blog di Carlo Cuppini
giovedì 30 maggio 2024
Matteotti, scomodo
Era ricco, poteva avere una vita agiata e tranquilla: scelse di stare con i reietti e di battersi contro la propria classe di appartenenza. Non solo: scelse di essere minoranza anche nell'opposizione, dissenso all'interno della rivoluzione, spina nel fianco per chi sapeva cosa bisognava pensare e cosa bisognava fare. Lui "non sapeva" cosa bisognava pensare, evidentemente, per stare certificatamene dalla parte giusta: perciò, forse, Gamsci lo definì "pellegrino del nulla".
Fu pacifista quando tutti, anche nell'area socialista, erano guerrafondai. Prese pesci in faccia da destra e da sinistra.
Tra gli antifascisti, non doveva essere il più potente, né il più influente, né il più pericoloso per il governo. Chissà perché ammazzare proprio lui, allora? Perché aveva l'eloquio più audace? Perché cercava la verità più a fondo, senza inseguire i bandoli dell'ideologia? Perché proprio il suo anticonformismo, la sua solitaria determinazione, ha provocato un brivido di terrore nel corpo del dittatore? Non lo so.
Quello che penso oggi è che fa strano vedere che l'intera classe politica italiana si accomoda intorno a questa figura scomoda, che stava scomoda per conto suo, e che costringeva tutti a sentirsi scomodi, a disagio. Oggi pare che tutti si trovino perfettamente a proprio agio nelle celebrazioni ecumeniche di Matteotti. Perfino la Meloni e l'intera combriccola di post-fascisti al governo.
Io, per celebrare Matteotti, voglio mettermi un po' scomodo; voglio attirarmi magari qualcuna di quelle occhiatacce che gli Unanimi riservano ai guastafeste; voglio ricordare una cosa scomoda che stava facendo Matteotti quando è stato ammazzato, che era scomoda allora e secondo me un po' è scomoda anche ora. Tant'è che non l'ho sentita dire da nessuno.
Nel 1924, tra le sua varie attività civiche, tra politica e giornalismo, Giacomo Matteotti stava indagando sulla concessione data dal governo italiano alla Sinclair Oil per le trivellazioni e l'estrazione del petrolio in Italia. Pare che la concessione fosse straordinariamente, esageratamente, ingiustificatamente favorevole alla società petrolifera americana sostenuta dai più grossi gruppi finanziari newyorkesi – Rockfeller & Co – e straordinariamente sfavorevole allo Stato italiano. E questo favoritismo pare derivasse dal pagamento di tangenti al dittatore e ad alcuni gerarchi fascisti.
Nel 1947 la Corte d'Assise ha stabilito che Matteotti non è stato ucciso a causa della sua indagine (la motivazione, invero, è bizzarra: poiché il governo aveva un grande interesse a ucciderlo in quanto antifascista, non poteva volerlo uccidere per motivi d'altra natura, per esempio per impedirgli di svelare un colossale scandalo di corruzione e tangenti internazionali; il concetto di "due piccioni con una fava" non deve essere stato preso in considerazione dai magistrati).
Ma la questione, qui, non è tanto il motivo dell'assassinio: è certo che degli squadristi fascisti hanno agito, e che Mussolini ha rivendicato. Fine.
La questione – e torno alla scomodità, mia, vostra, loro – è che mentre Matteotti si preparava a sacrificare la vita per la verità, e per contrastare Mussolini e il Fascismo, c'erano lobby economiche americane che facevano disinvoltamente, opacamente e sudiciamente, affari con Mussolini e con il Fascismo, di fatto finanziandoli.
Cose analoghe, peraltro, sono accadute anche in seguito, con altri lobbisti, dittatori e regimi per protagonisti. E accade anche ora.
mercoledì 29 maggio 2024
martedì 28 maggio 2024
Servizio di Tele2000 su "Logout"
Registrato in occasione della presentazione a Urbino, Palazzo Ducale, con Milena Scaramucci, organizzazione Libreria Montefeltro Libri.
lunedì 27 maggio 2024
Recensione di "Logout" di Luigi Balsamini per la rivista "Malamente"
Grazie. Viva la libertà.
https://rivista.edizionimalamente.it/2024/05/27/recensione-a-carlo-cuppini-logout-marcos-y-marcos-2024/
«La libertà non è incoscienza. La libertà è dentro casa». Vi ricorda qualcosa?
Nella città di Sbafo, dove abita Luca – protagonista dodicenne di questo romanzo di Carlo Cuppini – non c’è nulla fuori posto. Anzi, non c’è proprio nulla fuori, perché i suoi abitanti non hanno né motivo né intenzione di uscire di casa. Troppe le insidie in agguato all’esterno. Le mura domestiche sono il Sesamo, che offre «serenità, salute, sicurezza, soluzioni», là fuori c’è il Baratro, costituito da «pericoli, incidenti, malattie, terroristi e imprevisti». E poi, dentro la casa ipertecnologica non manca davvero nulla. Le deserte strade di Sbafo, perfettamente allineate, sono percorse avanti e indietro da droni e furgoni robotici, che consegnano a domicilio tutto ciò di cui si può aver bisogno: la mega-azienda TuttoPer ha a cuore i suoi consumatori e può soddisfare in tempi rapidissimi qualsiasi necessità, basta un clic. Ancora: vi ricorda qualcosa?
Scorrendo le pagine di Logout tutto appare a prima vista così spiazzante, eppure è stato (è?, sarà?) realmente. Siamo passati in qualcosa di simile, non troppo tempo fa, anche se abbiamo la curiosa tendenza a scordarcelo.
La scuola di Luca, ad esempio, è sempre “didattica a distanza”. Anche se in Malsazia (lo stato di cui Sbafo è la capitale) non si chiama così ma è semplicemente la scuola tout court, perché essendo l’unica possibile modalità di didattica non ha più bisogno di ulteriori qualificazioni. È, insomma, la famigerata DAD che abbiamo conosciuto nel mondo reale, gestita dall’ente benefico Google, con i compagni di classe ridotti a quadratini incorniciati sullo schermo. Le materie in Malsazia, però, sono geniali: Statistica dei pericoli, Cautele per tutte le stagioni, Precetti generali di prevenzione.
Le attività sportive, manco a dirlo, si fanno da casa. Così come le gite sono viaggi in un altrove virtuale. Le fa Luca, con la sua famiglia, e le hanno disgraziatamente fatte molte classi scolastiche negli anni 2020 e 2021. Ci ricordiamo anche questo – vero? – anche se forse sarebbe più comodo rimuovere tale oscenità dalla memoria collettiva. Tra i principali promotori di quella nuova esperienza sensoriale si era distinta un’azienda con sede nella stessa città di origine dell’autore di Logout: la DIGIT srl di Urbino. Lo spin-off universitario non era nuovo allo sviluppo di soluzioni tecnologiche volte ad asservire la complessità umana alla fredda logica degli algoritmi (ce ne eravamo già occupati sulle pagine di questa Rivista parlando del loro progetto di credito sociale de noialtri: i WOM). La trovata gentilmente offerta alle scuole per organizzare gite in tutta sicurezza si chiamava CodyTrip e consisteva nel piazzare gli studenti davanti a un proiettore interattivo per simulare con loro ogni aspetto della giornata: dal viaggio in autobus, alla visita museale, al pernottamento in albergo. Non dimentichiamo, ma passiamo oltre.
Dicevamo del credito sociale: altra distopia contemporanea che Cuppini non manca di trasporre nel romanzo. È il Classifica Show, ovvero un giocoso sistema di disciplinamento che assegna o sottrae punti nella classifica della vita. Hai aiutato il tuo domobot a pulire le finestre? Più sette punti. Ti sei lavato male i denti? Meno tre punti. Fai acquisti in abbondanza scegliendo le merci giuste? Il tuo punteggio aumenta, guadagni reputazione e puoi scalare la classifica sociale. Alla fine dei conti, ci penserà l’Intelligenza artificiale ad assegnare a ciascuno il posto che merita nella società.
Nel mondo rovesciato non c’è bisogno di coercizione, non ci sono vigilanti che pattugliano le strade, perché tutto è stato introiettato così bene e così profondamente da aver azzerato anche l’immaginazione di possibili alternative e, pertanto, non resta che arrendersi felicemente allo stato di cose: difensori e vittime, allo stesso tempo, dell’organizzazione sociale.
Comfort potrebbe essere la parola chiave che caratterizza la popolazione di Sbafo, ma fuori dalla fiction è anche uno dei tratti peculiari della moderna umanità, perlomeno di quella del privilegio occidentale. Comodità, tranquillità ed esasperante sicurezza al prezzo della completa dipendenza dal macchinario e sia quel che sia se l’agio di pochi è insostenibile per il pianeta. Se il mondo di plastica e transistor della Malsazia può esistere e prosperare è perché ci sono schiere di lavoratori sottopagati (e anche qualcosa di peggio…) che ne reggono le fondamenta e c’è un altro paese, la Poverania, depredato di materie prime e forza lavoro. Intanto, nel mondo amministrato dalla tecnologia è sempre primavera, perfino fuor di metafora: in caso di maltempo le finestre-schermo della casa di Luca sostituiscono la visione non mediata dell’esterno con la sua riproduzione digitale ambientata in una bella giornata di sole.
La prima parte di Logout è questo incubo gentile, dove tutto è ordine e armonia. Il problema, l’incrinatura sulla superficie levigata, sono le scorie di umanità che si ostinano a minacciare la perfezione tecnica: «Io sono solo un essere umano» dice a un certo punto Luca, come a doversi scusare. Brandelli di umanità sono ancora presenti al di fuori di Sbafo, nel selvatico, là dove può capitare di imbattersi in «segni di vita vera», con il rischio di sbucciarsi le ginocchia. Per raggiungere questo residuo di mondo antico bisogna superare le alte mura del Quartiere Morto, che come il Muro Verde di Noi (Evgenij Zamjatin) divide il mondo della perfezione matematica dal regno dell’imprevisto, di qua il conformismo e la rassegnazione, di là il libero pensiero e la speranza.
La storia narrata in Logout rispecchia il nostro tempo di transizione. Sebbene l’innovazione tecnologica e digitale stia portando avanti a grande velocità una completa trasfigurazione del mondo e delle relazioni umane, la nostra generazione di mezzo conserva ancora il ricordo della vita analogica e ipotecnologica. Nel romanzo è un pallone da basket – ricordo del nonno ancora umano di Luca, quello strano tipo che acquistava cibo vero al mercato e non aveva l’erba sintetica sul prato di casa – a rappresentare il trait d’union tra i due mondi.
In ogni caso, dopo il coraggio di fare logout, di fronte a Luca si apre un mare di avventure, finalmente reali, che si susseguono per tutta la seconda parte del romanzo, dandogli ritmo, suspense e godibilità. Perché Logoutnon è per nulla un mattone distopico, ma una bella storia di ragazzi e d’amicizia, di scelte importanti e di una vita che va affrontata, anche a costo di rischiare qualcosa. Da leggere col fiato sospeso. Il finale è a sorpresa e non possiamo svelarlo, ma anticipiamo che è pieno di speranza. Aperto alla possibilità. Fa sorridere e riempie il cuore, che non guasta mai.
Logout è un libro per tutte le età – per ragazzi/e e per adulti – adatto a tutti e tutte. È una lettura simpatica, leggera, che però, a chi li vuol cogliere, offre senza forzature preziosi spunti per interrogarsi sul presente. Nello specifico, sollecita e fa risuonare le corde della nostra riflessione: è una buona lettura per noi che siamo contro il dominio della macchina e contro il sacro trasferito alla tecnica, noi che sappiamo che quel che nasce poi muore, noi che non crediamo che la natura sia fascista, che denunciamo il delirio di onnipotenza armato dai mezzi della tecnoscienza, che preferiamo il rischio nella libertà alla sicurezza nel controllo, per noi che – animali politici – stiamo dalla parte del vivente contro una confortevole artificializzazione che lo avvilisce e distrugge.
lunedì 20 maggio 2024
Per le api
Luca fece uno sforzo enorme per restare calmo e dopo qualche minuto dovette riconoscere che era vero: le api gli volavano intorno senza fare minimamente caso a lui. Perfino mentre Adrika martellava le loro casette per rinforzarle quelle continuarono a occuparsi degli affari loro.
Luca scoprì che Caterina si guadagnava da vivere producendo miele e vendendolo nei mercati contadini ai margini di Sbafo. Li frequentavano i pochi che non vivevano nella capitale, per lo più ribelli o persone che avevano qualche problema con la giustizia, oppure disadattati, o folli…
Da Logout, Marcos y Marcos, cap. 21 "Cosa significa uccidere".
giovedì 16 maggio 2024
Il momento della riconoscenza
Grazie a Ramona e ai nostri figli Maia ed Enea, per avermi sostenuto e sopportato sempre, e aspettato senza farmi pesare la mia assenza, per tutto il periodo della lavorazione di “Logout”. E per avere letto le prime stesure dandomi i primissimi, preziosissimi riscontri.
A Claudia Tarolo, editrice ed editor acutissima, esigente, paziente, straordinaria, che ha scelto di pubblicare il libro e mi ha accompagnato, con una messe di osservazioni minuziose e fondate, nelle fasi di revisione. Senza di lei il romanzo sarebbe rimasto una mela acerba.
A Marco Zapparoli, editore geniale, signorile e spiritoso, che sta curando la vita del libro fuori dalle scatole in modo spiritoso, signorile e geniale.
A Roberta Solari, che con infaticabile professionalità bada agli eventi e ai rapporti con la stampa, fa la comunicazione della casa editrice e un mucchio di altre cose indispensabili.
A Silvia Viganò, che si è occupata con meticolosa premura della parte redazionale, stanando refusi, incongruenze e storture.
E a tutte le altre collaboratrici e collaboratori della casa editrice Marcos y Marcos.
Ad Alice Barberini, che ha disegnato la copertina, interpretando con sensibilità la strada piena di incognite, ostacoli e ricompense che Luca deve percorrere a passo d’uomo, anzi di ragazzino.
A tutti coloro che hanno letto il libro prima che uscisse - bambini, adolescenti e adulti - offrendomi le loro impressioni - sapete quanto è importante.
A quelli che dopo la lettura mi mandano messaggi per raccontarmi "come è andata". Se scriverò un altro libro, sarà perché lo dovrò scrivere, certamente; ma sarà anche perché tante parole ricevute mi aiuteranno a trovare la dedizione, il tempo, la perseveranza, l’isolamento, la forza che occorrono.
A chi sta alimentando il passaparola - vitale per un libro come questo! – consigliando il libro agli amici, regalandolo a una nipote, scrivendone sui social, lasciando una recensione su un sito di acquisti on-line...
Alle libraie e ai librai che ordinano, espongono, consigliano il libro, e magari lo suggeriscono ai gruppi di lettura e alle scuole che a loro si rivolgono.
Alle ragazze e ai ragazzi a cui questo libro, e il messaggio segreto che contiene, sono rivolti. Comprese le ragazze e i ragazzi che continuano a vivere, sotto qualche strato di vita, dentro tutti noi, diventati adulti.
...a tutte e tutti voi, grazie di cuore.
Ah… aspetta! C'è ancora un ringraziamento: ai signori Zucabezzo e alle signore Novemmezzo, ai Generali Spellavanti e ai Capitani Raspot, alle professoresse Triboli Trek e agli influencer Lollifard e Rigatoni… Grazie per avere popolato i miei sogni e i miei incubi finendo per suggerirmi questa storia, e per esservici fatti trascinare dentro!
mercoledì 15 maggio 2024
“Un titolo in inglese? Vade retro!”
Non amo l’abuso degli anglicismi dove ci siano alternative nostrane equivalenti, tant’è che nel libro ne ho fatto un uso perfino inferiore rispetto a quello che si farebbe discorrendo comunemente di certi temi. Per dare alla storia un’aura di atemporalità un po’ fiabesca e, per esempio, i miei personaggi dicono “Segnale” invece di “Internet”, e “a distanza” invece di “on-line”. Però dicono “computer”, “influencer” e “social”. Al posto dei “like”, tuttavia, in Malsazia ci sono i “baciot”, e i “tablet” vengono chiamati “tavolette”. La stessa società malsaziana è sensibile alle questioni linguistiche e all’etimologia: al punto che il nome della capitale, Sbafo, proviene da un termine dell’antica lingua birbana, “sbaaf”, e a scuola, tra le varie materie, si studia “Storia dei codici linguistici”. Insomma, ho fatto un po’ come mi pareva, o meglio, ho assecondato le esigenze del racconto, della sua coerenza interna. E, come sempre, ho giocato con le parole, divertendomi a volte a usarle per fare il gioco delle tre carte sotto gli occhi del lettore.
Tornando al titolo "Logout", dopo avere visto la copertina di Alice Barberini che lo inscrive graficamente nell’ombra del piede di Luca, proiettato in avanti verso le conseguenze ignote della sua ribellione, e trasforma le "o" nel tasto acceso/spento (per non dire "power"...), sono stato ancora più convinto di avere scelto bene.
Aggiungo – a beneficio di chi avesse una particolare e insopprimibile insofferenza verso l'uso di termini inglesi – la risposta che ho dato a un amico (appena un po’ rimaneggiata):
Pensa che nel cassetto ho racconti intitolati:
- “Paccottiglia"
- “Il walzer dell’hashish”
- “Lo zar sul water"
- “La guerriglia del karaoke“
- ”Il mio camion marrone”
- “La cosca della matriosca”
- “Pigiama flop"
- "Guano nel barbecue"
- “Due bunker per un detective”
- "Baraonda blues”
- "Il ghota degli emoji”
- "Microchip flambé"
- "Internet gulag"
- “L’album dei killer"
- “Horror senza suspance"
- "Cin cin!"
Le uniche parole “italiane” che compongono questi titoli (immaginari, evidentemente) sono gli articoli e le preposizioni. Le altre, “crude” o adattate, sono parole slave, russe, arabe, inglesi, francesi, spagnole, latine, dei popoli nativi americani Quechua e Tainos, giapponesi, cinesi, tedesche, persiane, siciliane.
Per concludere, confesso di essere affiliato alla Società di tutte le lingue – vive, morte, moribonde, nasciture, terrestri, aliene, reali e immaginarie – che mi permettono di esprimermi come mi va, senza paura di perdere l’identità.
Prosit!
Fare logout
Era una condizione che dava le vertigini. Era come se avesse smesso di esistere ovunque tranne che nel luogo fisico in cui si trovava. Non poteva fare nulla che non fosse interagire con le persone e le cose che erano fisicamente intorno a lui. Logout.” ("Logout", Cap. 19)
Scrivendo questo romanzo mi sono trovato a riflettere, anche grazie a letture e approfondimenti, sulla questione del digitale e di internet nei dispositivi mobili. Oggi la mia opinione è questa: portarsi in tasca la connessione, e usarla come la maggior parte delle persone la usa, significa per la mente ciò che significherebbe per il corpo avere un sacchetto pieno di cibo e buttarsene in bocca una manciata ogni 3-5-10-30 minuti, dal risveglio al momento di andare a letto. Questo sacchetto probabilmente conterrebbe cibi nutrienti e salutari insieme a caramelle, würstel, ketchup, bibite ipercaloriche e schifezze varie. Anche quando volessimo mangiare solo una mandorla o una carota, ogni manciata finirebbe per contenere in qualche misura tutti i cibi presenti nel sacchetto. La forma fisica, il metabolismo e l’intera salute dell’organismo ne subirebbero conseguenze significative.
Credo che dovremmo riconsiderare seriamente gli stili di vita che da una quindicina di anni abbiamo adottato, un po’ per scelta, un po’ per necessità lavorative, un po’ per inerzia o per emulazione – e che stiamo offrendo come esempio ai bambini e agli adolescenti. La domanda che dovremmo porci è: stiamo preservando integra la nostra capacità di concentrarci, di apprendere, di aspettare, di lasciare la mente priva di sollecitazioni esterne, di essere visitati da pensieri originali e inattesi, di ascoltare e comprendere, di avere sete e fame di esperienze e di relazioni fisiche? Oppure queste facoltà, in noi, si stanno modificando, riducendo?
Non credo che si debba o che si possa “tornare indietro”. Ma andare avanti sì, si può, si dovrebbe, con determinazione, verso lo sviluppo di una nuova consapevolezza, praticando nuove e personali - gioiose - forme di autodisciplina, e offrendo ai bambini e ai ragazzi nuovi modelli, e nuovi strumenti per la affrontare la propria crescita, e nuove forme di educazione. Come sempre, dal mio punto di vista, non si tratta di vietare e di togliere (o togliersi), ma di inventare e aggiungere: modalità, strategie, abitudini, significati condivisibili, pieni e vuoti.
Che ne pensate?
domenica 12 maggio 2024
"La meraviglia è possibile" - Logout al Salone del Libro di Torino
"Logout" al Salone del Libro di Torino
venerdì 10 maggio 2024
I giorni di "Logout"
Non ci avevo pensato fino a ieri, quando ho presentato il libro alle ragazze e ai ragazzi delle scuole medie, ma questi sono proprio i giorni di Logout. Nel senso che la vicenda narrata si svolge in un arco temporale che va dall'8 al 13 maggio di un anno imprecisato di un prossimo futuro. (C'è un indizio nel primo capitolo, per chi non volesse restare nella vaghezza: quell'8 maggio è domenica).
giovedì 9 maggio 2024
Logout al Salone del Libro di Torino
Ma poi – bandendo la pesantezza, il moralismo e il pessimismo – torniamo a tuffarci nel libro, dove la fantasia si scatena, e vince, e un altro mondo è possibile, e gli anziani hanno qualcosa da insegnare ai ragazzini, e i bambini e i ragazzini hanno qualcosa da ricordare agli anziani. Perché la fantasia di per sé è ottimismo, è creazione, è gioia. È fiducia in tutte le possibilità a cui possiamo dare attuazione, con un pizzico di coraggio, di ingegno, di irriverenza e di collaborazione. La fantasia è già relazione, voglia di raccontare e di ascoltare.
mercoledì 8 maggio 2024
Logout: l'avventura
40 carte. Sul lato blu è presentato un personaggio; su quello giallo c’è il titolo di un capitolo e una frase emblematica, e anche una sfida. Perché “Logout” è anche queste domande: cosa comporta vivere con internet in tasca, negli occhi, nella mente? E come si potrebbe vivrebbe, oggi, per un minuto, un’ora, un giorno, senza connessione, se fosse necessario? Queste sfide lo rendono necessario, in modo giocoso.
Stendo sul tavolino Luca, Linda, Caya, Melina. Mi faccio scorrere tra le dita Adrika, Caterina, Taddeo e Geranio, e poi i genitori di Luca Donaldo e Doriana. Sposto con la massima cautela il terribile Giaffo Zucabezzo, la più terribile moglie Marca Novemmezzo, il cavernicolo generale Derentano Spellavanti. Sorrido sfiorando Nyx, Doddi, Erika...
E poi sento un brivido occhieggiando la carta del Quartiere Morto, con quella brutale e gratuita aggressione, e sghignazzo voltando sul tavolino La cricca nello spazio, dove qualcuno ha quello che si merita.
Mi sa che domattina arriverò del tutto impreparato. Guarderò per qualche istante i ragazzini e le ragazzine e comincerò a parlare con loro. Di avventura. Dell’avventura di Luca, e Adrika, e Geranio. E delle loro avventure. Perché questo libro in fondo non parla d’altro: di avventura, cioè della nostra risposta al richiamo della vita, che ci vuole fuori dal guscio, fuori dai comfort, fuori dalle certezze e dai luoghi comuni, magari nel fango, magari a mollo nel guado, gettati in mezzo ai rischi, agli imprevisti, alle relazioni, con la forza delle esperienze reali, in una bellezza abbacinante, a volte crudele. Senza perdere il segreto del proprio nome.
martedì 7 maggio 2024
"Logout: una fiaba distopica e attuale", di Enrico Macioci
Perlomeno dal covid in poi, viviamo dentro un mondo evidentemente e fortemente distopico, al punto tale che la storia narrata da Cuppini potrebbe somigliare a un futuro più che prossimo, appena dietro l'angolo. Ci sono tutti i temi cari allo scrittore: la differenza fra realtà e verità, il contrasto fra prosa e poesia della vita, l'ambiguità che può confondere ciò che opprime da ciò che salva, le sacche di un umanesimo da reinventare e custodire, il gusto puro e semplice per l'avventura. E c'è una grande fantasia, capace di trasformare in narrazione gli aspetti per molti versi grotteschi della deriva tecnocratica in atto.
A metà fra Esopo e Huxley, e con un goccio di Huckleberry Finn, Logout è una lettura per madri e figlie, padri e figli; un manuale di sopravvivenza dell'umano che mescola con tatto satira e tragicommedia, fino a mostrarci con chiarezza che il Baratro e il Sesamo, ovvero le due rigide e illusorie alternative proposte nel regno di Malsazia, esistono innanzi tutto dentro di noi, è da lì che traggono nutrimento, ed è lì che possono esaurirsi, lasciando il posto a una consapevolezza più matura, che è poi la nostra unica fondata speranza.
giovedì 2 maggio 2024
"Logout": recensione di Giovanni Agnoloni su "La poesia e lo spirito"
"(...) È qui che Logout diventa un romanzo di formazione a pieno titolo, perché affronta con grande efficacia il tema dell’uscita dal bozzolo della sicurezza – sia pur non legata al tepore della casa e dell’infanzia come dimensione infantile “di partenza” (che era più una caratteristica de Il mistero delle meraviglie scomparse), ma a regole imposte da fuori, dai “grandi” indottrinati da un sistema che, con la scusa del pensare al “loro bene”, li isola e strumentalizza ai propri fini di lucro. Da qui si deve uscire, e uscire significa precisamente rendersi conto che il Baratro, ovvero la vita con le sue incertezze, è in realtà molto migliore di quella prigione dorata che viene chiamata Sesamo. In essa ci sono molteplici strade e luoghi, tanta natura e innumerevoli avventure, amicizie e amori in erba. Tutto questo Luca si troverà a vivere a partire da quel momento, in un crescendo ragionato e articolato in cui l’architettura dell’ottima costruzione narrativa farà emergere con sempre maggior chiarezza la natura anche politica di quest’opera, oltre a uno stile divertente, ironico e insieme capace di sollecitare le sfere più intime della sensibilità di ognuno di noi.
Per rifarmi ancora a Carlo Collodi, Luca è un Pinocchio aggiornato ai nostri tempi, che attraverso la sua avventura, poi tramutata in vera e propria missione per la salvezza dei più sfortunati e sfruttati del popolo di Birbania, ricorda e grida al mondo di essere fatto di carne, e non di software, codici binari e altre dimensioni puramente artificiali quali quelle che reggono l’universo malsaziano. Ma, insieme, è anche il bambino-uomo che fuoriesce dalla caverna platonica delle false credenze per aprirsi alla luce del mondo e, pur correndo dei rischi, salvare chi è ancora prigioniero – ivi compresi coloro che non cessano di inneggiare alla bellezza del sistema voluto da Giaffo Zucabezzo."
Qui la recensione integrale.
mercoledì 1 maggio 2024
"Logout: ci vuole coraggio per vivere a Sbafo" recensione di Paolo Gualandris
Recensione e intervista di "Logout" di Paolo Gualandris – che ringrazio per la lettura approfondita del romanzo e per la piacevole conversazione – per "La Provincia di Cremona"
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Quello di Sbafo, capitale della Malsazia, è un mondo che sta stretto a Luca, 12enne obbediente fuori, un po’ insofferente dentro. E come potrebbe essere diversamente? Uscire di casa è vietato dal governo se non per andare a riverire il gran capo Giaffo Zucabezzo, i pochi che lo fanno considerati terroristi e perseguitati; le lezioni di scuola sono online e gli amici puoi abbracciarli fisicamente solo una volta all’anno; le gite sono virtuali, si entra in una macchina che resta chiusa in garage e un video proietta la strada sui vetri; dalle finestre di casa solo panorami filmati; si vive nella propria stanza e ci si incontra con mamma e papà solo per andare a tavola, dove peraltro si mangia cibo sintetico; la vita quotidiana è guidata da Linda, tata virtuale tuttofare e protettiva, ma soprattutto occhio elettronico del potere costituito; ogni desiderio viene esaudito in pochi istanti da consegne robotizzate della ditta TuttoPer, ovviamente di proprietà del Zucabezzo.
Luca non è un ribelle, vorrebbe solo recuperare il pallone da basket regalatogli in punto di morte da nonno Taddeo, l’unico che aveva avuto il coraggio di sfidare il sistema portando il nipote in giro per davvero con la sua vecchia auto e giocando fisicamente con lui. È lì a due passi, in giardino da tempo, ma non può recuperarlo perché uscendo sarebbe aggredito dai virus, come assicura il regime. Il babbo gli dice sempre che lo prenderanno domani, ma domani non arriva mai. Finché non accadono cose che potrebbero ribaltare la situazione. Arriva, nascosto nell’imballo di una SuperSorpresa, un messaggio in codice scritto a mano. Qualcuno lo cerca, lo sta chiamando, ma per rispondere all’appello Luca dovrà scollegarsi da tutto e uscire nel mondo. Quello vero. Stanti queste premesse, non poteva che intitolarsi ‘Logout’ il romanzo di Carlo Cuppini che narra di una società distopica forse meno lontana da noi di quanto si pensi. Un romanzo di avventura capace di appassionare il lettore, catturarlo e farlo riflettere.
(...)
La Malsazia è uno stato ricco, nato dalla divisione della penisola di Birbania: di qui tecnologia e benessere, di là la Poverania, che come dice il nome stesso è la terra dei paria.
«Avevo bisogno di inventare un luogo dell’immaginazione dove potessero accadere cose singolari, un Paese con leggi e consuetudini bizzarre. Una terra per certi versi nemmeno troppo dissimile da una penisola che conosciamo bene, perché ci abitiamo. Ma non volevo fare una caricatura dell’Italia, volevo creare un concentrato parossistico di alcune caratteristiche del mondo in cui viviamo: quello post colonialista, della globalizzazione, dove c’è un primo mondo che sta bene, per meriti propri, certamente, ma anche grazie al 'contributo' che estorce agli altri, attraverso rapacità, deprivazione e ricatti economici».
(...)
Articolo integrale:
Primo Maggio
Non lo so. Mi pare che tutto questo sia rimasto molto incompiuto, e che a un certo punto – complici le forze politiche "del lavoro" (centrosinistra e sindacati) – abbia preso ad andare esattamente al contrario, dalla formalizzazione del lavoro precario alla fine degli anni Novanta in poi. Per non parlare di quello che vediamo se alziamo lo sguardo per abbracciare con un'occhiata la dimensione del mondo globalizzato... Dove quello che rimane nel nostro potere di acquisto - dopo la rapina definitiva da parte delle classi alte - si nutre di carne umana (delocalizzata, però).
In ogni caso, in questa giornata non posso evitare di pensare che oggi chi si intesta il diritto di parlare con orgoglio di tutela del lavoro, il 14 gennaio 2022 non si è sentito chiamare in causa da questa nota di Amnesty International (che ha avuto ben poca visibilità sui media, in effetti).
In ogni caso, Amnesty International Italia CHIEDE che siano previste misure alternative – come l’uso di dispositivi di protezione e di test Covid-19 – per PERMETTERE ANCHE ALLA POPOLAZIONE NON VACCINATA DI CONTINUARE A SVOLGERE IL PROPRIO LAVORO E DI UTILIZZARE I MEZZI DI TRASPORTO,SENZA DISCRIMINAZIONI."
Non mi risulta che chi oggi guida le celebrazioni del Primo Maggio - dai cantanti sul palco romano ai leader del sindacato al Presidente della Repubblica - abbia commentato questa richiesta, anche solo per argomentare il rifiuto di accettarla. O che abbia preso posizione quando, rimossa la misura del green pass, il Ministro dell'Istruzione Bianchi - appartenente al centrosinistra - affermava che non era opportuno reintegrare nelle classi gli insegnanti non vaccinati perché sarebbe stato "diseducativo".
Qualcuno recentemente ha avuto il coraggio di tornare su questi temi con approccio critico: Loredana Lipperini, Susanna Tamaro, Enrico Macioci. Finché non sentiremo tutti la necessità di ragionare su quella stagione, con il coraggio e l'onestà dell'autocritica, parlare di diritti nelle feste comandate, per me è come essere buoni a Natale.