blog di Carlo Cuppini

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martedì 29 aprile 2014

Polizia

E all'improvviso foglie gialle e rosse, che si staccano e cadono sul prato; foglie della siepe, piantata da poco, del corbezzolo che sta lì, tutto storto come in un dipinto giapponese, da molti anni, con i suoi fruttini tondi e spinosi che stanno già prendendo il colorito rosso, dell'oleandro. Anche il ciliegio mi sembra che abbia le foglie un po' grinzose. Forse hanno avuto poca acqua? O troppa? No, sicuramente poca, perché è stato caldo nei giorni scorsi. O forse è un loro ciclo che si svolge anche se nell'immaginario di noi urbani in primavera c'è solo il verde? Nel dubbio, irroro tutto il giardino con abbondante acqua. Ramona mi dice che fai, guarda che non ê necessaria, le piante soffrono anche con troppa acqua. Mi fermo assillato dal dubbio. Ho i rimorso. Per di più, dopo poco si mette a piovere. Piovere sul bagnato. E le foglie rosse si staccano. Non è facile prendersi cura delle cose vive. Non facile neanche prendersi cura delle cose morte, come il pavimento, l'intonaco delle pareti, un muretto, la strada, una città. Figuriamoci le vive. Ho attaccato al legno del pergolato delle rondini di legno colorato che la zia e la nonna hanno regalato a Maia. Ci stanno bene. Intanto qui sono arrivate le rondini vere. E oggi, mentre ero in ufficio, ho notato che anche in città ci sono le rondini, non i rondoni, quelle con la pancia bianca che tutti dicono ormai non ci sono più nelle città. Ma forse non le avrei mai notate in città se prima non le avessi notate nel giardino.
Oggi facevo redazione di un testo sulle vicende del PD, con prefazione del governatore della Toscana Enrico Rossi. Rossi parla di Furore di Steinbeck, di come sia stato censurato dal fascismo nella versione italiana, in particolare nel monologo di Tom Joad alla madre ripreso nella canzone di Bruce Springsteen. Tom dice dovunque ci sarà un ragazzo picchiato dalla polizia... Dovunque.... Dovunque... Tu mi troverai lì. Il primo dovunque è dedicato alla polizia. Rossi dice che il discorso di Tom potrebbe essere il manifesto della nuova sinistra. Ma qui ci sono ragazzi e uomini che continuano a morire in stato di arresto, o in carcere, nelle mani, sotto le mani, della polizia. L'ho già scritto nel post del 25 aprile. Ma lo devo riscrivere, perché è di oggi la notizia che al congresso del SAP, secondo sindacato di polizia italiana per importanza, i poliziotti che hanno ammazzato di botte Aldrovandi, e che sono stati condannati in via definitiva per questo omicidio, sono stati accolti con una standing ovation di 5 minuti. Ora, c'è qualcosa che non quadra: non siamo negli annou di piombo, non ci sono ideologie sovversive diffuse tra la gente... Come mai la polizia continua ad ammazzare la gente? Vorrei dire a qualcuno, al capo della polizia, che non è rassicurante sapere che la polizia di stato è in guerra - una i guerra unilaterale - contro il popolo. Tempo fa avrei voluto scrivere a Manganelli, allora capo della polizia dopo De Gennaro, perché aveva cercato di far riconquistare alla polizia la fiducia della gente e perché aveva un cognome da fumetto di Walt Disney - per essere il capo della polizia. Ma poi è morto. De Gennaro invece è vivo, fino a poco tempo fa era a capo di Finmeccanica, ce lo aveva messo Prodi o chi per lui. Insomma, era stato promosso, dopo le vicende del G8, in cui lui era in qualche modo il regista e il responsabile. E a lui non mi viene voglia di scrivere, perché mi fa paura. Una paura cane. Mi immagino che se gli scrivessi una lettera gentile, con molte domande non retoriche, potrei trovarmelo alla porta una sera, con un bel bavero tirato su, e mi ammazzerebbe di botte. Ci vorrebbe poco, con uno come me, non avrebbe gran che da divertirsi. Questa è la sensazione che mi incute. Insomma, è molto seccante pensare che, se le cose non cambiano, tra qualche anno dovrò insegnare a mia figlia, a tutti i bambini, che quando passa una volante, o si incrocia un poliziotto la sera, in una zona un po' appartata, bisogna passare alla larga, tirare dritto, nascondere la testa guardando in basso e dirsi speriamo che non sia il mio turno.