– arriva l'infarto, quando si china, a raccogliere il fiore, rubato nel campo, del padre, sparito, lasciando tracce, dietro l'armadio, nell'altra anta del tempo, probabilmente, comunque sottile, traslucido il padre, quantunque deciso, in determinate circostanze, Felice Baum lo sapeva, che prima o poi il colpo arrivava, così ha già trascritto la storia, la cronaca dell'accadimento, precisa, dalla piana del destino, direttamente, sul petto, a parole, vergate con una biro blu, al centro del torace, più o meno sul cuore, dopo la doccia ripassa la scritta ogni volta, quasi sparita, ma si vede una traccia, ripassa sui segni, sempre gli stessi, lo stesso tracciato, ormai lo faceva a occhi chiusi, anche nel buio, quando va via la corrente, e in certi periodo accadeva spesso, e mai uno sbaffo, un errore, pochi centimetri sotto, sempre, lo stesso, il cuore, che fa il suo lavoro, anche nel sonno, anche nel buio, a prescindere dal respiro, che poi si è spaccato, nel campo, sulla verticale del fiore, e lì resta, chinato, a vedere se passa o se muore, o se resta così, più o meno a metà strada, in un punto comunque da cui non si torna, non si va avanti né indietro, chinato sul fiore, il cuore spaccato, il tempo indeciso, sul da farsi, se finire, o restare bloccato, e una volta una donna gli ha detto, guarda, che fa male scriversi addosso, sulla pelle, l'inchiostro fa male, si sa, non fa bene, tutti i giorni, sei matto, ti viene il tumore, ma poi non si sono più visti, non ha più sentito parlare, lui, di certe cose, non si spogliava volentieri, davanti a nessuno –
Bellissimo
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