blog di Carlo Cuppini

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mercoledì 13 ottobre 2010

Nodo semplice

Il nodo semplice è un abbraccio gentile, se la corda è allentata. Simmetrico, tondeggiante, sinuoso, più di ogni altro ha una forma perfetta che evoca il sigillo. Stretta inesorabile finché la tensione tiene, se questa viene meno diventa inservibile: il nodo sparisce, la corda s'appiana. E tutto è come prima.
Non c'è traguardo che metta al riparo dalla disfatta. Bisogna continuare a tirare, sudare, amare, godere, iniziare, studiare, disimparare. Tendere al cuore delle cose, tendere bene da entrambi i lati il proprio stare, continuare la metamorfosi, sottrarsi all'ammaestramento, andare nei luoghi di guerra, camminare sul confine di luce. Andare. Il nodo semplice sa anche lasciare andare.
Disponi il filo a circonferenza, poi, passando da dietro, infila un estremo nel cerchio. Se tiri, il nodo si stringe: diventa punto di sbalzo, interruzione, scalino nella linearità del filo - lo sa bene la nonna che cuce; determina ostacoli allo scorrere dei polpastrelli, dove l'inerzia del pensiero s'incaglia, la disattenzione s'inciampa, lo sguardo per contraccolpo deve alzarsi dal suolo dove stagna. Può venire da bestemmiare lì per lì, si può invocare una dose di fluidificante, per la serenità dello strisciare; ma poi potrebbe rivelarsi, proprio quello più incrinato, l'istante buono per la profezia: per lo svelamento, per la salvezza, per salvare l'inimmaginabile e annodare il proprio corpo alla visione -potremmo perfino trovarci accanto al senso del dolore, all'essenza del sale, in presenza dell'umano.
Il filo è direzione e destino: fil rouge che serpeggia, si destreggia tra le anse della mistificazione in atto, si inabissa e riemerge tra l'orrendo psico-linguaggio del potere che ci circonda, colonizza, persuade e saccheggia. Il nodo è il saltello che risveglia l'istante al desiderio, lo riporta all'azione: è voce-parola che promette e modella, parola-rivolta che induce lo scarto necessario per tornare al reale, parola-pallottola che se manca il colpo si autocancella, si zittisce, s'incendia. E in caso d'incendio, per inciso, non c'è nodo che valga: meglio buttarsi nel fuoco, votarsi al fuoco -potremmo anche uscirne slacciati, affrancati, illuminati: il corpo ricoperto di parole argentate che, ancora una volta, avranno suoni e significati.

(Pubblicato nell'antologia poetica Frecce verso l'altro, Selezione Nodo Sottile 2010, Marcos y Marcos, 2010)

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