Ill.mi
Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica
Mario Draghi, Presidente del Consiglio
Patrizio Bianchi, Ministro dell’Istruzione
Roberto Speranza, Ministro della Salute
Marta Cartabia, Ministro della Giustizia
Franco Frattini, presidente della III sezione del Consiglio di Stato
Giancarlo Coraggio, Presidente della Corte Costituzionale
5 marzo 2020
Prendiamo atto con delusione e frustrazione decisive che, in merito a due aspetti inerenti il tema cruciale della scuola e dei diritti dei minori, il governo in carica ha inteso disattendere gli atti giudiziari emanati dal TAR del Lazio e dal Consiglio di Stato. Parliamo dell'obbligo di mascherina al banco e della sostituzione parziale o totale della scuola in presenza con la didattica a distanza.
Riguardo al primo punto, rileviamo che, con il Dpcm 2 marzo, il governo si è limitato a replicare pedissequamente ambiguità e contraddizioni del dpcm 3 novembre (presenti anche nei due successivi), già segnalate come tali da una cospicua serie di ordinanze, sentenze e decreti dei Tribunali. A seguire, la Nota del Ministero dell’Istruzione del 4 marzo ha confermato che l’interpretazione da dare al dpcm in merito all’uso delle mascherine è quella che dispone l’obbligo di indossare il dispositivo di protezione continuativamente anche al banco; ripetendo quanto affermato dalle Note 5 e 9 novembre rispetto al Dpcm 3 novembre.
E' sconcertante che il governo misconosca il ruolo della magistratura, decidendo di operare in netto contrasto con i provvedimenti giudiziari che hanno definito l’obbligo di mascherina al banco una misura “illegittima”, “irrazionale”, “illogica”, con difetto di motivazione e di istruttoria, e – quel che è più importante in senso sostanziale – possibile fonte di “pericoli” e “ricadute psico-fisiche" per i bambini (segnalati dall’OMS) che “non risultano essere scongiurati”.
I suddetti Tribunali hanno ordinato al governo, attraverso ripetuti remand, di esercitare nuovamente – cioè diversamente – il potere, allo scadere del dpcm 14 gennaio, per emendare la norma relativa all’uso delle mascherine nelle scuole dai vizi formali e sostanziali riscontrati, tanto considerevoli da far ravvisare ai giudici del Tar del Lazio, nell’operato del governo precedente, la figura dell’“eccesso di potere” (sentenza 19 febbraio): una forma di illegittimità – davvero non di poco conto – in cui incorre anche il presente governo, replicando pedissequamente norme e disposizioni già censurate dalla magistratura.
Su un piano extra-giudiziario, di sostanziale tutela dell’infanzia, è impressionante l’indifferenza con cui il governo ignora i numerosi, ripetuti e accorati appelli di molti Garanti per l’Infanzia, che hanno posto insistentemente il tema della salute, della serenità e della piena possibilità di apprendimento dei bambini, potenzialmente messi a rischio dall’obbligo di mascherina al banco, inviando lettere al precedente governo e a quello in carica.
Riguardo alla sostituzione parziale o totale della scuola in presenza con la didattica a distanza il discorso è del tutto analogo.
L’ordinanza del TAR del Lazio n. 1224 (26 febbraio) ha rilevato la mancanza di motivazione nella determinazione/previsione del dpcm 14 gennaio, dichiarando che non risulta “supportata da una analisi dei rilievi epidemiologici orientata a stabilire, specificamente, il ruolo della riapertura delle scuole nella diffusione del contagio all’interno ed all’esterno del plessi scolastici”; e segnalando, per contro, l’assenza di una “indagine finalizzata a verificare se sia possibile implementare misure contingenti straordinarie finalizzate a garantire a tutti gli studenti la frequenza in presenza dell’intero monte ore settimanale”.
Con la suddetta ordinanza il Tribunale ha respinto la domanda cautelare, pur riconoscendone la fondatezza delle motivazioni del ricorso, soltanto per il fatto che l’efficacia del dpcm impugnato sarebbe dovuta cessare entro pochi giorni, il 5 marzo. Cosa che non è accaduta perché il dpcm 2 marzo non solo ha confermato quanto disposto dal precedente su questa materia, ma ha sviluppato la norma esattamente nella direzione opposta rispetto a quella indicata dal Tribunale.
Esprimiamo il nostro sconcerto per un modus operandi omissivo e irriguardoso del diritto al punto da apparire sprezzante e provocatorio.
Non è tollerabile che i Tribunali vengano relegati a un ruolo esornativo e che i provvedimenti giudiziari siano privati di qualunque peso ed efficacia.
Siamo profondamente turbanti dal fatto che artefice di tali comportamenti sia un governo che è nato con un senso e con una missioni precipuamente istituzionali.
Confidiamo tuttavia che il governo non voglia gettare il Paese nella tragedia di un conflitto tra i poteri dello Stato; né che intenda minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, negando loro la possibilità di vedere tutelati i propri diritti nelle sedi istituzionali della giustizia.
Auspichiamo altresì che la Magistratura – a cui va il nostro sostegno – difenda con la massima determinazione il proprio ruolo all’interno dell’assetto democratico dello Stato, esigendo anche da parte del governo il pieno e pronto rispetto dei provvedimenti giudiziari, del dettato costituzionale, della legalità e dei principi che stanno alla base dello stato di diritto.
Pertanto:
1) In merito all’uso delle mascherine al banco attendiamo con la massima urgenza una nota o circolare del governo che annulli la Nota del Ministero dell’Istruzione del 4 marzo e risolva in modo definitivo l’ambiguità contenuta nel dpcm 2 marzo, dichiarando che quanto affermato nell’art. 1 deve essere anteposto a quanto si legge nell’art. 21. Attendiamo conferma del fatto che la dichiarata salvezza dei “protocolli e le linee guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative, sociali” prevale sulla successiva e più generica disposizione che dichiara, nelle scuole, “obbligatorio l’uso di dispositivi di protezione delle vie respiratorie salvo che per i bambini di età inferiore ai sei anni e per i soggetti con patologie”.
Ricordiamo che il verbale 104 del CTS, a cui rimandano le linee guida per l’apertura della scuola (fatte salve dal dpcm 2 marzo, appunto), afferma che “nell’ambito della scuola primaria, per favorire l’apprendimento e lo sviluppo relazionale, la mascherina può essere rimossa in condizione di staticità con il rispetto della distanza di almeno un metro”; e che nella secondaria “la mascherina potrà essere rimossa in condizione di staticità con il rispetto della distanza di almeno un metro in situazione epidemiologica di bassa circolazione del virus.”
2) In merito alla didattica a distanza parziale o totale – disposta per decreto nelle zone rosse e lasciata ampiamente all’arbitrio degli amministratori locali nelle altre zone, con il risultato di gravissime discriminazioni su base territoriale, in assenza di criteri oggettivi e uniformi – chiediamo con estrema forza e urgenza che venga immediatamente modificata la norma e che sia garantita la continuità della didattica in presenza per tutti gli studenti, anteponendo all’opzione della chiusura delle scuole ogni altra misura di contrasto alla diffusione del contagio, e non prescindendo in ogni caso dalla considerazione della situazione epidemiologica all’interno della scuola in generale da una parte, e dei singoli plessi scolastici dall’altra.
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