Lo stabilisce la sentenza del TAR 2102/2021 pubblicata il 19 febbraio.
La misura è “non è in linea con il principio di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente".
Lo stabilisce la sentenza del TAR 2102/2021 pubblicata il 19 febbraio.
La misura è “non è in linea con il principio di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente".
È passato un anno dall’inizio della pandemia.
La discontinuità politica che il Paese oggi sta vivendo sia l’occasione per un radicale cambio di paradigma, nell’evidenza che gli approcci finora adottati si sono rivelati rovinosamente inadeguati, nel metodo e nel merito.
Il necessario rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni è stato gravemente compromesso dalla recente gestione della cosa pubblica ed è urgente ripristinarlo e svilupparlo in modo costruttivo.
Queste sono le proposte e richieste che rivolgiamo al nuovo governo.
Riguardo al metodo chiediamo che:
Da oltre tre mesi i bambini sono costretti a portare per almeno 8 ore al giorno la mascherina, a prescindere dalla situazione epidemiologica locale, e da qualunque considerazione di rischio psico-fisico. Il volto cancellato. L'"interesse superiore del fanciullo" - affermato dalla legge dello Stato 176/1991 - dimenticato. L'ordinanza del TAR del Lazio ordina al governo di "riesaminare la disposizione ... avendo rilevato vizi nell'istruttoria." Un provvedimento molto più soft e vago della precedente ordinanza del 4 dicembre, che costituiva una durissima accusa verso il modus operandi del governo. Il dpcm attualmente in vigore, che tra le altre cose pone l'obbligo di mascherina al banco, scade il 5 marzo. Da come il nuovo governo vorrà recepire l'ordinanza del TAR si capiranno moltissime cose su quello che aspetta tutti noi, e i bambini italiani. In ogni caso, continuiamo a lottare: è necessario fare pressione a ogni livello. Qui il mio articolo sul tema per "Radio Cora", piattaforma di informazione, laboratorio di nuova resistenza, cantiere per l'elaborazione e lo scambio di idee (http://www.radiocora.it/post?pst=39310&cat=news).
Riporto alcuni brani da un'intervista a Piero Sestili, ordinario di Farmacoterapia all’Università di Urbino, autore, con altri scienziati, di una lettera indirizzata la Ministero della Salute il 24 aprile scorso sulla necessità di affrontare i casi di covid con una risposta terapeutica precoce e domiciliare; ideatore di un protocollo di cura simile a quello proposto da Giuseppe Remuzzi, luminare della farmacologia, e alle idee espresse da Giorgio Palù, già presidente della Società di Virologia Europea e da pochi mesi presidente dell’Aifa. L'intervista completa è qui.
Articolo pubblicato su www.radiocora.it
L’anno primo dell’epoca pandemica è stato caratterizzato da un caotico rimescolamento e sovrapporsi di ambiti dell’esistenza e della conoscenza tradizionalmente distinti – ancorché spesso contigui – sui quali ha dominato qualcosa di non ben definito che è stato talvolta identificato – da media, politici, amministratori, commentatori, scienziati – con la locuzione “la scienza”. Mi sembra importante e urgente che si sviluppi una riflessione su questo tema in generale, in senso culturale, e nello specifico dell’attualità che ci riguarda più da vicino. Il mio contributo consiste in una serie di domande e in alcune considerazioni.
DOMANDE: