---
Sono passati due mesi e mezzo dal mio primo post su questo blog sul tema Covid (9 marzo, l'alba del lockdown). Tutto quello che ho scritto a livello di propositi in quel testo resta per me valido. Solo che quell'impegno personale che invocavo ha nel frattempo preso il segno di un impegno antigovernativo: quello che è cambiato è il rapporto mio (in quanto cittadino convintamente democratico), con le autorità politiche, con quelle sanitarie legate al governo, e con i media. Il 9 marzo avevo fiducia in questi soggetti e invitavo a rispettare alla lettera quanto venisse detto loro (lo noti chi volesse imputarmi un'opposizione ideologica e pregiudiziale a questo governo; aggiungo che un governo 5S-Pd, realmente popolare, lo aspettavo da 7 anni). Mi ha sconvolto, ma non mi ha indignato o preoccupato politicamente, la chiusura del Paese. Di lì a poco questa fiducia si è dissolta, perché calpestata: precisamente nel momento in cui ho scoperto di essere un cittadino sospettato, sorvegliato, colpevole fino a prova contraria, messo in condizione di dover giustificare ogni gesto pubblico e privato, compiuto in luogo pubblico o privato, militarmente intimidito; nel momento in cui, soprattutto, ho scoperto che come 60 milioni di italiani ero limitato in ogni aspetto della quotidianità da un misto di divieti ambigui e raccomandazioni orali elevate al rango di norme scritte, nel quadro di un inedito sistema normativo-repressivo basato sul "si deve fare così perché si sa"; un quadro definito a colpi di hashtag, di video virali su whatsapp, di dirette facebook, di invettive di opinionisti e conduttori tv, di appelli alla caccia all'uomo come diversivo di stato fatti da uomini dello stato. Si è iniziata a sanzionare l’infrazione di divieti che il legislatore si era dimenticato di scrivere, o che al limite si potevano intravedere in documenti di natura modulistica (non certo legislativa) emessi dal dipartimento di polizia (l'autocertificazione, della cui esistenza e funzione non si trova traccia in alcun decreto). Mi hanno perso definitivamente quando è stato chiaro che l'indiscriminazione di questo regime repressivo basato su una ragnatela di non-norme diventava una atroce discriminazione per tutte le fasce deboli della società, a partire dall'infanzia, dimenticata, oppure ricordata solo per essere additata come colpevole e quindi esposta allo stigma sociale - in assenza di ogni evidenza scientifica, e del tutto ingiustamente e ingiustificatamente (a posteriori possiamo e dobbiamo dirlo, ora che le evidenze e gli studi scientifici ci sono, in abbondanza). Questo mi ha indignato e indotto alla diffidenza e, di lì a poco, al dissenso.