blog di Carlo Cuppini

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giovedì 9 maggio 2024

Logout al Salone del Libro di Torino

È stato emozionante rompere il ghiaccio, con Logout, prima con le ragazze e i ragazzi di terza media, poi con il pubblico di persone cresciute allo stand di Bibliocoop. Nel primo caso ho alternato racconto, letture e sfide. Tra un brano e l'altro ho chiamato dei "volontari" e gli ho fatto pescare una carta del famoso mazzo, lato giallo. A Viola è toccata questa sfida: "Dopocena tieniti alla larga da qualsiasi cosa abbia uno schermo, degli altoparlanti, una connessione." "Facile" ha detto Viola alzando le spalle. Poi Davide (io: "Ehi, ti chiami come il migliore amico di Luca!") ha pescato questa: "Usa il telefono tutte le volte che vuoi, ma ogni volta devi stare in equilibrio su un piede solo". Anche lui ha alzato le spalle. "Fallo ORA" l'ho provocato. "Manda un messaggio a... lei." Risate di tutti. Davide ha accettato la sfida, e l'ha vinta. "Ve la sentite di affrontare tutti questa missione, fino a domani?" ho rilanciato. "Anche le professoresse?" Tutte hanno annuito. Ho concluso l'incontro con la lettura dell'incontro- scontro tra Luca e il teppista Adrika, che è il momento in cui la superficie scintillante della routine malsaziana si incrina irreparabilmente agli occhi del giovane protagonista. È una scena concitata, perfino drammatica, e mi ha fatto piacere percepire l'attenzione e la tensione di tutti quei ragazzi, tutti protesi in avanti ad ascoltare, con gli occhi spalancati come bambini, come i bambini che erano fino a una manciata di anni fa.

Con il pubblico adulto di Bibliocoop abbiamo parlato soprattutto dei temi sociali e politici che la narrazione sfiora: lo strapotere delle corporation che sempre più rappresentano l'unione tra logistica (acquisti on-line) e servizi digitali (surrogati delle esperienze fisiche); le due facce delle medaglia della globalizzazione liberista, dove al benessere opulento di una parte corrisponde necessariamente la miseria e lo sfruttamento di un'altra. Ho parlato del recente articolo dello psicologo sociale Jonathan Haidt, pubblicato in Italia da Internazionale, che mi ha impressionato per la durezza e la lucidità di un'analisi che tratta le stesse questioni che solleva il mio romanzo. Riporto qui un passaggio che ritengo cruciale:

"All'inizio degli anni dieci del Duemila qualcosa improvvisamente è andato storto per gli adolescenti. (...) Il declino della salute mentale è solo uno dei tanti segnali. La solitudine e la mancanza di amicizie tra gli adolescenti statunitensi hanno cominciato ad aumentare intorno al 2012. Da quell'anno anche i risultato scolastici sono peggiorati. (...) L'intrusione degli smartphone e dei social networks non è l'unico fattore ad avere modificato la vita infantile. C'è un retroscena importante, che comincia già negli anni Ottanta, quando abbiamo cominciato a privare sistematicamente i bambini e gli adolescenti della libertà, del gioco senza supervisione, delle responsabilità e delle possibilità di correre rischi, che favoriscono la competenza, la maturità e la salute mentale. Ma il cambiamento ha subito un'accelerazione all'inizio degli anni dieci, quando una generazione già privata dell'indipendenza è stata attirata in un nuovo mondo virtuale che ai genitori sembrava sicuro, ma che in realtà, per molti aspetti, è più pericoloso del mondo materiale."

Ma poi – bandendo la pesantezza, il moralismo e il pessimismo – torniamo a tuffarci nel libro, dove la fantasia si scatena, e vince, e un altro mondo è possibile, e gli anziani hanno qualcosa da insegnare ai ragazzini, e i bambini e i ragazzini hanno qualcosa da ricordare agli anziani. Perché la fantasia di per sé è ottimismo, è creazione, è gioia. È fiducia in tutte le possibilità a cui possiamo dare attuazione, con un pizzico di coraggio, di ingegno, di irriverenza e di collaborazione. La fantasia è già relazione, voglia di raccontare e di ascoltare.





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