Gli uccelli di Aristofane. Quelli di Hitchcock. La conferenza degli uccelli, antico poema Sufi. L’albatros di Baudelaire e il corvo di Poe. Il gabbiano Jonathan Livingstone di Richard Bach. E Cipì di Mario Lodi. E altri uccelli ancora.
Mi piace quando le rondini ti sfrecciano sfrontate accanto al viso, insinuando una tua appartenenza alla dimensione aerea, un legame originario con le altezze del cielo, affermando la loro fulminea inafferrabilità.
Lo facevano i rondoni neri nella terrazza altissima della casa dell’infanzia.
Lo fanno oggi i piccoli balestrucci bluastri, lanciati come proiettili in avvitamenti spericolati a un centimetro dall’asfalto, schivando le sporadiche automobili, nell’antica via ritorta in cui viviamo, ai margini della città.
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