Nel mondo al contrario, i ragazzi si vedevano in discoteca e si baciavano, come avevano sempre fatto. Gli anziani entravano a decine, tutti appiccicati, alle poste, nei musei, nei supermercati, con le loro bellissime facce segnate dal tempo, orgogliosamente esposte agli altrui sguardi. La gente entrava in un negozio e si scambiava un sorriso con il commerciante. Mentre i bambini stavano seduti al banco di scuola, con i finestroni spalancati sul tripudio di una frizzante primavera, le rondini che quasi entravano nell’aula, per otto ore al giorno con il volto cancellato, il linguaggio delle espressioni soffocato, il continuo rovello – ormai da mesi, anni – sul senso da dare a quella frase un po' brusca pronunciata dalla maestra senza tre quarti di volto: sarà stata una battuta o un rimprovero? Nel mondo al contrario i bambini non avevano mai visto in faccia quei compagni che non frequentavano fuori dalla scuola, se non di sfuggita alla mensa, dove – al contrario che al ristorante – non si può parlare, perché se si parla, nella mensa di scuola, ci si ammala, si muore, si fa morire. Nel mondo al contrario i bambini soffrivano per una menomazione senza dirlo e senza nemmeno accorgersene; perché, come era stato detto a suo tempo, i bambini si abituano a tutto: tragicamente, tutto gli sembra normale. E se soffrivano, gli adulti perbene – quelli scesi in piazza il 25 Aprile e il Primo Maggio per iscriversi alle buone cause della Storia già Scritta, quelli mossi da nobili valori – se ne fregavano. De resto, non si trattava mica di un cane abbandonato al bordo dell'autostrada. E poi, soprattutto, se c'è di mezzo la salute non si discutono le decisioni delle istituzioni.
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