Qualche anno fa – era il 2013 – ho scritto il testo dello spettacolo Medea/Mayday della compagnia
AttoDue - Laboratorio Nove
, da un’idea di Silvano Panichi
, regia di Simona Arrighi
. Un lavoro tragico e doloroso nell’esplorare l’attualità - o l’atemporalità - della tragedia greca, messa brutalmente a reagire con la Storia.Allora fu paradossale, per me, e letteralmente atroce, riflettere sull’uccisione dei figli (con onestà, cioè guardando in faccia l’abisso, senza raccontarmi storie) nei mesi in cui Ramona e io aspettavamo la nostra prima bambina.
Oggi, per motivi diversi, è atroce ripensare a quelle parole sull’assassinio dei figli (che lì erano uccisi per vigliaccheria, ambizione, paura, debolezza, vendetta, pazzia, egoismo, politica), messe in scena con potenza da bravi attori e da una regia sapiente.
Oggi 6 milioni di bambini e ragazzi sono rimasti a casa – di nuovo – perché non sono né “salute”, come i loro nonni, né “economia”, come i loro genitori. Non sono nulla. Un intralcio nei piani della politica che opera "per il nostro bene". Abbandonati e uccisi ancora una volta dai decisori.
Diceva Giasone in quello spettacolo:
“C’era una volta… un aereo che volava lontano nel cielo. E su quell’aereo c’ero io, che mi occupavo dei prigionieri. Erano uomini e donne. Alcuni colpevoli, sì: colpevoli di essersi opposti, di avere protestato. Altri no: erano innocenti. Ma questo faceva parte del gioco. E tra gli incolpevoli rientravano i figli. I nostri figli, Medea.”
Nessun commento:
Posta un commento