blog di Carlo Cuppini

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venerdì 30 luglio 2021

Giunta militare, vittoria mutilata, reietti (qualche riflessione notturna)

Mentre qualcuno cerca di misurare la distanza esatta che separa il Green Pass italiano dal Sistema di Credito Sociale cinese - e cerca di immaginare quanto tempo sarà necessario per colmare quella distanza - apprendiamo che una giunta militare è un'opzione di cui si può tranquillamente discutere negli ambienti moderati.

Dopo avere preso atto che l'accesso universale alle cure può essere un principio modulabile a seconda dei comportamenti individuali, e che una scelta esplicitamente consentita dalla legge può costare la disumanizzazione ("sorci", "persone immorali"), registriamo questo ulteriore salto di qualità nella costruzione delle coordinate concettuali del mondo che sta per arrivare.
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Mentre tutti i temi propriamente sanitari restano ai margini dell'attenzione generale: dell'adeguato approccio extraospedaliero al covid non parla più nessuno (neanche alcuni dei paladini di questa istanza, votatisi improvvisamente al "ne usciremo solo con i vaccini"; neanche chi ha dimostrato che l'intervento domiciliare precoce può ridurre dell'80% le ospedalizzazioni); il rafforzamento e l'adeguamento della sanità territoriale è questione archiviata o rimandata a data da destinarsi, magari a quando ci saranno i soldi (ma le vite umane non sono da salvare ora?); il potenziamento e la messa in sicurezza delle strutture ospedaliere è fuori discussione (in Italia ogni giorno muoiono 137 persone per infezioni contratte nei nosocomi; questi morti in gran parte evitabili con adeguati investimenti e ammodernamenti, non hanno mai fatto impressione a nessuno, né tantomeno la fanno ora - eppure chi entra in ospedale oggi in Italia ha lo 0,5% di possibilità di morire per una malattia che, al momento del ricovero, non aveva, né stava incubando); il tema della prevenzione e degli stili di vita collettivi e individuali per la riduzione dei fattori di rischio solitamente suscita risatine, anche tra molti degli esperti ospitati dalle televisioni (a meno che per stili di vita non si intenda distanziamento e mascherine; attività fisica, alimentazione, stress, corretti e monitorati apporti vitaminici... temi mai nominati).
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E' una escalation di colpi destinati a deformare l'idea che la società ha di se stessa, inferti in nome di una necessità pragmatica.
(Ma perché allora non riabilitare la pena di morte, per la necessità pragmatica di dissuadere dal compiere i crimini più efferati? O perché non infliggere la castrazione agli stupratori, per la necessità pragmatica di azzerare il rischio di recidiva?)
Registriamo questa escalation disincantati, perché è chiaro ormai che le cose sono totalmente fuori controllo, e non si fermeranno qualunque cosa accada; non si fermeranno neanche se nel giro di una settimana la pandemia sparisse per i fatti suoi (come accadde alla Spagnola). Osserviamo e registriamo, con un po' di nostalgia per un mondo che giorno dopo giorno si sbriciola sotto i nostri occhi: un mondo che era pieno di difetti, malfunzionamenti e terribili ingiustizie (contro alcune delle quali molti di noi si sono pronunciati e impegnati); ma che non era poi così male, se confrontato a quello che sta subentrando a tappe forzate.
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"Ne usciremo solo con i vaccini".
Purtroppo è sempre più evidente che questo slogan è iperbolico, ingannevole e distraente. I vaccini sono uno dei mezzi per gestire la convivenza con questo virus. Punto.
Le persone che ci hanno creduto, in buona fede, che hanno creduto che il vaccino fosse un fine e non un mezzo, che hanno visto nel vaccino il simbolo antitetico a quello del covid (il Battesimo che cancella il Male), intervenuto a riequilibrare una metafisica dissestata - queste persone a breve saranno assalite da una colossale frustrazione: non perché il vaccino non sia efficace nel proteggere i riceventi, ma perché il progetto della "immunità in un solo Paese" – mentre in Africa e altrove è vaccinato solo il 2% della popolazione – non fermerà la circolazione del virus a livello mondiale, non gli impedirà di mutare, né di rientrare per mille strade in Italia e in qualunque altro Paese. Sempre che in qualche territorio sia stato davvero "espellerlo" a colpi di passaporti, di segregazioni e di lockdown - cosa che appare alquanto improbabile dal momento che i vaccinati si infettano molto meno, è vero, ma se si infettano (e non sanno di essere infettati, essendo per lo più asintomatici e meno "sospettati" e controllati) contagiano, e il virus continua a girare, e a mutare, e a stare tra noi, con implicazioni cliniche maggiori o minori.
Nel frattempo, con la vaccinazione a tappeto, probabilmente avremo soltanto preso un po' di tempo, illudendoci però di avere conseguito una vittoria: un tempo in cui avremo nutrito aspettative infondate, messianiche, e non avremo imparato neanche una lezione pratica in merito alla inevitabile convivenza con questo virus - convivenza che deve per forza essere vista come sostenibile, se vogliamo continuare a vivere.
Come andrà a finire? Penso in questo modo: la frustrazione delle masse si tramuterà in una furia cieca – con le imbeccate provvidenziali di qualcuno che dovrà evitare in ogni modo che le proprie responsabilità divengano evidenti; o che vedrà in questa immensa marea irrazionale un'occasione da sfruttare. La rabbia potrà essere placata soltanto versando il sangue del capro. Per questo serviranno le "non persone", parecchie: quelle che essendo già virtualmente disumanizzate ("sorci") si possono lasciare morire per strada, si possono umiliare, quelle su cui si può infierire per ottenere la propria soddisfazione.
Il costrutto culturale di "non persona" è già pronto, grazie alla collaborazione dei principali media e di alcuni commentatori e influencer. Sono bastati pochi mesi per dividere tra "persone" e "non persone" fratelli, amici, partner, colleghi, concittadini. Persone che si amavano, si stimavano, si volevano bene, oggi si guardano come attraverso un vetro. Le schiere delle "non persone" saranno bersagli buoni e facili per placare il sentimento della "vittoria mutilata", che monterà nella maggior parte delle persone.
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La gestione del covid non è il nazifascismo, beninteso. Tuttavia la Storia si ripete con meccanismi di psicologia delle masse sempre uguali. Quando il potere politico manovra la società agitando simboli e rimestando tra gli archetipi fondamentali – ergendosi così a casta sacerdotale, magari con la collaborazione di una congerie di scienziati, o saggi, che si sentono molto importanti, utili e lusingati: anche questo è accaduto nel passato – si sprigionano mostri che imperversano per decenni, impossessandosi dell'anima della persone, prima che ci se ne possa liberare.
Certo, chi "obbedisce e basta", perché "si fida e basta", potrà attraversare questa notte senza accorgersene neanche, raccontando a se stesso che tutto va come deve andare; e se a qualcuno va male, è perché se l'è cercata: nessuno gliel'ha ordinato. E' sempre stato così: fondamentalmente, nei regimi dispotici illiberali molta gente sta bene. Quasi sempre. Chi sta male è perché non è addivenuto a miti consigli. I miti consigli per vivere bene nel mondo a venire sono sventagliati di fronte ai nostri occhi: non abbiamo che da addivenire.
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"Ne usciremo solo con i vaccini".
Non so se con questo paradigma - nonostante l'abbandono di tutti i temi veramente sanitari - usciremo presto dalla pandemia. Non credo. Dipenderà anche da cosa continueranno a misurare.
Quel che è certo è che che da qualcosa usciremo: dalle nostre vite, dai nostri valori, da noi stessi, essendoci dimostrati collettivamente disponibili a venire "sostituiti" da emozioni saturanti, nostre, ma telecomandate.
Usciremo in un posto poco piacevole, irriconoscibile, dove quelli come me saranno considerati reietti, e trattati come tali, come già in questi 18 mesi in larga parte è accaduto, grazie alla puntuale profilazione del "nemico pubblico" operata dai media. E non tanto perché queste persone, come me, abbiano fatto questa o quella scelta, tra quelle consentite dalle leggi, ma perché hanno osato cercare di "farsi un'opinione": e il neo premio Strega Emanuele Trevi ci ha resi edotti del fatto che "l'essenza della democrazia non è farsi un'opinione, ma fidarsi di CHI SA."
Almeno così deve essere, nel mondo nuovo che ha preso il posto di quello che bene o male cercavamo di edificare.

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