blog di Carlo Cuppini

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martedì 9 marzo 2021

Dentro il mondo di Emanuela Nava

Vi porto dentro il mondo di Emanuela Nava, perché possiate essere portati molto lontano dalle sue parole e delle sue storie, scintillanti come incantesimi e solide e odorose come il terreno. 

Emanuela Nava scrive storie per bambini. Che dico? Scrive storie di bambini, che sono storie del mondo, e sono storie per tutti. Per tutti coloro che abbiano un orecchio bambino da cui farle entrare.

Sono storie di bambine e bambini coraggiosi, timorosi, dubbiosi, gioiosi; presi dai problemi, dai piaceri e dai desideri piccoli e immensi dei bambini. Bambini normali che fanno cose normali; ma anche un po’ filosofi, capaci di domande smisurate e sconcertanti; e un po’ sciamani, usi a rituali misteriosi, forse portatori inconsapevoli di retaggi di antichi saperi dimenticati.
Nelle storie di Emanuela Nava c’è un piano ancestrale, archetipico, simbolico e mitologico, che si intreccia alla quotidianità e alla contemporaneità, con la speciale semplicità con cui il vino si mescola all’acqua.
I miti induisti sono lo sfondo di una storia di magia, diversità e immigrazione, in Il filo d’oro del mare; i caratteri maliziosi degli dei greci irrompono nel mondo tranquillo, ma segnato dall’orfanità, di Io e Mercurio; le avventure degli olimpi discendono nel nostro tempo nella Canzone di amore e di guerra; la figura ancestrale dell’uroboro, il serpente che si mangia la coda, insieme ai simboli alchemici, appare nello scenario rurale, pre-industriale, intriso della crudeltà degli adulti e della poesia dei bambini e dei folli, dell’Uomo che lucidava le stelle.
Ma questa è cultura da banchi di scuola! Invece in queste storie tutto è leggero, da far girare la testa! E se invece è pesante, come certe cose sono, allora trova il modo di staccarsi dalla polvere del suolo, involarsi, ma senza perdere la forza ctonia, selvaggia, magari attraverso lo sguardo puntato verso il cielo, di giorno, alle nuvole mutanti che salvano le anime, di notte, alle stelle che, come le pietre, sono antenati.
E poi scoppiano feste, scoppiano bisticci, scoppiano innamoramenti, ci sono marachelle, piccoli piaceri, piccole infrazioni, le incomprensioni, le lacrime, il coraggio; nessuna solennità negli slanci verso una grande visione celeste, ma solo la più semplice spontaneità dei bambini che giocano tra loro a reinventare il mondo in ogni loro istante.
Spesso è la potenza sonora, visionaria, etimologica delle parole a imporre il ritmo e l’andamento alla storia, prevalendo su un senso progettuale della trama. Si viene spinti e risospinti sul bagnasciuga dell’immaginazione, raramente con un lineare procedere. Non c’è niente da fare: bisogna abbandonare la modalità apollinea e razionale del racconto (a cui ci ha abituati un marketing editoriale piuttosto omologante…), e abbandonare se stessi a un ascolto con le orecchie, con le orecchie del cuore e con quelle dell’immaginazione. E’ la forza intrigante del racconto orale, antico rituale conviviale e intergenerazionale, percorso labirintico, ciclico, tentacolare… Che si rigenera sempre da se stesso.
Mia nonna, semi-analfabeta, sorta come una potenza della natura in uno scomparso e violento mondo contadino, raccontava sempre le stesse storie, la sua mitologia personale, nostra mitologia familiare, quasi con le stesse parole. E ci teneva tutti avvinti e intrappolati, figli e nipoti, ogni volta, nello svolgersi di quelle creazioni sempre nuove.
Così nell’Uomo che lucidava le stelle non si fa altro che girare intorno a un piccolo fatto, arrivando sempre sul punto di scoprire cosa è accaduto e cosa non è accaduto quella volta… e intanto si dipana, a raggiera, a ricamo, non una storia, ma un mondo: di personaggi, episodi, simboli, sentimenti, sguardi puri, gesti sporchi…
…Una bambina che raccoglie le pietre sulla sponda del lago, che sono antenati, e un uomo forse cieco, che forse lucida le stelle ma non lo ha visto nessuno, e una pazza visionaria e sola, con il suo maiale, e i cacciatori induriti con i loro cani, e i due vecchi che ancora una volta cercano di sposarsi, e non ce la faranno, e una madre che è fredda e dura come pietra, ma che ha ancora la possibilità di svegliarsi e svegliare il fuoco… E quel “fatto”? Alla fine non era altro che una piccola cosa assurda e crudele, di cui quasi nessuno si accorge. Ma quella crudeltà, indipendentemente dalle volontà così miopi e misere degli adulti, contiene anche una bellezza, e un senso che consente di accettare il sacrificio e il dolore – per i bambini che guardano il cielo, per i matti, per qualche adulto rinsavito.
Ho speso qualche parole in più per questo racconto perché è quello, tra i molti che amo di Emanuela Nava, che più mi ha colpito: per il suo sprigionare misteri, scintilli e odore di fango, contemporaneamente, da ogni piega del discorso che si dipana.
Alla potenza e alla profondità della parola è dedicato Una maestra piena di parole, un’altra creazione che alterna leggerezza del mondo infantile con la “saturninità” delle domande filosofiche, semplici e cruciali, suscitate dalla frizione tra i percorsi che delineano le parole, con tutti i loro strati e portati, e l’esperienza quotidiana di una classe di bambini, tra amori, delusioni, promesse, sfide, prefigurazioni.
Ancora due cose.
Parlando di Emanuela Nava, non si può tacere di un aspetto che sta fuori dai suoi libri, e fa parte della sua vita: il coraggio che la spinge a prendere le difese dei bambini, con gentile determinazione e senza riserve, senza condizioni, anche qualora questa scelta significasse vedersi rivoltare contro il mondo intero.
E poi Emanuela Nava legge le sue storie. Magnificamente. Una voce profonda che affabula, piena di riverberi e risonanze. E le piace condividere i suoi saperi. Sul suo sito e sulla sua pagina fb ci sono video e notizie sui corsi di lettura che tiene.
Chiudo con una breve lettura da Una canzone di amore e di guerra:
- Quando attaccherà l’esercito nemico?
- Avremo il tempo di difenderci?
- Ci rapiranno o ci uccideranno?
- Moriremo tutti?
Uno dopo l’altra, bambine e bambini, bersagliavano Ari di mille domande.
Una tempesta di paure ed emozioni, di congetture e ipotesi orribili, ma anche nobili, ci sovrastava.
Più immaginavamo il nemico, più immaginavamo sua ferocia e la sua invincibilità. Più sentivamo anche la sua forza e il suo coraggio. E proprio per questo avvertivamo motivi ancora più ardenti della sua lingua di fuoco crescere dentro di noi, per trovare il modo di abbatterlo, sconfiggerlo, sgominarlo.
– Ma senza odio! – ci ripetevamo – Solo per salvare le persone che amiamo.
– Saremo uniti!
– Difenderemo i nostri compagni!
Adesso scegliete a intuito il libro da cui cominciare a entrare nel mondo magico e tenace di Emanuela Nava. E leggetelo ai bambini che amate, a partire da quelli che vivono – spero vivaci, non troppo sonnacchiosi, con gli occhi sempre sgranati – dentro di voi.



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