Non dirò come ho ricevuto i due volumi di questa monumentale graphic novel, opera dell'autore Michele Medda con una serie di illustratori per la parte visuale: vi basti sapere che i due tomi sono finiti nelle mie mani grazie a una di quelle circostanze che possono accadere solo durante fatti straordinari ed epocali, come potrebbe essere una pandemia. Perché accadano certe cose però non basta nemmeno che ci sia in corso una pandemia: bisogna anche essere "dalla parte sbagliata" della Storia. Dove è facile passare dal piangere di rabbia alle lacrime di commozione. Dove tutto è così pressantemente umano che in certi momento non sai più dove andare, dove guardare, come fare.
Questo accade a Davide Donati, il giovane protagonista di questo romanzo grafico potente, conturbante e profetico (parola sciatta e inflazionata, eppure in questo caso appropriata).
L'idea di Caravan nasce nel 2006, poi la storia esce tra il 2009 e il 2010 per Bonelli Editore come serie a fumetti in 12 episodi. Nel 2016 viene riunita in due volumi di 600 pagine l'uno, ed è un bene: perché il disegno complessivo è più importante dell'unitarietà dei singoli episodi.
Diciamolo subito: nella gran parte di queste avvincenti 1200 pagine non succede niente.
Succede tutto all'inizio, quando la normalità di una cittadina degli Stati Uniti viene sconvolta da un evento misterioso e i militari assumono il controllo, obbligando la popolazione a evacuare. Inizia il viaggio di migliaia di persone con le loro autovetture, al seguito della colonna dei militari. Non si conosce la direzione, non si sa nulla della minaccia, non si sa se si tornerà nelle proprie case, e quando. Non si sa nulla. I militari non sono autorizzati a parlare. Il sindaco è stato destituito per ordini arrivati da Washington. I cittadini di professione medici vengono "arruolati", dotati di divisa, accolti nella compagine dei militari. Viaggiano con loro, più comodi. Prestano assistenza alla popolazione, sotto il controllo dei militari. La gente terrorizzata dalla minaccia misteriosa, smarrita, assoggettata all'autorità delle divise e dei mitra, obbedisce a ogni disposizione. Vengono concesse pause con cadenze incomprensibili, si riparte, si viaggia di giorno, si viaggia di notte, arbitrariamente e senza spiegazioni. I militari amministrano la giustizia come capita all'interno di questa comunità sconvolta, resa da un giorno all'altro nomade. I militari provvedono a fornire i beni di prima necessità, a riparare gli automezzi in panne. Il diritto è sostituto dall'umore di chi ha in mano una pistola: cinismo, durezza, solidarietà, tolleranza, possono essere dispensati con uguale probabilità, a seconda del soldato con cui ti toccherà avere a che fare durante un diverbio.
Sotto una pressione psichica mai provata, le donne e gli uomini si avvicinano al punto di rottura della fibra che li sostiene: danno il peggio, danno il meglio, emergono pulsioni sepolte, e non sono sempre delle belle sorprese. Escono fuori le storie mai raccontate. E il viaggio è un carosello di storie, di salti avanti e indietro nel tempo, alla ricerca di una ricucitura con la memoria, in mancanza di una possibile ricucitura con un presente irriconoscibile.
Davide Donati e la sua famiglia normale vivono mille vite: le proprie, fino a quel momento sottaciute, sottovalutate. E, per la prima volta, le condividono, facendole diventare vere.
Bisogna essere sul bordo del baratro per essere davvero umani. Non sempre va a finire bene. Il viaggio in queste condizioni è una dura iniziazione. E trasformare la paura in coraggio, che tu sia un uomo maturo o appena un ragazzo, o una madre stanca, o una sorella stressata, o una bambina innocente, o un ragazzone violento, o una ragazzina down rimasta incinta, può avere un costo molto elevato.
Non succede niente per un migliaio di pagine, a parte l'umano: feroce, dolcissimo, disperato, avventato, abbacinato, "seconda stella a destra...", "sì, la vedo anche io".
Ho una passione per i romanzi avvincenti in cui non succede niente, e ne ho in mente diversi: forse è un genere letterario sommerso. Mi viene in mente - visto che parliamo di un autore bonelliano che ha lavorato tanto su Dylan Dog – un libro di Tiziano Sclavi, intitolato proprio "Non è successo niente". È un libro in cui non succede niente, per l'appunto; eppure, a quasi trent'anni dalla lettura, ne conservo un'impressione vivida e intensa. Non è l'azione che conta, evidentemente.
Non è vero che non succede niente, in Caravan, ovviamente: come potrebbe, se l'umanità si muove sul margine di una ipotetica terza guerra mondiale, o forse sul bordo di una ancora inespressa e non confermata Apocalisse? Succedono tante cose, in realtà, ma il movimento essenziale è il lento fluire della enorme carovana fatta di migliaia di macchine, camion e camper, e il relazionarsi dei loro abitanti, fuori da ogni schema relazionale consueto.
Ma oggi Caravan è anche un libro sul covid. Uno dei più belli. Ho già detto che i più importanti libri sul covid sono stati scritti prima del 2020, a partire del fondamentale "La torta in cielo" di Gianni Rodari, uscito nel 1966.
Caravan ci parla di noi stessi che reagiamo all'impensabile, allo sconcertante, all'incommensurabile: alla paura di una minaccia potenzialmente apocalittica, da una parte; a un potere politico e poliziesco divenuto improvvisamente soverchiante, che in nome della nostra protezione si fa assoluto, tirannico e totalitario, intromettendosi nelle nostre case, nei nostri rapporti, nei nostri pensieri, nelle nostre intenzioni, inverando ciò che Foucault chiamava "il sogno della peste": l'eterno sogno del potere politico di avere un pretesto per liberarsi di ogni sua limitazione. Per Foucault la peste è sempre stata questo pretesto, il pretesto ideale.
I protagonisti di questo grande romanzo per immagini in bianco e nero si pongono domande, e non trovano risposte. Ma porsi domande è vietato, significa cacciarsi nei guai quando l'unica risposta è "dovete fidarvi". Dell'autorità. Militare, scientifica, un misto di entrambe: poco importa. È l'autorità, che vi conduce lontano dal pericolo. Una autorità che è pronta ad ammazzarvi, pur di condurvi in salvo, beninteso. Farsi domande però è un impulso insopprimibile per qualcuno: è un prurito, una tremarella, l'impossibilità di stare fermo, un'insonnia, una nevrosi. E in una simile situazione in cui l'unanimismo delle persone cresce fino a raggiungere la stessa estensione dell'opacità del potere, farsi domande porta inevitabilmente e dubitare, e a volare le regole.
In quale assurda circostanza un padre di famiglia – soddisfatto, borghese, rispettato e apprezzato – potrebbe dimenticarsi dei "punti che ha accumulato", buttare alle ortiche la carriera, rischiare la vita, rischiando di lasciare soli i suoi figli - soltanto per cercare di conoscere un pezzetto in più di verità? E di chi ci si può fidare, se fidarsi può voler dire essere traditi?
Tutte le risposte allo sgomento degli adulti qui non sono altro che ulteriori domande: ma sono domande del tipo di quelle che stanno in fondo agli occhi di un ragazzo, e allora dal momento in cui traboccano niente è più uguale a ciò che volevano farci credere. Perché la vita intera ricomincia in quell'affaccio dell'interiorità fragile sul mondo devastato. E non è simile a niente che sia venuto prima. Al punto da non poter essere nemmeno misurato, sorvegliato, perseguitato, catturato.
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PS: L'editore dei volumi ovviamente è Sergio Bonelli. Gli illustratori cambiano a ogni episodio e, nell'ordine, sono: Roberto De Angelis, Stefano Raffaele, Fabio Valdambrini (4 episodi), Werner Maresta, Andrea Cuneo, Emiliano Mammuccari, Giancarlo Olivares. https://www.sergiobonelli.it/sezioni/35/caravan
PPS: Esiste un blog dedicato a questa opera, animato dall'autore, che si arricchiva di contribuiti via via che uscivano gli episodi. È pieno di riflessioni interessanti, ancora attuali: http://caravan-laserie.blogspot.com
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