blog di Carlo Cuppini

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mercoledì 15 maggio 2024

Fare logout

“Per qualche motivo il suo corpo nudo gli ricordò che era scollegato da tutto. Non poteva mandare messaggi agli amici, dare un’occhiata alle notifiche, avviare una diretta per raccontare a tutti quello che stava passando, controllare le notizie che sicuramente stavano girando sul suo conto.
Era una condizione che dava le vertigini. Era come se avesse smesso di esistere ovunque tranne che nel luogo fisico in cui si trovava. Non poteva fare nulla che non fosse interagire con le persone e le cose che erano fisicamente intorno a lui. Logout.” ("Logout", Cap. 19)

Scrivendo questo romanzo mi sono trovato a riflettere, anche grazie a letture e approfondimenti, sulla questione del digitale e di internet nei dispositivi mobili. Oggi la mia opinione è questa: portarsi in tasca la connessione, e usarla come la maggior parte delle persone la usa, significa per la mente ciò che significherebbe per il corpo avere un sacchetto pieno di cibo e buttarsene in bocca una manciata ogni 3-5-10-30 minuti, dal risveglio al momento di andare a letto. Questo sacchetto probabilmente conterrebbe cibi nutrienti e salutari insieme a caramelle, würstel, ketchup, bibite ipercaloriche e schifezze varie. Anche quando volessimo mangiare solo una mandorla o una carota, ogni manciata finirebbe per contenere in qualche misura tutti i cibi presenti nel sacchetto. La forma fisica, il metabolismo e l’intera salute dell’organismo ne subirebbero conseguenze significative.

Credo che dovremmo riconsiderare seriamente gli stili di vita che da una quindicina di anni abbiamo adottato, un po’ per scelta, un po’ per necessità lavorative, un po’ per inerzia o per emulazione – e che stiamo offrendo come esempio ai bambini e agli adolescenti. La domanda che dovremmo porci è: stiamo preservando integra la nostra capacità di concentrarci, di apprendere, di aspettare, di lasciare la mente priva di sollecitazioni esterne, di essere visitati da pensieri originali e inattesi, di ascoltare e comprendere, di avere sete e fame di esperienze e di relazioni fisiche? Oppure queste facoltà, in noi, si stanno modificando, riducendo?

Non credo che si debba o che si possa “tornare indietro”. Ma andare avanti sì, si può, si dovrebbe, con determinazione, verso lo sviluppo di una nuova consapevolezza, praticando nuove e personali - gioiose - forme di autodisciplina, e offrendo ai bambini e ai ragazzi nuovi modelli, e nuovi strumenti per la affrontare la propria crescita, e nuove forme di educazione. Come sempre, dal mio punto di vista, non si tratta di vietare e di togliere (o togliersi), ma di inventare e aggiungere: modalità, strategie, abitudini, significati condivisibili, pieni e vuoti.

Che ne pensate?

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