Quando ho raccontato la storia di Logout alla mia amica romagnola Laura L., a lei è venuta in mente una canzone: A casa di Luca di Silvia Salemi. Ve la ricordate? Era il 1997. Io avevo 17 anni, lei - la cantante - 19. A quel tempo non c’erano i social né i servizi di messaggistica; per molti non c’erano nemmeno i cellulari, e se c’erano si usavano soltanto per telefonare; c’era internet, sì, ma ci volevano un paio di minuti per collegarsi, e comunque non si sapeva bene come usarlo; i motori di ricerca emettevano i primi vagiti; e poi c’era il “popolo di Seattle”, c’era il subcomandante Marcos, c’erano molti fermenti dal basso e “un altro mondo” era “possibile”, o sembrava esserlo. Era davvero un altro secolo, un altro millennio.
Della canzone ricordavo solo il titolo. Riascoltandola, sono rimasto fulminato. È così attuale, e allo stesso tempo così meravigliosamente inattuale, e il suo senso è così affine a quello del mio romanzo. Forse il Luca della canzone è il Luca di Logout da grande, anche se la canzone ha quasi trent’anni più del romanzo…
“Anni questi anni passati così
Aridi, sterili, vuoti
E l'era delle immagini
C'ha rubato il cuore
L'inventiva, le idee, le parole
Oh certo che provo qualcosa per te
Ma dire amore è difficile
L'epoca del
Tun tun cha pa tu pa tum
C'ha stordito il cuore
Siamo isole senza valore
Ma la sera a casa di Luca torniamo a parlare…
(…)
Sai che dovresti venirci anche tu
Anche se a casa stai comodo
Ma questa è un'era subdola
Che ti inchioda il cuore
E la vita ad un televisore
…”
Il resto della canzone ve lo lascio ascoltare.
Cercatela: troverete il mare.
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