvati dalle autorità. Lì ha inizio il reale, lì trova ragion d'essere la poesia.
35. La poesia, contrariamente alla prosa, è uso del linguaggio allo stato puro: senza pretesti e senza secondi fini. Oppure, se ci sono, sono decisamente in secondo piano. Per questo, e non per altro, la poesia è ancora tollerabile. Anzi: necessaria.
36. La poesia, il linguaggio, viene incontro alla nostra esigenza di penetrare la realtà e incidere su essa in due diversi modi, che corrispondono alla sua doppia natura: da una parte c'è il suo essere attivo, gesto originario e demiurgico (in principio era il verbo: il linguaggio è realtà); dall'altra il suo essere inerte, fonte di mediazione, separazione, distaccamento e quindi mistificazione. Quest'ultimo aspetto ci interessa perché apre alle forme di sopraffazione e resa: nello specifico, nel nostro tempo, è ciò su cui si fonda la nostra deportazione nel territorio dell'irreale e nell'indefinitamente depotenziato. Ma questo ci suggerisce che ripercorrendo il processo in senso inverso, possiamo combattere ciò che non vediamo: percuotendo l'inerzia del linguaggio, percuotiamo l'inerzia della realtà.
37. In questo senso la poesia può consentire a farsi dispositivo di guerra, atto a percuotere l'inerzia del linguaggio, cioè l'idiozia e la mediocrità irriflessiva: si tratterà allora di un dispositivo ibrido, parte organico parte meccanico, organismo vivente e automatico allo stesso tempo. Il soggetto partecipa in parte alla costruzione, ma è a sua volta al servizio di.
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