Dichiaro che non prenderò il green pass.
Non lo prenderò:
- indipendentemente dal fatto che io possa avere o meno i requisiti per ottenerlo;
- indipendentemente dalla sua eventuale efficacia epidemiologica;
- indipendentemente dai costi - materiali e psicologici - che questa scelta potrà significare per me, per la mia famiglia, per i miei figli;
- indipendentemente dal numero di persone che faranno una scelta analoga.
Ho riflettuto a lungo, a fondo, su ogni aspetto: questa è la mia decisione.
Non è una scelta "eroica": al contrario, la faccio sentendomi lacerato, spaventato, solo. Vorrei non dover scegliere niente, e svegliarmi da questo incubo domani: in un Paese che non si sognerebbe mai di poter rilasciare i diritti "ad personam"; in un Paese che cercherebbe di risolvere i problemi collettivi, di qualunque entità e natura, in qualunque modo tranne che in questo.
Ma delle ragioni che mi hanno portato a questa decisione ho già parlato, e non intendo tornarci qui.
Delle battaglie politiche e legali che sto preparando insieme ad alcune persone consentanee avrete presto notizie. Come già per altre questioni nei mesi scorsi (si trattava del benessere e della dignità dell'infanzia, in quei casi) farò tutto ciò che mi sarà possibile per dare un contributo.
Anche il green pass riguarda l'infanzia. Anche l'infanzia: adolescenti, ragazzini, minorenni, forzati a prendere una "libera" decisione, pena l'esclusione dalla vita sociale, lo stigma, il marchio di "persona immorale". Una decisione che se vivessero in altri Paesi, l'Inghilterra o la Norvegia per esempio, non sarebbero nemmeno autorizzati a prendere, a loro tutela.
A breve questo sarà esteso anche ai bambini.
Ma questo trattamento riservato all'infanzia è "solamente" una catastrofe all'interno di ciò che è di per sé intollerabile.
Condurremo una battaglia con tutte le nostre forze, con tutti coloro che vorranno partecipare. Ma neanche di questo voglio parlare ora.
Viviamo tutti un momento drammatico. Tutti: vaccinati, vaccinandi, variamente esitanti, refrattari. Perché in gioco non ci sono le "egoistiche libertà individuali" di una parte della popolazione, ma il diritto: cioè la libertà e la dignità collettive di un popolo, di una nazione, compresa la parte che può beneficiare dei diritti “rilasciati”.
La mia libertà non finisce dove inizia la tua: la mia libertà finisce dove finisce la tua.
Rinuncio alle mie "egoistiche libertà individuali" per poter rivendicare QUESTA libertà: la libertà che se non è di tutti non è di nessuno.
Da parte mia, ho comprensione e rispetto per qualunque decisione verrà presa da chi sia cosciente di qual è la posta in gioco. Ognuno sa per sé cosa può sacrificare, quale prezzo non è disposto a pagare. In queste ore ascolto le voci di genitori distrutti che non potrei mai permettermi di giudicare.
Quanto agli “altri", mi dico soltanto che forse un giorno tornerà a esistere un terreno comune per discutere con criterio di ogni cosa. Quando verranno rimosse dal discorso pubblico le insinuazioni, le intimidazioni, la manipolazioni, le etichette manovrate come manganelli. Al tempo, farò la mia parte per provare a ricostruire quel terreno. Per ora è meglio non illudersi che ci sia davvero qualcosa di cui parlare. Non c'è.
Adesso voglio restare in silenzio per un po'.