blog di Carlo Cuppini

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giovedì 28 maggio 2020

FASE 2: 50 INCRINATURE DELLA NARRAZIONE DOMINANTE

Articolo pubblicato sul blog Gli Imperdonabili
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Dove imperversi una narrazione unica tesa a convalidare politiche governative devastanti, c’è bisogno prima di tutto di controstorie. L’attività che trova e diffonde queste "storie" si può chiamare controinformazione o, più semplicemente, e forse più appropriatamente, resistenza democratica. Il rischio è smarrirsi nei meandri del complottismo - certo, lo dico subito - che non è altro che l’altra faccia della narrazione unica, perfettamente speculare a essa, a essa funzionale in quanto utilizzabile per delegittimare ogni forma di dissenso, e appunto, ogni controstoria. Tanto più che, mancando in questa epoca strumenti qualificati di seria e sistematica critica al potere, il fai-da-te è l'unica strada. Chiarito subito questo punto, andiamo avanti con gli strumenti a disposizione, a partire dall'esercizio del pensiero critico e dell'intelligenza.
Prima di procedere con i 50 punti, voglio però attestare l’esistenza, o meglio, l’imposizione, di un "pensiero unico", o “narrazione dominante”, attraverso due citazioni importanti: perché oggi sappiamo bene tutti che c’è stata, e che c’è, una "narrazione dominante" (a parte gli ingenui e i malintenzionati), ma tra sei mesi o un anno potremmo essercene dimenticati: vuoi per non sentirci cretini, visti gli sviluppi che sta prendendo la vicenda covid - i quali, di per sé, contraddicono i pilastri della narrazione suddetta; vuoi per avere interiorizzato, alla lunga, l'evoluzione della propaganda in qualcosa di più sottile e impalpabile, ma di altrettanto efficace e perfino più pervasivo. Riporto dunque i pareri non di qualche professionista del sospetto e della critica al potere, ma di due giuristi e di un virologo ampiamente stimato e "al di sopra di ogni sospetto".


mercoledì 27 maggio 2020

FASE 1: STERMINIO DI MASSA E MUTAZIONE ANTROPOLOGICA

Articolo pubblicato su Gli imperdonabili
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Sono passati due mesi e mezzo dal mio primo post su questo blog sul tema Covid (9 marzo, l'alba del lockdown). Tutto quello che ho scritto a livello di propositi in quel testo resta per me valido. Solo che quell'impegno personale che invocavo ha nel frattempo preso il segno di un impegno antigovernativo: quello che è cambiato è il rapporto mio (in quanto cittadino convintamente democratico), con le autorità politiche, con quelle sanitarie legate al governo, e con i media. Il 9 marzo avevo fiducia in questi soggetti e invitavo a rispettare alla lettera quanto venisse detto loro (lo noti chi volesse imputarmi un'opposizione ideologica e pregiudiziale a questo governo; aggiungo che un governo 5S-Pd, realmente popolare, lo aspettavo da 7 anni). Mi ha sconvolto, ma non mi ha indignato o preoccupato politicamente, la chiusura del Paese. Di lì a poco questa fiducia si è dissolta, perché calpestata: precisamente nel momento in cui ho scoperto di essere un cittadino sospettato, sorvegliato, colpevole fino a prova contraria, messo in condizione di dover giustificare ogni gesto pubblico e privato, compiuto in luogo pubblico o privato, militarmente intimidito; nel momento in cui, soprattutto, ho scoperto che come 60 milioni di italiani ero limitato in ogni aspetto della quotidianità da un misto di divieti ambigui e raccomandazioni orali elevate al rango di norme scritte, nel quadro di un inedito sistema normativo-repressivo basato sul "si deve fare così perché si sa"; un quadro definito a colpi di hashtag, di video virali su whatsapp, di dirette facebook, di invettive di opinionisti e conduttori tv, di appelli alla caccia all'uomo come diversivo di stato fatti da uomini dello stato. Si è iniziata a sanzionare l’infrazione di divieti che il legislatore si era dimenticato di scrivere, o che al limite si potevano intravedere in documenti di natura modulistica (non certo legislativa) emessi dal dipartimento di polizia (l'autocertificazione, della cui esistenza e funzione non si trova traccia in alcun decreto). Mi hanno perso definitivamente quando è stato chiaro che l'indiscriminazione di questo regime repressivo basato su una ragnatela di non-norme diventava una atroce discriminazione per tutte le fasce deboli della società, a partire dall'infanzia, dimenticata, oppure ricordata solo per essere additata come colpevole e quindi esposta allo stigma sociale - in assenza di ogni evidenza scientifica, e del tutto ingiustamente e ingiustificatamente (a posteriori possiamo e dobbiamo dirlo, ora che le evidenze e gli studi scientifici ci sono, in abbondanza). Questo mi ha indignato e indotto alla diffidenza e, di lì a poco, al dissenso.