blog di Carlo Cuppini

blog di Carlo Cuppini



sabato 31 dicembre 2022

Buon anno

Succintamente, saluto il 2022.
È stato per me un anno pieno di soddisfazioni, soprattutto letterarie.
In primavera la pubblicazione di “Da luoghi lontani" (Arkadia), scritto con Giovanni Agnoloni e Sandra Salvato, con tante recensioni positive e tante belle presentazioni.
“Il mistero delle meraviglie scomparse” (Marcos y Marcos), uscito nel 2021, ha preso a navigare a gonfie vele e mi ha regalato delle gratificazioni immense: con l’adozione del libro nei progetti sulla lettura da parte di tante classi, la presentazione al Salone del libro di Torino e a quello di Rabat, tanti splendidi, indimenticabili incontri, tanti toccanti riscontri privati; e poi la prima ristampa in aprile, e la seconda a dicembre.
A luglio ho tirato i remi in barca, mi sono staccato da internet, ho disattivato tutte le notifiche e mi sono lanciato nell’impresa letteraria più impegnativa della mia vita (che ancora mi vede impegnato nelle fasi di revisione). Da quel momento non ho quasi pensato ad altro.
Sono stato estratto a forza, temporaneamente, dal mio eremitaggio, per essere coinvolto nel progetto “Superepoi” – di cui vi ho parlato e vi parlerò – e di questo sono molto felice.
Nel 2022 letto più di quanto avessi fatto nei due anni precedenti, e in modo più sistematico. Sono stato attaccato a internet e in particolare ai social meno di quanto fossi stato nei due anni precedenti. Ho coltivato la mitezza e non mi sono lasciato trascinare in nessun tipo di polemica. Ho ricominciato a fare meditazione la mattina, e ho deciso che l’unica salvezza è essere “presenti”, nel proprio piccolo (o, in alternativa, che il male è non essere presenti, o essere mezzi-presenti in più luoghi e a più persone contemporaneamente).
Tutto questo da aprile in qua.
Prima ci sono stati i mesi più sconvolgenti e dolorosi della mia vita. Quelli in cui, nel mio piccolo, con un gruppetto di persone sparse per l’Italia, e oltre, che non avevo mai visto, ho cercato di opporre un rifiuto fisico, totale e definitivo all’esclusione di una parte dei miei concittadini di ogni età dalla vita sociale e da innumerevoli servizi e opportunità essenziali.
Mai avrei pensato che sarei potuto arrivare a fare uno sciopero della fame, per qualcosa che accadeva nel mio paese, per opera del governo e delle istituzioni del mio paese.
Invece è accaduto, e anche questo fa parte del mio 2022, e della mia storia, in modo indelebile.
In un certo senso, quegli otto giorni di digiuno, e i successivi ritorni settimanali per due mesi, sono stati il nutrimento più prezioso che mi ha riservato il 2022. E sono anche il suo lascito più vivo e più impegnativo.
Vi auguro un 2023 vibrante di presenza, di ispirazione e di libertà interiore.

sabato 24 dicembre 2022

Un saggio polacco su "Il mistero delle meraviglie"

Dopo le notizie della seconda ristampa di "Il mistero delle meraviglie scomparse" e dell'adozione del libro da parte di tante classi, questo scampolo di 2022 mi riservava ancora una straordinaria sorpresa, sempre legata alla mia fiaba fluviale.
In questa vigilia di Natale, come un magico biglietto d'auguri, mi arriva dalla Polonia la notizia della pubblicazione di un articolo accademico di Karolina Kopańska, italianista dell'Università di Danzica, su "Scienze umanistiche - prospettive di ricerca", interamente dedicato al "Mistero". La ricerca (straordinariamente interessante a prescindere dal suo oggetto), attraversa il mio racconto per andare in tante direzioni, rivivificandolo profondamente attraverso gli strumenti vibranti della critica letteraria.
E io sono profondamente onorato e grato per questa attenzione che ha voluto dedicare all'avventura dei piccoli Filippo e Francesca lungo il fiume Arno: mi emoziona leggere come la mia narrazione semplice possa essere intesa in nella chiave iniziatica propria delle strutture fiabesche, e che la fantasmagoria anarchica che anima la storia possa essere destrutturata come proposta eco-critica e di "educazione alla vita consapevole".
Riporto di seguito il passaggio che più mi ha colpito (in una approssimativa traduzione automatica):

"I personaggi di Carlo Cuppini si dedicano alla contemplazione della natura circostante. Si svolge letteralmente al di fuori del tempo (il vecchio che ha organizzato il loro viaggio alla sorgente del fiume ha fermato il tempo per consentire loro di completare la loro missione prima che i genitori si rendano conto che se ne sono andati). Filippo e Francesca osservano con attenzione e tenerezza il mondo naturale che li intimidisce e li incanta. Ulrich Schnabel, nella sua opera "L'arte di oziare. Sulla felicità di non fare nulla”, indica chiaramente che i bambini sono oppositori naturali della società dell'accelerazione. Non devono fare niente. Fanno solo quello che vogliono e quando vogliono. Questo fa sì che la fiaba "Il mistero delle meraviglie scomparse" venga letta come un'interpretazione della vita consapevole. I pensieri dei bambini scorrono liberi con il fiume, fermandosi di tanto in tanto su un oggetto, un evento, qualcosa che appare nel loro campo visivo."

Grazie infinite a Karolina Kopańska.
Grazie all'amico Giovanni Agnoloni che le ha fatto conoscere il mio libro.
Grazie sempre a Claudia Tarolo, che ha scelto il mio racconto, e a tutta la casa editrice marcos y marcos, che gli ha dato le pagine per volare e che continua a soffiare sulle sue ali di carta per farlo arrivare ancora un po' più in là.





venerdì 23 dicembre 2022

Un libro diverso: "Super e poi?"

Un frutto bello e prezioso del 2022 è la raccolta di racconti "Superepoi?", a cui ho avuto la fortuna di partecipare (grazie alle amorevoli e benedette insistenze dell'ideatore – e mille altre cose – Francesco Baldi).
Il libro si compone di 18 racconti di autrici e autori di eccezionale valore (tolto il sottoscritto), come potete vedere dalla lista nella foto. Dalla stessa lista capite anche che gli autori non sono gli unici autori delle narrazioni: ogni racconto parte dagli spunti offerti da una ragazza o un ragazzo di Quelli del Sabato.
Questo tentativo di "social literature" mi pare davvero riuscito: perché non tratta il sociale come tema da svolgere, ma il sociale 'c'è', a monte: è la prima fonte della narrazione, che poi va libera e senza "senso del dovere" dove le pare.
Non è una antologia di letteratura impegnata, e magari "realistica" (qualunque cosa voglia dire questo termine): qui i temi sono dei più svagati e disimpegnati: le vite e le opere dei supereroi (liberamente riviste e corrette; o, più spesso, scorrette).
Ma il super tema che serpeggia è il dialogo: quello reale, ancorché a distanza, tra lo scrittore professionista e il suo ispiratore; e poi il dialogo come possibilità, come modo, come possibile scelta dell'esistenza alternativa a molte cose che vediamo imperare (talvolta unte con i crismi del politicamente corretto).
Questi 18 racconti così diversi celebrano il dialogo come relazione reale tra diverse unicità: tra le quali è compresa anche quella di ogni lettore.
Perciò vi invito ad acquistare questo libro e a regalarlo. Non arriverà per Natale? Meglio: il regalo sarà inatteso e più gradito.
Lasciatevi sedurre dal decadente e meraviglioso Superman della copertina, creato, come tutte le altre illustrazioni, dalla bravissima Alessandra Marianelli, e seguite le seguenti istruzioni (tutto il progetto è "artigianale", quindi anche le istruzioni non prevedono di andare alla Feltrinelli sotto casa né di cliccare su Amazon):
Effettua il pagamento di € 20,00 (a libro) + 4,00 di spese di spedizione (corriere espresso), con una di queste modalità:
- via paypal - utente piccolaofficinalibro@gmail.com
- via satispay - utente Piccola Officina Libro
- con bonifico bancario - IBAN IT63X0306945540100000004871, Banca Intesa Spa, Filiale di Oleggio
Quindi comunica l'avvenuto pagamento al numero 34997841228 o all'indirizzo email piccolaofficinalibro@gmail.com, indicando quante copie e l'indirizzo completo dove spedirle.
Buona lettura!
Ps. L'Ultima immagine vi svela l'incipit del mio racconto, mio e di Ylenia, dedicato a Hulk; o meglio, al famoso Hulk di Livorno...






mercoledì 21 dicembre 2022

Seconda ristampa per "Il mistero delle meraviglie scomparse"

...E "Il mistero delle meraviglie scomparse" è arrivato alla seconda ristampa, cioè alla terza tiratura!
E proprio mentre apro il pacchetto con due copie delle nuove che l'editore gentilmente mi ha spedito, vengo a sapere che altre sedici classi delle primarie, dopo le quattordici di quest'anno, hanno scelto questo libro per i progetti di lettura del 2023!
È una gioia immensa sapere che questo racconto continua a navigare lungo i fiumi dell'immaginazione, e che tante bambine e tanti bambini salgono senza indugio sulla barchetta del coraggio per dirigersi col cuore saldo, insieme ai protagonisti Filippo e Francesca, verso l'ignoto.
È una gioia immensa sapere che nei prossimi mesi incontrerò ancora centinaia di bambine e di bambini che avranno letto il libro e che vorranno confrontarsi con l'autore, mostrarmi le loro creazioni, tempestarmi di domande, raccontare qualcosa di loro.
Questa è l'occasione giusta per ringraziare una volta di più tutta la squadra della casa editrice marcos y marcos, e Claudia Tarolo in particolare, che ha fatto vivere questa storia fuori dal cassetto del mio comodino.
E tutte le libraie e i librai che hanno fatto vivere il libro fuori dagli scatoloni, credendoci, scegliendolo, esponendolo bene negli scaffali, consigliandolo.
(E qui, senza togliere niente alle tante altre, devo fare un ringraziamento speciale e sentito a Liblab e a Red La Feltrinelli Firenze, per l'amore straordinario che continuano a dimostrare verso questo libro).
E poi grazie di cuore a tutte le maestre e ai maestri che hanno scelto questo "Mistero" come libro di lettura, per lavorare con gli alunni sui temi evocati: il patrimonio artistico, il territorio naturale, l'identità e la condivisione, la responsabilità e la pace, la libertà dell'immaginazione.
E poi grazie a chi ha scritto del libro su giornali, blog, social, spazi per le recensioni.
E poi grazie a chi ha organizzato o ospitato presentazioni del libro, che sono state tante, bellissime, tutte indimenticabili.
E infine, e soprattutto, grazie a tutte le lettrici e ai lettori, piccoli e grandi, che hanno fatto vivere e crescere questo libro acquistandolo, leggendolo, regalandolo, prendendolo in biblioteca, consigliandolo.

GRAZIE



martedì 6 dicembre 2022

6 dicembre: un dolore che non mi abbandonerà

Non potrò mai dimenticare il dolore che ho provato la mattina del 6 dicembre 2021, giunto alla solita fermata dell’autobus.
Sapevo benissimo che cosa iniziava quel giorno, naturalmente. Ma vedere oggettivato sulla piatta banalità del display informativo – su quella neutralità amorale, indifferente, completamente al di sotto del bene e del male – la decisione dello Stato italiano di affrontare un pressante e grave problema collettivo escludendo dalla vita sociale una cospicua parte della popolazione, minorenni compresi – non essendo in grado, o all’altezza, o disponibile, lo Stato, a tentare soluzioni di altro genere – la visione, dicevo, di quella scritta arancione alternata agli orari delle corse mi ha procurato il più intenso e lacerante dolore che abbia mai provato nella mia vita.
Non era un dolore nuovo: era una nuova tappa del dolore iniziato il 22 luglio, e cresciuto nei mesi seguenti, che avrebbe avuto il suo apice il 10 gennaio successivo. Ma il 6 dicembre 2021, dopo mesi di impegno vorticoso e insonne contro il green pass, quel dolore è esploso letteralmente dentro di me, trasformandomi in una specie di Bartleby lo scrivano: un uomo nella cui mente c’è spazio soltanto per un “I would prefer not to”, rivolto al potere, all’autorità, e, in subordine, a chiunque e a qualunque cosa. Il 6 dicembre 2021 avrei preferito non - qualunque cosa. Avrei preferito non esistere, piuttosto che trovarmi lì a leggere quella scritta, che compariva e scompariva alla fermata dell’autobus, sotto gli sguardi impazienti di chi aspettava la schermata con i tempi di attesa. Avrei preferito non vivere, piuttosto che tirare fuori il green pass per recarmi al lavoro.
Il 6 dicembre 2021 ho trasformato quel dolore in energia intellettuale e politica, facendola confluire nelle battaglie che già da mesi stavo portando avanti. Non perché pensassi che quelle battaglie sarebbero servite a qualcosa di concreto – ci avevo creduto, ma ormai non lo credevo più – ma perché altrimenti sarei impazzito. Questa è la verità: sarei impazzito, e non per modo di dire, e una parte di me sarebbe morta. Ho trasformato quel dolore in combustibile per le battaglie politiche e culturali, affinché il desiderio di essere innocente non diventasse desiderio di non vivere, e perché il “I would prefer not to” non mi portasse allo stesso capolinea di Bartleby. Forse, due mesi dopo, ho smesso di mangiare, attivamente e politicamente, per non rischiare di smettere di mangiare alla maniera di Bartleby: quella che porta, passo dopo passo, a restare un giorno steso in terra, senza che nessuno se ne accorga subito, con occhi spalancati che poi qualcuno verrà a chiudere senza avere saputo e capito niente di te.
Che le scelte delle persone escluse fossero lodevoli o riprovevoli, di certo non erano illecite; e io ho tentato di non essere complice di ciò che veniva (e in parte ancora viene) inflitto loro, arrivando perfino a negare l’opportunità di presentare un certificato di non contagiosità assai più sicuro dell’attestato di vaccinazione – il tampone negativo – nei lunghi mesi del super green pass, o del baratro. (Nella frase precedente ho usato intenzionalmente alcuni dei termini su cui si concentrano i due più recenti scritti di Giorgio Agamben apparsi on-line).
Oggi non faccio più battaglie politiche, né spendo le mie energie per frequenti e lunghe elaborazioni intellettuali sulle questioni di stringente attualità: il motivo più importante è che, ricucendo alcuni fili strappati dalla pandemia, ho deciso di tornare a impiegare la totalità delle mie energie mentali, delle mie capacità, del mio tempo libero nella scrittura. In questo caso si tratta di un romanzo che scrivo dal luglio scorso, tutti i giorni, tutte le notti, un’impresa per me molto impegnativa, da cui non voglio essere distolto. Credo che questa sia la cosa migliore che io possa fare, per me stesso e per gli altri. Una cosa per me addirittura necessaria.
Oggi, un anno dopo, un altro 6 dicembre, con un clima sociale, culturale e politico parzialmente mutato, quel dolore è sicuramente meno lacerante. Eppure è sempre lì, lo sento, da qualche parte, tutti i giorni. Guardare la fotografia scattata un anno fa alla fermata del bus lo rinnova per intero, come se non fosse passato un giorno.
Credo che quel dolore, in fondo, non mi abbandonerà mai.



giovedì 1 dicembre 2022

Ai bambini auguro

Oggi è iniziato il periodo dell'Avvento: un momento di grande emozione per i più piccoli.
Oggi alle bambine e ai bambini voglio fare un augurio: che possano non essere mai più considerati e trattati come ammassi di cellule deambulanti in cui inculcare, come unici valori essenziali, l'ipocondria e la fobia di se stessi e degli altri esseri umani. Perché hai voglia a fare finta di niente: questo è stato fatto negli ultimi tre anni; questi semi malati sono stati piantati, e c’è chi ancora oggi si adopera per piantarli.

Lo dimostra la fiaba da incubo "Il bambino che rimproverò Babbo Natale", prodotta sul finire del 2020 dall'Ospedale Bambino Gesù e letta in questo video raggelante da Franco Locatelli, pediatra, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, già coordinatore del CTS del governo Draghi:
https://www.ospedalebambinogesu.it/franco-locatelli.../

Lo dimostra l'indisponibilità dell'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte anche solo a pronunciare la parola "bambini" durante tutto il periodo del primo lockdown – per farlo infine, stizzito, soltanto per negare che il governo avesse deciso di consentire ai più piccoli “l’ora d'aria”, contraddicendo la nota del Viminale, e invitando i genitori, caso mai, a portarli con loro al supermercato.

Lo dimostra l'auspicio fatto nel luglio 2020 dall'allora presidente della Società Italiana di Pediatria Andrea Villani che venisse posto l'obbligo di mascherina a scuola a partire dai tre anni.

Lo dimostra l'esclusione dalla vita sociale, dai mezzi pubblici, dallo sport e dalle occasioni di approfondimento culturale dei dodicenni non vaccinati (negando perfino la possibilità di accesso con tampone negativo nei mesi dell’apartheid chiamato graziosamente super greenpass).

Lo dimostra il video manipolatorio prodotto da "Repubblica" nel dicembre 2021, "Il cavaliere anti-covid", rivolto ai bambini tra i 5 e gli 11 anni, che prometteva che con il vaccino "sconfiggerete il drago e non contagerete genitori e nonni", causando ovvi sensi di inadeguatezza e di colpa in chi, vaccinato e infettato, avrà contagiato i genitori e i nonni. (Al tempo si sapeva benissimo, dati ufficiali alla mano, che il vaccino non impedisce affatto il contagio, ma lo limita parzialmente e soltanto per brevissimo tempo: ma ingannare i bambini, si sa, è ripresa lodevole.)

Lo dimostra la richiesta rivolta al governo a inizio ottobre dell'attuale presidente della Società Italiana di Pediatria, Annamaria Staiano, di rivalutare l'obbligo di mascherina a scuola.

Lo dimostra chi deplora l'aumento vertiginoso di suicidi, riusciti o tentati, tra gli adolescenti, registrato negli ultimi tre anni, ma non è disposto a mettere in relazione tra questa sconvolgente esplosione di disagio con la totale indifferenza in cui sono stati abbandonati i minorenni durante la pandemia – per non parlare dell'accanimento politico, istituzionale e mediatico contro tutti loro prima, piccoli untori, e contro una grande parte di loro poi – negazionisti in erba da rieducare subito con le cattive, a partire dai dodici anni (alcuni in area PD, come il sindaco di Pesaro Matteo Ricci e molti altri suoi omologhi, avrebbero voluto partire anche prima, dai sei anni, con l’introduzione del green pass nelle scuole primarie). 

Lo dimostra il silenzio generalizzato su tutto questo, che è accaduto davvero, sotto gli occhi di tutti, nelle case di tutti, con il consenso di quasi tutti: il silenzio di intellettuali, scrittori, educatori, pediatri, psicologi, giuristi, associazioni. Difendere degli ammassi di cellule deambulanti non valeva il costo umano (e soprattutto professionale) di mettersi contro il muro di gomma del politicamente corretto, che non era mai stato tanto ecumenico.

Per questo oggi auguro con tutto il cuore alle bambine e ai bambini di tornare a essere considerati Bambine e Bambini: in un mondo che prioritariamente, senza condizioni ed eccezioni, li ascolti e si prenda amorevolmente, coraggiosamente e con discrezione cura di loro.

mercoledì 30 novembre 2022

Il dilemma del giudice

In queste ore la Corte Costituzionale prende la sua decisione sulla legittimità degli obblighi vaccinali, delle sospensioni dal lavoro di personale sanitario e scolastico e, indirettamente, di tutte le sospensioni dei diritti dei cittadini non vaccinati costituite dai due green pass.
Se fossi uno dei giudici della Consulta, non avrei dubbi sul merito tecnico della questione: anche in uno scenario epidemico critico, non è possibile subordinare il godimento dei diritti più elementari – come il lavoro, la libera circolazione, l'istruzione e la cura del proprio benessere psicofisico – all’assunzione di un farmaco che non impedisce l’infezione e non blocca i contagi, ma li limita in una misura parziale e rapidamente decrescente fino al paradosso della protezione negativa (che comporta cioè maggiore probabilità di infezione) descritto dagli ultimi dati elaborati dall’Istituto Superiore di Sanità (nell'ultimo report i vaccinati con tre dosi in età da lavoro risultano essersi infettati in misura percentualmente maggiore rispetto alla stessa fascia di cittadini non vaccinati; del resto i più ufficiali degli esperti, come per esempio Antonio Cassone, metteva in guardia dal rischio della "exhaustion" rispetto all'ipotesi di procedere con la terza dose: questo prima che la terza dose diventasse dogma, e quindi che tutto il dibattito venisse ridotto d'autorità a un'unica proposizione possibile: "va fatta, funziona").
Guardando lo storico dei dati ufficiali italiani, e confrontandolo con quello di altri Paesi con diverse situazioni percentuali di copertura vaccinale e scelte normative completamente diverse, non avrei dubbi riguardo al fatto che la politica delle esclusioni non è stata inevitabile rispetto all’obiettivo di evitare la catastrofe, né dirimente riguardo agli sviluppi della pandemia nella direzione di una normalizzazione. Questo senza negare il potere dei vaccini di conferire una protezione individuale, almeno parziale e temporanea, sicuramente utile alle fasce a rischio, soprattutto in assenza di adeguati protocolli clinici che rilevassero con tempismo e incisività le evidenze emerse fin dalla fine del 2020 sulla capacità degli antinfiammatori di ridurre la necessità di ospedalizzazione dell’80-90%. Guarderei al tema dell’entità dei danni collaterali noti e della doverosa considerazione in senso precauzionale di quelli ignoti come un’altra questione ancora, che tutto sommato non cambierebbe le precedenti osservazioni, né influirebbe sulla mia bocciatura di ogni tipo di esclusione dalla vita sociale e professionale dei non vaccinati, o non abbastanza vaccinati.
Il mio dilemma, come giudice della più alta Corte, sarebbe tutto politico.
Dovrei agire in modo consequenziale alle mie convinzioni, e quindi dichiarare incostituzionale la politica delle esclusioni, accusando implicitamente del più aberrante crimine la grandissima parte dei protagonisti del sistema politico e istituzionale italiano del recente passato e del presente?
Oppure dovrei salvare l’establishment, a costo di consegnare al governo attuale, e a tutti quelli futuri, il principio secondo cui i diritti basilari dei cittadini rientrano tra le disponibilità dei governanti, quando si tratti di gestire un rischio e di amministrare una situazione variamente critica (cioè, potenzialmente, sempre)?
Sacrificare quindi Mattarella, Draghi, Conte, Speranza, Renzi, Berlusconi... – e con loro Ricciardi, Locatelli e la quasi totalità dei dirigenti di istituzioni sanitarie nazionali –, oppure rendere Meloni e i suoi successori onnipotenti, e inarrestabili nella strada della limitazione, modulazione, distribuzione dei diritti a uso politico?
Entrambe le opzioni aprirebbero a scenari sociali e politici parimenti devastanti e tragici.
Di fronte a tale dilemma credo che mi tornerebbero alla mente gli occhi del dodicenne che quella volta non poté entrare nel campo da calcio, mentre i suoi amici vaccinati, compresi alcuni con covid asintomatico, iniziavano a giocare, con la benedizione delle autorità laiche, di quelle religiose e di quelle mediatiche. Mi tornerebbero in mente gli occhi del quindicenne che non poté salire sull'autobus per andare a scuola, pur avendo un tampone negativo. Mi tornerebbero in mente gli occhi del diciassettenne che non poté entrare in un museo, mentre cento persone, certe di "frequentare persone non contagiose" si accalcava davanti alle opere.
A quel punto prenderei la mia decisione.

sabato 19 novembre 2022

Per un grandissimo accordo di pace

In questi giorni Firenze accoglie riflessioni e celebrazioni internazionali per i 50 anni della Convenzione del Patrimonio Mondiale. Personalità di molti Paesi hanno partecipato al Convegno Internazionale "1972-2022 Il Patrimonio Mondiale alla prova del tempo. A proposito di gestione, salvaguardia e sostenibilità'".
Se per patrimonio mondiale intendiamo l'insieme di tutto ciò che appartiene a tutti – compresa l'aria, l'acqua, i linguaggi, la conoscenza, il benessere, il rispetto, il dialogo, le risorse, la terra, il futuro - allora non c'è tema più urgente e più delicato da affrontare.
Il libro "Il mistero delle meraviglie scomparse" racconta di un'umanità sul bordo della Terza guerra mondiale, perché – a causa di un fatto misterioso che fa saltare tutti gli equilibri – ogni Stato avanza le proprie ragioni contro quelle degli altri. Due bambini, insieme alle creature magiche con cui entrano in contatto, evitano la catastrofe costringendo gli adulti, i decisori, a rinunciare allo scontro tra "ragioni", precipitandoli in una girandola di follia e carnevaleschi rovesciamenti. Si tratta di una fiaba, e non potrebbe che avere un lieto finale: dove i grandi della Terra finiscono per riunirsi (in un tendone da circo, per ragioni di sicurezza...) e sottoscrivere un Grandissimo Accordo di Pace.
Perché oggi questo importante convegno si svolge proprio a Firenze? Non lo so: forse perché quest'anno si festeggiano anche i 40 dell'ingresso del centro di Firenze nella Lista dei siti Unesco.
Di sicuro so perché la mia storia inizia e finisce a Firenze, dopo avere fatto una dozzina di volte il giro del mondo: non solo perché è la città dei miei figli, ed è quella con cui volevo pacificarmi facendomi amico ciò che nasce prima di essa e finisce dopo di essa, portando di tutto – di materiale, immateriale, vivente – attraverso essa: il fiume Arno; ma anche perché non si può non ricordare il discorso del sindaco Giorgio La Pira, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, intitolato "Le città non possono morire".
Questo spirito universalista è diventato (ma forse lo era già da secoli) parte di questa città, della sua storia e di tutte le sue storie possibili.
Allora dedico il passaggio che segue a quanti sono oggi riuniti a Firenze, con l'auspicio che un venticello irriverente proveniente dall'alveo del fiume Arno spettini i loro pensieri e li porti ad avere illuminazioni che vadano al di là di ogni ragione: fino a concepire l'impossibile, fantastica, concreta possibilità di un mondo migliore.
"Pochi giorni dopo i capi e i presidenti di tutti i Paesi si diedero appuntamento a Firenze, dove tutto era cominciato. Si riunirono all’interno di un tendone da circo affittato per l’occasione. I monumenti continuavano a spostarsi e non sembrava sicuro usarli per una riunione internazionale delle più importanti: magari uscendo si sarebbero ritrovati tra i ghiacci della Siberia, o sul vulcano Krakatoa in Indonesia, o nel Santuario dei Leoni in Sudafrica… In genere ai potenti non piacciono questi imprevisti. Davanti alle telecamere firmarono il Grandissimo Accordo di Pace, in cui dichiaravano solennemente che i monumenti di tutto il mondo appartenevano a tutti i popoli e che ogni persona, in ogni luogo, era tenuta a prendersi cura delle meraviglie che si trovavano dalle sue parti, considerandosi temporaneamente un custode incaricato da tutti gli altri abitanti del Pianeta – senza per questo sentirsene padrone.
Le scuole, gli uffici, i teatri, i musei, e tutti gli altri posti che in molti Paesi erano stati chiusi per precauzione, a quel punto riaprirono. Le incertezze sul futuro e la paura della guerra scomparvero. Tutti si fecero una ragione del fatto che bisognava convivere con una situazione instabile e imprevedibile, ma tutto sommato priva di pericoli, e che aveva anche parecchi lati positivi e piacevoli. Del resto gli spostamenti e gli scambi di posto rallentarono, si fecero via via meno frequenti. Si era creata una specie di strana, nuova normalità, dove la vita scorreva più o meno come prima, ma bisognava tenersi sempre pronti a qualche sorpresa."



giovedì 20 ottobre 2022

È colpa dei bambini! (Pensieri e storie dopo una mattinata nelle scuole)

Quando vado nelle scuole per parlare del mio libro “Il mistero delle meraviglie scomparse”, in un modo o nell’altro viene sempre fuori una certa questione: quando c’è un problema, gli adulti reagiscono in due modi - o si fanno la guerra tra di loro (anche di questo parla il libro) o danno la colpa ai bambini. O entrambe le cose. 

A questo punto di solito i giovani scolari alzano la mano e smaniano per raccontarmi di quando il gatto ha rovesciato il vaso e loro si sono beccati la sgridata e la punizione - il gatto le coccole. Io li ascolto tutti. La presentazione del libro può aspettare un quarto d’ora. 

Poi racconto loro una storiella che amo. È la storia della colonna di piazza Santa Trinita. Non è raccontata nel libro, ma ci ha a che fare in due modi: spiega che i fiumi - autostrade della biodiversità e dell’immaginazione - trasportano un sacco di storie; dimostra che i monumenti, anche quelli meno noti e fotografati, sono a loro volta casseforti pieni di racconti e di memorie (false e vere) - basta interrogarli perché questo tesoro si dispieghi sono i nostri occhi. E poi è una storia di granduchi, papi, pirati, inventori, artisti, gelatai, guardie, ladri e bambini. Irresistibile. E anche istruttiva. 

Ve la racconto così come la racconto nelle scuole. Con qualche… ehm… licenza, indubbiamente. 


Nel Cinquecento a Roma gli era presa di tirare fuori dal terreno i reperti romani. Quando si imbatterono in una colonna alta 11 metri il Papa pensò di regalarla a Cosimo I, granduca di Toscana, che voleva farsi amico. Gli scrisse una lettera: "Caro Cosimo, so che te piacciono l’anticaglie romane. Te vojo regala' un pezzo de valore, da collezione: 'na colonna alta 11 metri, pesante 50 tonnellate, fatta di un solo pezzo de pietra che non si può manco smontare. Guarda, è 'na cosa stupenda, ti farà fare un figurone. Però te la devi veni' a pija'. Saluta tu' moje. Firmato: Er Papa."

Cosimo fece una smorfia e pensò: "Ma guarda 'sto vecchio spilorcio... E va bene, andiamo a prendere 'sta 'olonna."

Chiamò i suoi consiglieri, gli ingegneri, gli inventori, e stabilirono di costruire una nave fatta apposta. L'imbarcazione partì, arrivò a Roma, i marinai caricarono la colonna sudando sette camicie, ripartirono per Firenze. Naturalmente vennero assaliti dai pirati: a quel tempo era il minimo che ti potesse capitare, se andavi per mare. Se tornavi a casa senza un'orecchia, potevi considerarti fortunato di avere ancora l'altra attaccata. Comunque i marinai di Cosimo riuscirono a respingere l'assalto, con tutte le orecchie ancora attaccate al loro posto. 

"Via, adesso l'è tutto in discesa", pensarono. "Un fulmine 'un cade mai du' volte sullo stesso albero, giusto?" disse uno. 

Be', sbagliava. Infatti vennero assaliti da un'altra nave pirata. "Riborda!" esclamò il mozzo. Respinsero anche quella. Quella volta qualche orecchia saltò, e pazienza per chi rimase solo con una. "Via di filato a Firenze, adesso... prima della storia d'i' ddue senza tre!"

Si sbrigarono a infilarsi nel letto delll'Arno e il tre non ci fu. Arrivati a Firenze i marinai scaricarono la colonna dove capitava e dissero: "Oh, da qui 'un si move, eh! Noi s'è bell'e dato, co' muscoli! E pure con l'orecchie! Fattela garbare qui 'ndo ll'è, Grandu'a."

E visto che quelli erano grossi, e arrabbiati, Cosimo se la fece garbare lì 'ndo ll'era: in piazza Santa Trinita. Però appariva un po' spoglia: a guardare una colonna enorme messa per ritto che non reggeva niente Cosimo si sentiva un po' bischero. Così disse a Bernardo Buonatalenti - un genio che inventò un monte di cose, tra cui il gelato: "Vedi un po' cosa si può fare per abbellirla un pochinino, via."

Buontalenti propose di issarci sopra un enorme cono con sei palline di gelato - tutto in bronzo, ovviamente - per celebrare la famiglia granducale (il cui simbolo sono appunto sei palle) e allo stesso tempo la sua golosa invenzione. Cosimo però non era tanto convinto; alla fine scelse un'opzione più tradizionale e gli chiese di fare una bella statua della dea della Giustizia, con la benda, la spada, la bilancia a due piatti e tutto l'armamentario: una cosa che un po' rassicurava il popolo e un po' gli metteva paura, insomma. E Bernardo la fece.

Sapete cosa successe qualche anno dopo? Successe che dai banchi degli orafi sul Ponte Vecchio iniziarono a sparire dei gioielli. Un bracciale un giorno, una collana il giorno dopo, un anello il giorno dopo ancora... E a chi diedero tutti la colpa? 

Qui i bambini che ascoltano la storia rispondono: "Al papa! a Buontalenti! a Cosimo! a Michelangelo! ai pirati! all'Arno!..."  

Sbagliato! Diedero la colpa... ai bambini e ai ragazzini. Al solito. Ai bambini e ai ragazzini venne vietato di avvicinarsi al ponte e dalle due parti misero due guardie a controllare. 

Ma i furti continuarono. 

"Oh!" si dissero "Questi bambini sono tremendi. Raddoppiamo il numero delle guardie!" 

Così fecero; ma i furti continuarono. 

"Diamine... Questi mocciosi sono diabolici! Ma come faranno? Passeranno dall'acqua, con la maschera e il boccaglio, saliranno sul ponte passando per le tubature...." 

Misero sul ponte cento guardie, al punto che non ci stava nessun altro, neanche quelli che volevano comprare i gioielli. "Oh! Ma tutti qui dovete stare?!" si lamentò un tizio che voleva regalare un braccialetto alla moglie. "Ragioni di sicurezza. Dobbiamo prevenire i furti di gioielli" rispose astutamente una guardia. "Sarà... a me mi pare che qui si esagera e 'un si risolve nulla" rispose il tizio.

Ma i furti continuarono. Passarono alcuni anni, e i bambini erano diventati giovani uomini e giovani donne senza essersi più potuti avvicinare a Ponte Vecchio. Vabbe', saranno andati a giocare da un'altra parte. Però bisognerebbe sapere se quella punizione era giusta o ingiusta, no?

Allora accadde che la statua della Giustizia si annerì per via delle piogge e del fumo. Costruirono un'impalcatura e gli operai andarono su con le spugne e con le spazzole. E lassù scoprirono due cose: in un piatto della bilancia trovarono un nido; nell'altro un bel cumulo di gioielli. A rubarli non erano stati i bambini, ma una gazza! Però a essere puniti furono i bambini. Alla faccia della Giustizia!


Fine della storiella. I bambini ridono e applaudono. Dicono: "La prossima volta che mia mamma mi sgrida ingiustamente gliela racconto!" Anche le maestre e i maestri sorridono sotto i baffi, immedesimandosi un po' nei bambini ingiustamente sgridati e un po' negli ingiusti sgridatori.

E quindi torniamo a raccontare e a leggere "Il mistero delle meraviglie scomparse", passando alla scena del pesce siluro che in genere fa drizzare i capelli ai piccoli ascoltatori (e anche a quelli grandi, visto che se sono in vena grido come un pazzo).

 

Amo la storiella della colonna - che non è contenuta nel libro ma ne è una ideale diramazione e ne esprime lo spirito - anche perché suggerisce un'idea che mi è molto cara: che tutte le storie sono collegate l'una all'altra. Intendo proprio tutte: quelle vere e quelle inventate, quelle del presente e quelle del passato, quelle immaginate e quelle ancora da immaginare, quelle noiose e quelle emozionanti, quelle raccontate bene e quelle raccontate male, quelle private di ciascuno di noi e quelle che riguardano il mondo intero. Questa grande, unica rete di storie è una specifica forma di conoscenza del mondo, dell'esperienza, ed è veritiera  suo modo - nel modo in cui i simboli e i valori immateriali sono qualcosa, e non niente - e dignitosa. Il metodo per accrescere questo tipo di conoscenza non sta scritto in nessun manuale e in nessun codice; e ciascuno di noi ne è co-autore, co-protagonista, co-responsabile, e allo stesso tempo beneficiario e fruitore. A partire da qualunque storia, ognuno può aggiungere le sue diramazioni, e collegare una storia a un'altra storia esistente lanciando un nuovo e sensato ponte tibetano. Oppure può creare un nuovo passaggio verso l'ignoto, allargando la rete in qualche interessante direzione. Questo i bambini - che alzano continuamente la mano per "dire la loro" riguardo a qualunque passaggio della storia che si va raccontando - lo sanno bene: sono essi stessi una fucina incessante di storie nuove e di nuovi significati. 

Ricordarlo è utile, oggi che ci siamo abituati a intendere noi stessi soltanto come passivi destinatari di quell'altra importantissima conoscenza - quella prodotta in esclusiva dai misuratori di molecole e di altre aggregazioni della materia. Importantissima, ma non unica forma di conoscenza delle cose che siamo e che ci riguardano.


Penso che poter raccontare storie e trovare qualcuno che le vuole ascoltare sia la più grande responsabilità e il più grande privilegio che mi siano stati concessi in questa vita.


—-

È sempre l’occasione giusta per ringraziare l’editore marcos y marcos, che ha dato forma, carta e ali al mio racconto; e la libreria LibLab di Sesto Fiorentino, che fa uno straordinario lavoro di promozione della lettura nelle scuole.

mercoledì 3 agosto 2022

Mascherine a scuola - anno III

Prima di quella contro il green pass, la mia battaglia più accesa è stata quella contro le mascherine al banco nelle scuole.


In questi ultimi giorni abbiamo sentito alcune notizie interessanti intorno a questo tema.


La fondazione Gimbe sostiene che a settembre sarà necessario tornare a scuola con le mascherine perché nelle aule non sono stati installati sistemi di ventilazione e areazione. Per mio figlio che andrà in prima elementare sarà la sua prima mascherina. Per la mia grande sarà il terzo anno di scuola con la mascherina. Come loro, milioni di bambini e ragazzi.


Bassetti, commentando gli esiti di due ricerche convergenti nei risultati, una inglese e una scozzese, ci spiega che le rare e gravissime epatiti che hanno colpito alcuni bambini anche in Italia sono un frutto di lockdown, restrizioni e mascherine: cioè della mancata esposizione dei bambini per un tempo prolungato a virus comunissimi.


Una ricerca giapponese pubblicata su Nature ha rilevato che con l’uso prolungato della mascherina proliferano all’interno della stessa, e sul viso, funghi e batteri, alcuni dei quali potenzialmente responsabili di infezioni.


Tornando un po' indietro, l’OMS ce lo dice da due anni e mezzo che l’uso delle mascherine nelle scuole, soprattutto per i bambini, può comportare disagi e problematiche a livello di apprendimento, sviluppo emotivo e relazionale, sviluppo cognitivo, comprensione e comunicazione. Come ce lo dicono autorevoli pedagogisti, come Daniele Novara.

La terra devastata

Lo riferisco con riluttanza, con un certo sgomento.
Questa mattina mi sono attaccato al telefono per avere delucidazioni sull'ordinanza che vieta, tra le altre cose, di annaffiare orti e giardini a Firenze fino al 30 settembre (vedi post precedente "Declinazioni provinciali dello Stato etico").
L'impiegato della Direzione Ambiente che mi ha risposto mi ha detto che non sapeva niente e mi ha dato il diretto di un dirigente. Quello, appena ha capito che volevo parlare dell'ordinanza 157, mi ha stoppato e mi ha dato il numero della persona che ha scritto il documento (non farò il nome, perché lo scopo di questo post non è fare gogne mediatiche).
L'ho chiamata, mi ha risposto, abbiamo avuto una lunga e cordiale conversazione. Io non ho fatto polemiche: non volevo affermare le mie ragioni, volevo capire le sue, e per questo volevo che si sentisse a suo agio, che si sentisse compresa.
Le ho chiesto prima di tutto se l'ordinanza avesse delle omissioni, dei sottintesi, delle deroghe non espresse. Risposta: quello che c'è scritto è.
Le ho chiesto se quindi avrei dovuto lasciare seccare le mie piante di pomodori. Risposta: sì, a meno di ingegnarsi (attingere acqua a una fonte, ricavarla da un pozzo...).
Le ho chiesto del prato. Risposta: anche quello, da far seccare.
Le ho chiesto se, oltre ai pomodori e al prato, dovrei lasciar morire anche gli alberi e le piante che si trovano nel mio giardino. Risposta: eh, bisogna ingegnarsi.
Le ho chiesto se il Comune di Firenze è cosciente che questa ordinanza condanna alla distruzione migliaia di piante e alberi nel territorio comunale; le ho chiesto a che genere di idea "green" corrisponda questa strategia. Risposta: sì, certo, ne siamo coscienti, ma qualcosa bisogna sacrificare. È meglio sacrificare i suoi pomodori che un'attività produttiva, no?

lunedì 1 agosto 2022

Declinazioni provinciali dello Stato etico

A Firenze un'ordinanza comunale dispone il "divieto assoluto" di usare l'acqua del rubinetto per scopi diversi da quelli igienico e alimentare, compreso annaffiare orti e giardini. Questo, fino al 30 settembre.
Un mese fa i media locali ci informavano che l’invaso di Bilancino – riserva idrica per tutta l'area Fiorentina – era "pieno fino all'orlo", per il 95% della capienza, con una disponibilità di 65 milioni di metri cubi di acqua. Oggi, secondo l'ultimo livello idrometrico registrato il 26 luglio, ce ne sono 60 milioni di metri cubi. Insomma, Firenze non è in piena emergenza idrica.

Del resto, lo dice la stessa nota del Comune che accompagna l'ordinanza:
"Anche se il Comune di Firenze non è in emergenza idrica la Regione ha dichiarato lo stato di emergenza regionale ed è fondamentale non abbassare la guardia."

Dunque, quale sarà la ragione di un provvedimento tanto impattante, che, se rispettato (e perché non dovrebbe esserlo, dal momento che per le infrazioni è prevista una multa fino a 500€?), determinerà la morte di migliaia e migliaia di piante e alberi, la distruzione delle coltivazioni, privando la città di parte del verde e molte famiglie di beni alimentari autoprodotti?

La ragione di tale provvedimento ce la spiega l'assessore all'ambiente Andrea Giorgio: “Si tratta di un'ordinanza che risponde ad una situazione critica e mira a orientare i comportamenti dei cittadini: infatti sebbene grazie all'invaso di Bilancino la città oggi non vive una situazione emergenziale, la siccità che affrontiamo e i cambiamenti climatici epocali in atto ci devono spingere a promuovere sempre più un approccio al consumo più attento alla risorsa idrica: tutti devono capire che ognuno di noi, con gesti all'apparenza piccoli, può fare la differenza e tutelare un bene comune fondamentale."

Viaggio al termine dell'umanità (sul "Caravan" di Michele Medda)

Non dirò come ho ricevuto i due volumi di questa monumentale graphic novel, opera dell'autore Michele Medda con una serie di illustratori per la parte visuale: vi basti sapere che i due tomi sono finiti nelle mie mani grazie a una di quelle circostanze che possono accadere solo durante fatti straordinari ed epocali, come potrebbe essere una pandemia. Perché accadano certe cose però non basta nemmeno che ci sia in corso una pandemia: bisogna anche essere "dalla parte sbagliata" della Storia. Dove è facile passare dal piangere di rabbia alle lacrime di commozione. Dove tutto è così pressantemente umano che in certi momento non sai più dove andare, dove guardare, come fare.

Questo accade a Davide Donati, il giovane protagonista di questo romanzo grafico potente, conturbante e profetico (parola sciatta e inflazionata, eppure in questo caso appropriata).
L'idea di Caravan nasce nel 2006, poi la storia esce tra il 2009 e il 2010 per Bonelli Editore come serie a fumetti in 12 episodi. Nel 2016 viene riunita in due volumi di 600 pagine l'uno, ed è un bene: perché il disegno complessivo è più importante dell'unitarietà dei singoli episodi.
Diciamolo subito: nella gran parte di queste avvincenti 1200 pagine non succede niente.
Succede tutto all'inizio, quando la normalità di una cittadina degli Stati Uniti viene sconvolta da un evento misterioso e i militari assumono il controllo, obbligando la popolazione a evacuare. Inizia il viaggio di migliaia di persone con le loro autovetture, al seguito della colonna dei militari. Non si conosce la direzione, non si sa nulla della minaccia, non si sa se si tornerà nelle proprie case, e quando. Non si sa nulla. I militari non sono autorizzati a parlare. Il sindaco è stato destituito per ordini arrivati da Washington. I cittadini di professione medici vengono "arruolati", dotati di divisa, accolti nella compagine dei militari. Viaggiano con loro, più comodi. Prestano assistenza alla popolazione, sotto il controllo dei militari. La gente terrorizzata dalla minaccia misteriosa, smarrita, assoggettata all'autorità delle divise e dei mitra, obbedisce a ogni disposizione. Vengono concesse pause con cadenze incomprensibili, si riparte, si viaggia di giorno, si viaggia di notte, arbitrariamente e senza spiegazioni. I militari amministrano la giustizia come capita all'interno di questa comunità sconvolta, resa da un giorno all'altro nomade. I militari provvedono a fornire i beni di prima necessità, a riparare gli automezzi in panne. Il diritto è sostituto dall'umore di chi ha in mano una pistola: cinismo, durezza, solidarietà, tolleranza, possono essere dispensati con uguale probabilità, a seconda del soldato con cui ti toccherà avere a che fare durante un diverbio.
Sotto una pressione psichica mai provata, le donne e gli uomini si avvicinano al punto di rottura della fibra che li sostiene: danno il peggio, danno il meglio, emergono pulsioni sepolte, e non sono sempre delle belle sorprese. Escono fuori le storie mai raccontate. E il viaggio è un carosello di storie, di salti avanti e indietro nel tempo, alla ricerca di una ricucitura con la memoria, in mancanza di una possibile ricucitura con un presente irriconoscibile.

lunedì 20 giugno 2022

Non è successo niente (?)

Oggi ci stiamo tutti (o quasi) godendo la fine delle misure anticovid che ci permette di metterci in pari con le tante cose importanti, futili, essenziali, lasciate indietro negli ultimi due anni. Abbiamo voglia di andare avanti, sperando che questa volta ci siamo, che in autunno non si debba ricominciare.Personalmente, mi godo la promozione dei miei libri, che è partita e mi porta lontano; mi godo esperienze e conoscenze bellissime di cui sono immensamente grato; mi godo l'impegno in nuovi progetti, letterari e non, a cui finalmente dedico energia, tempo e pensieri sani; mi godo le amicizie, i bambini, i paesaggi, il passaggio delle stagioni.
Tuttavia mi lascia interdetto il "non è successo niente" che percepisco un po’ dappertutto, in forma di tabù e omissione.

A me pare che sia successo qualcosa; qualcosa che, in assenza di una seria riflessione collettiva, resterà una ferita aperta, potenzialmente letale per il nostro corpo sociale. Questo qualcosa è mote cose. Ma soprattutto è la certificazione verde.
A mio parere il green pass è (stato) il fatto socialmente più rilevante della storia della Repubblica: mai era accaduto, e mai si sarebbe potuto pensare, di sospendere centinaia di migliaia di lavoratori, o milioni, lasciandoli senza retribuzione per mesi; di allontanare centinaia di migliaia di studenti universitari dalle facoltà; di impedire a centinaia di migliaia di adolescenti e post adolescenti di praticare il loro sport, di andare al cinema, a teatro, in un museo, in pizzeria con gli amici.
A pensarci oggi, sembra impossibile; ma questo è accaduto, fino a ieri, non lo abbiamo sognato. 
Quello che penso io al riguardo credo che sia noto: se a febbraio sono arrivato a fare per otto giorni uno sciopero della fame integrale, insieme ad alcuni cari amici e contemporaneamente a decine di altre persone a me sconosciute, è stato per testimoniare (da vaccinato) la mia avversione totale a questa misura. 
Ma cosa ne ho pensato e cosa ne penso io, adesso non è tanto rilevante.

venerdì 17 giugno 2022

De amicitia

In questi due anni hanno fatto di tutto - hanno fatto letteralmente carte false - per convincerci che nell’odio sociale sta il segreto della felicità; che nella caccia all’uomo sta la possibilità della salvezza; che nella discriminazione ridiede la giustizia; che nell’obbedienza è l’unica virtù; che creare divisioni è buon governo; che occhio per occhio è un principio dignitoso; che nella paura dell’altro sta il rispetto; che la paura della morte è l’elisir di lunga vita; che nella ritirata alberga la saggezza.

La mia mente ricorderà tutte queste trovate della peggiore classe dirigente di sempre – scienziati, intellettuali, giornalisti, opinionisti e influencer compresi.

Il mio cuore ricorderà soltanto una cosa: l’AMICIZIA. Quella che ignora distanze, tempi, età anagrafiche, visioni, ideologie, tradizioni, pericoli, e che si nutre di verità, diversità, confronto, umiltà, reciprocità, desiderio.

A tutte le amiche e gli amici. Quelli veri. Quelli nuovi. Quelli vecchi. Quelli ritrovati. Quelli non ancora incontrati di persona. Quelli che ho visto una volta, e forse non accadrà mai più. Quelli che la pensano così simile a me. Quelli che non potrebbero essere più diversi da me. Quelli che il cuore parla al cuore, anche senza tante parole. E NIENTE potrebbe turbare il legame.




giovedì 16 giugno 2022

Un tè con la Maestra Alba





Negli incontri che ho avuto con i bambini intorno a "Il mistero delle meraviglie scomparse", a un certo punto mi sono sempre trovato a parlare di filosofia. All'immancabile domanda "Qual è il primo libro che hai scritto, e quando?" la mia risposta era: "A 17 anni ho pubblicato un racconto su Giordano Bruno, un grande filosofo. Sapete cos'è un filosofo?". "No". Quindi seguivano i miei improvvisati tentativi di spiegare ai bambini che cos'è quella disciplina, e perché - con la sua ostinazione a chiedere "perché?" - dovrebbe essergli così familiare. Una volta, per cavarmela, ho fatto l'esempio di Newton che scopre la forza di gravità quando gli casca una mela in testa; ma, nonostante il bernoccolo sulla testa, non scopre "perché" c'è una forza di gravità e non, per esempio, una forza di levità. Queste domande se le fa il filosofo, che potrebbe arrivare a chiedersi “Perché c’è qualcosa invece di niente?” Dopo questi aneddoti e ragionamenti una bambina ha concluso: quindi il filosofo è uno che rompe le scatole allo scienziato. Potrebbe essere anche questo un modo di vederla (e in effetti, negli ultimi tempi, qualche illustre filosofo è stato visto e trattato come un vero guastafeste… ma questa è un’altra storia.)

I miei tentativi di spiegare ai bambini cos'è la filosofia sarebbero stati meno goffi e improvvisati se avessi scoperto prima i libri della Maestra Alba. I quattro volumetti che al momento compongono la collana, diretta da Eliana Cocca ed edita da Sonda, prendono di petto nientemeno che Platone ("Quel testone di"), Cartesio ("Quel dormiglione di"), Kant ("Quel criticone di") e Leopardi ("Quel secchione di"). E spiegano alle bambine e ai bambini vite, opere e teorie di questi personaggi con la semplicità con cui si spiegherebbe come si salta la corda. In realtà questi libri non si limitano a spiegare, non sono dei manuali per baby-dummies, sono ben altro. Attraverso un approccio paideutico (anzi direi maieutico) alle bambine e ai bambini viene proposto di diventare loro stessi filosofi. "Piccolo filosofo" è il modo in cui la Maestra Alba si rivolge alla lettrice e al lettore, e non è un vezzo: come tali, come filosofi in erba, li tratta. La Maestra Alba, più che una maestra, in effetti è una socratessa: un'amica che porta per mano i lettori piccoli per condurli attraverso le meraviglie invisibili del pensiero, facendoli divertire. Anche Socrate si rivolgeva per lo più agli amici, e dimostrando a loro stessi le strabilianti capacità dei "loro" stessi pensieri (non dei suoi) li stupefaceva.

giovedì 2 giugno 2022

“Il mistero delle meraviglie scomparse” va in Marocco


“Questo Istituito sarebbe molto onorato se Lei potesse accettare l’invito a partecipare al Salon International de l’Édition et du Livre presentando i suoi libri durante un incontro con il pubblico…”

E io sono felice, onorato ed emozionato di andare al Salone del Libro di Rabat per raccontare al pubblico marocchino l’avventura dei piccoli Filippo e Francesca: un fratello e una sorella disposti a compiere un viaggio incredibile e pericoloso nella speranza di scongiurare lo scoppio di una guerra mondiale.

Il libro dà una forma fantastica al sogno di una umanità non priva di problemi e di conflitti, ma dotata di un briciolo di saggezza, di fantasia, di generosità. E di senso dell’umorismo.

“No alla guerra!”, “Le meraviglie del mondo sono di tutto il mondo!”, “L’umanità è un solo popolo!”

Queste parole si ascolteranno negli ultimi capitoli del libro, dopo che, grazie al coraggio dei due bambini, molte persone avranno aperto gli occhi e abbandonato avidità e paure.
Credo che questo messaggio sia consonante con quello proposto dall’Istituto Italiano di Cultura di Rabat, che intitola la sua presenza al Salon du Livre “Mediterraneo, ponte tra le culture”.
Peraltro, in questo 2022, la ricorrenza dei cinquant’anni della Convenzione sul Patrimonio Mondiale si prospetta, più che una oziosa celebrazione istituzionale, una imprescindibile occasione per porsi domande urgenti e nuove, e prendere solenni e concreti impegni. Magari facendo riunire tutti i Capi di Stato del mondo in un tendone da circo, come avviene nella mia storia…

E ora fatemi preparare il bagaglio in vista della partenza di domenica: carta d’imbarco, passaporto, taccuino, penna, spazzolino, la mia copia del libro… Sto dimenticando qualcosa?

Ringrazio la Direttrice dott.ssa Carmela Callea e tutto lo staff dell’Istituto Italiano di Cultura Rabat - المعهد الثقافي الإيطالي بالرباط, e naturalmente l’editore marcos y marcos, per avermi offerto questa speciale opportunità.

martedì 31 maggio 2022

“Il mistero delle meraviglie scomparse” va nelle scuole


Vorrei potervi trasmettere anche solo una piccola parte delle emozioni che ho provato in questi giorni incontrando le centinaia di bambini delle scuole che hanno adottato “Il mistero delle meraviglie scomparse” come libro di lettura e occasione di lavoro. Ma non ci sono le parole. Vorrei mostrarvi tutti i loro volti, gioiosi, emozionati, curiosi, prima timidi poi spigliati, furbi e gentili, ma ovviamente non si può fare: i bambini devono stare fuori da internet, e pure le loro immagini. Vi posso mostrare qualche frammento, qualche dettaglio, come i doni con cui mi hanno letteralmente ricoperto. Sono una piccola parte dei lavori che hanno realizzato a partire dalla lettura del libro: cartelloni, disegni, rime, riflessioni, un libro artigianale, un teatrino giapponese con tanti fondali che scorrono per rappresentare la storia; e poi (non si possono vedere nelle foto) canzoni, recite, balletti, riscritture, travestimenti; poi una miriade di domande: letterarie, filosofiche, personali... La cosa più bella è stata creare storie insieme: cosa stava succedendo prima dell’inizio della storia? Cosa succede il giorno dopo l’ultima pagina? Se non avessero fatto quella scelta, come sarebbe continuata la storia? E quante altre storie si sarebbero potute sviluppare a partire dalla prima frase del libro? Non sono lezioni di “scrittura creativa”: è un girovagare insieme nel campo della curiosità, arato, seminato e innaffiato dalla vitalità delle domande dei piccoli lettori. E le maestre? In queste scuole della estrema periferia, tra antichi borghi inglobati dalle zone industriali e campi a perdita d'occhio, ho visto l’Italia migliore: dove ci sono persone che fanno il quadruplo di quanto richiesto - e di quanto riconosciuto - per nutrire il bene delle persone piccole che sono loro affidate. Senza risparmio, col sorriso; e quando è il momento di incontrare un autore, si emozionano pure loro, al pari dei loro alunni. Un immenso ringraziamento a queste bambine e a questi bambini, per quello che mi hanno dato e che non potrò mai dimenticare. Un ringraziamento alla maestre delle scuole primarie di San Donnino, San Piero a Ponti, Sant’Angelo a Lecore, che hanno scelto di lavorare sui temi della pace, della tolleranza, del territorio naturale e del patrimonio artistico, a partire dal mio libro. Un grazie alla libreria Lib Lab di Sesto Fiorentino che ha veicolato questa iniziativa e all’editore Marcos y Marcos. PS: i libri non invecchiano e dopo l’estate si ricomincia; le maestre e i maestri che volessero proporre “Il mistero delle meraviglie scomparse” a una o più classi possono contattare la casa editrice per accedere al programma MarcoScuole: https://marcosymarcos.com/libri/il-mistero-delle-meraviglie-scomparse/

sabato 28 maggio 2022

"Da luoghi lontani" - Recensione di Enrico Macioci

DA LUOGHI LONTANI (Arkadia Editore) è un libro estremamente singolare. Si compone di nove racconti, tre di Sandra Salvato, tre di Carlo Cuppini e tre di Giovanni Agnoloni. I racconti si alternano e sono divisi in tre sezioni (Memoria, Sogno, Spazi cosmici), cosicché il tutto assume una linearità simmetrica, fatta di rigore ed armonia. All’interno di questo scrigno euclideo, però, si agita il magma.

La lingua immaginifica di Salvato si alterna con le atmosfere ambigue di Agnoloni e con quelle ora moreschiane (penso al Moresco de Gli esordi) ora kafkiane di Cuppini; e il risultato è una lettura che turba, smarrisce e non offre punti di riferimento oppure, quando lo fa, subito li sottrae, lasciando il lettore più smarrito di prima.

E’ dunque un libro molto attuale, oltre che molto bello. Un libro che testimonia con forza poetica lo smarrimento del nostro tempo, il disperato bisogno di una bussola e la speranza – la possibilità – che la bussola, ancora una volta, sia rappresentata dalla letteratura. Non perché essa debba fornirci delle risposte, bensì perché ci pone, più d’ogni altra disciplina, le domande giuste. Se infatti le domande sono sbagliate – e oggi è facilissimo, purtroppo, formulare domande sbagliate – come potremo anche solo avvicinarci alle risposte giuste?

Un’ultima nota. Non conoscevo la scrittura di Sandra Salvato e sono lieto di averla incrociata qui. La sua agilità e la sua ricchezza sono spiazzanti. Di Giovanni Agnoloni, avendo già letto la colossale tetralogia della fine di internet (Galaad), posso dire che lui possiede una qualità rara: una sorta di frattalità per cui ogni volta che lo si legge si torna subito ad abitare il suo mondo – un mondo magico e reale al tempo stesso – e ciò accade sia che si legga un lungo romanzo sia che si legga un breve racconto. Di Carlo Cuppini,infine, ho letto dapprima gli stupendi post “politici” su Facebook, poi la fiaba – che mia figlia ha amato tantissimo – dal titolo Il mistero delle meraviglie scomparse (Marcos y Marcos), poi la densissima raccolta poetica Quando le volpi puniscono gli uomini(Ensemble), e infine questa prova narrativa. Ebbene la voce di Carlo, mutando forma, conserva la medesima energia, la medesima feroce ostinazione a scavare un senso a mani nude, anche a costo di ferirsi e sanguinare – e chi segue e conosce Cuppini, anche un minimo, sa che non si tratta solo di parole.

Enrico Macioci


Testo pubblicato su L'Ortica del Venerdì, 27 maggio 2022:
https://www.orticaweb.it/da-luoghi-lontani-un-viaggio-attraverso-il-sogno-la-memoria-e-gli-spazi-cosmici/

domenica 22 maggio 2022

Delle giornate a Torino mi porto a casa una serie di ricordi belli...

Il più prezioso: l’entusiasmo delle bambine e dei bambini che hanno partecipato alla presentazione-lettura-viaggio di “Il mistero delle meraviglie scomparse” nel Lab Biblioteca: la loro voglia di ascoltare una storia, di intervenire, di dire la loro, di proporre sviluppi alternativi, di chiedere conto di determinate scelte narrative, di essere ascoltati con le loro mani sempre alzate. Ho provato ad ascoltare tutte e tutti; ma quei 60 minuti, che prima di iniziare mi sembravano un tempo lunghissimo, sono trascorsi in un battito di ciglia. Allora la conversazione è continuata dopo la conclusione, con l’assalto di bambine e bambini armati di curiosità e fantasia, interpretazioni e proposte: “Secondo me l’Arno ha rubato tutti i monumenti per far capire alle persone che è più bello condividere che possedere.” Bravo Bochao, mi sa che ci hai proprio preso. E mentre firmavo i loro foglietti loro continuavano a tempestarmi di domande. E io che pensavo che sarebbe stata dura catturare la loro attenzione, in un contesto così rumoroso, dispersivo e affollato...

(Nello spazio accanto c'era il ministro Bianchi, e a un certo punto mi hanno chiesto di fare un po' più piano e mi hanno abbassato il volume del microfono. Chissà se stava descrivendo l'alto valore educativo dell'obbligo di mascherina in classe...)
Poi l’incontro con i ragazzini di Radio Immaginaria, che hanno dai 10 ai 17 anni e si comportano come professionisti dell’informazione. La loro storia incredibile, compreso un viaggio in Ape fino a Stoccolma, è diventata un libro, “Noi abbiamo futuro”, pubblicato da Marcos y Marcos, che in questi giorni ospita la radio nel suo stand.
Qui, al minuto 18 circa, potete sentire l’intervista che mi ha fatto Lorenzo sul “Mistero delle meraviglie”: https://radioimmaginaria.it/.../49884859-torino-salone...
Poi le riflessioni e visioni, letterarie e non, scambiate con l’editore Marco Zapparoli e con le ragazze dello staff Marcos y Marcos.
Poi il tempo passato con Giovanni Agnoloni e con gli editori e gli autori Arkadia Editore, per il firmacopie di “Da luoghi lontani” e per trovare modi per far volare più in là, verso altri luoghi più lontani, questo libro da poco pubblicato.
Poi gli incontri casuali, non cercati, con amici scrittori ed editori, e anche con persone che in questi due anni ho conosciuto soltanto attraverso le distanze: Alessandro Ricci, Patrizia e Maurizio, Ivan Crico, Franziska Peltenburg-Brechneff, Remo Bassini
E Remo Bassini in realtà mi riporta alla “fuga” vercellese, tra una giornata torinese e l’altra, su treni a bassissima velocità che attraversavano risaie e archeologia industriale come se fossero dipinti a olio.
E poi la bellezza della stazione di Porta Nuova vista dal fondo di piazza Carlo Felice… un incanto di architettura e natura compenetrate come in un film di Miyazaki.
E infine gli incontri desiderati, e mancati per un soffio per vari motivi, che hanno anch’essi un loro fascino kunderiano che dà senso e spessore al prolungamento dell’attesa: con Claudia Tarolo, con Enrico Macioci, con Simona Vinci, con Giovanni Turi
E ora, la settimana prossima, mi aspettano i bambini fiorentini, 13 classi da incontrare in tre mattine. E una nuova presentazione di "Da luoghi lontani" a Firenze, il 26 maggio al caffè Chiaroscuro, per chi si è perso quella alle Murate.
La settimana successiva tappa a Urbino, e a ruota un favoloso viaggio oltremare con un libro in valigia...
Ma... una cosa alla volta!