blog di Carlo Cuppini

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lunedì 16 agosto 2021

Il punto

Il punto è rimettere al centro del dibattito una riflessione sui principi irrinunciabili e sui paletti giuridici invalicabili; insieme a una analisi dei paradigmi culturali che si annidano nelle soluzioni pragmatiche e, una volta introdotti, tendono a persistere e a farsi strada.

Se, ovviamente, non si può "fare finta di niente", perché la pandemia e l'emergenza ci sono, non si può neanche pensare che sia inutile (o oltraggioso) cercare di comprendere e tenere sotto controllo i nuovi costrutti culturali che dalla gestione dell'emergenza stanno emergendo.

"La scienza non è democratica", ha detto qualcuno. Non lo so: mi sembra una frase provocatoria e senza senso, degna di un personaggio di Lewis Carroll, illogica quanto "il sugo alla puttanesca non è in chiave di Sol".

In compenso, quel che è certo è che la democrazia non è scientifica: non è questione di falso/vero, non è una sequenza di 1 e di 0, non è il risultato di una misurazione, non è un metodo finalizzato a conseguire una conoscenza della realtà sulla base della replicabilità dei risultati: è un metodo che consente di abitare un terreno comune, dove sia possibile confrontarsi costantemente, in modi formali e informali, per progettare insieme la cosa pubblica. 

Per quello che mi riguarda, anche in emergenza, la democrazia e il bisogno di democrazia restano intatti. Se così non fosse, dimentichiamoci pure della democrazia: perché non ci libereremo in tempi brevi dalla (percezione di una possibile) emergenza. Vaccini o non vaccini. Green pass o non green pass. Covid o non covid. Credo che siamo entrati nell'epoca delle emergenze biologiche. E la democrazia va riaffermata, e attualizzata, ora, per il presente e per il futuro: non certo nel senso di ridimensionarla, ma di renderla capace di rispondere alle sfide contemporanee senza perdere la propria natura. Attraverso una riflessione collettiva, onesta, libera dall'emotività e dalla retorica divisiva.

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