blog di Carlo Cuppini

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martedì 31 luglio 2012

Viaggio in Viet Nam #6: premesse - vigilia della partenza

Partiamo il 1° agosto, Ramona e io. Venti giorni. Il Vietnam. Perché?
Perché la foto famosa di una bambina nuda che scappa dai soldati.
Perché un'altra foto dove un ufficiale spara a sangue freddo in testa a un ragazzo vietcong (e della scena si trova anche un filmato su youtube).
Perché Marguerite Duras nacque e visse a Saigon, e di Saigon scrisse.
Perché proprio 50 anni fa gli USA iniziavano la guerra e Obama pochi mesi fa ha fatto un discorso tronfio e pieno di retorica.
Perché gli USA non hanno ancora pagato il risarcimento per danni di guerra al Vietnam devastato, come convenuto negli accordi di Pace di Parigi, e il premio Nobel Obama non ha detto niente al riguardo.
Perché l'8% di crescita annua in un paese asiatico comunista a economia capitalista.
Perché il rogo di Thích Quảng Đức nel 1963 e degli altri 32 monaci buddisti nel Vietnam del Sud, per protestare contro il governo-fantoccio dittatoriale di Diem installato dagli USA.
Perché in Persona di Bergman ho visto per la prima volta le immagini reali di un monaco che si dava a fuoco, viste con gli occhi di Liv Ulmann.
Perché da qualche parte bisogna pure incominciare, con questa Asia affascinante.
Perché da quando hanno aperto l'accesso agli occidentali nel 1990 sono state scoperte decine di specie animali sconosciute o date per estinte, comprese quattro specie di grandi mammiferi che non esistono in alcuna altra parte del mondo.
Perché Mao vietò in Cina il Tai Chi, stigmatizzandolo come pratica legata alle superstizioni tradizionali, mentre lo "zio Ho" lo praticava ogni mattina.
Perché chissà cosa sarebbe successo se Ho Chi Min non fosse morto prima della cacciata degli americani e della riunificazione del Vietnam.
Perché lo zio Ho ha avuto una vita avventurosa come poche, e anche la delusa Oriana Falalci lo descrive con passione sfrenata.
Perché lo zio Ho visse in una grotta per otto anni e per debellare la malaria mangiò un ragno.
Perché il generale Giap, che voleva essere Napoleone, sconfisse i francesi nel 1954 e fece capitolare gli americani nel 1974 e conquistò Saigon nel 1975, e ora che ha 100 anni fa trasmissioni alla radio e se la prende con il governo, troppo accondiscendente con le multinazionali straniere.
Perché i reportage di Oriana Fallaci sono testimonianze sconvolgenti e appassionanti, e sono meravigliosamente scritti.
Perché i diari di Tiziano Terzani sono testimonianze di una speranza che è sparita da questo mondo – la rivoluzione, il riscatto – e sono meravigliosamente scritti.
Perché tutti i vietnamiti compiono gli anni il 1° gennaio.
Perché i vietnamiti sono buddisti zen, buddisti d'altro genere, taoisti, cattolici, musulmani, induisti, caodaisti, atei, animisti, panteisti, o appartengono a una tra parecchie altre religioni.
Perché di qualunque religione siano, i vietnamiti hanno in casa un altarino dove risiedono gli spiriti dei morti, a cui quotidianamente danno da mangiare.
Perché durante la guerra molti sono stati ammazzati mentre perdevano tempo ad accendere la candela davanti all'altare - come prescrive il rituale in caso di assenza da casa.
Perché, pur avendo presumibilmente poco da mangiare, molti vietnamiti dedicano una parte dell'orto intorno a casa al sostentamento dei defunti.
Perché il delta del Mekong.
Perché il Paese del Drago.
Perché la Baia di Halong, dove migliaia di isolette a punta sono le spine di un drago addormentato che spuntano a fior d'acqua.
Perché i francesi, scappando dopo Dien Bien Phu, distrussero senza motivo la Pagoda-su-una-sola-colonna, meraviglioso monumento vecchio di mille anni dedicato alla fertilità.
Perché la Pagoda-su-una-sola-colonna è stata ricostruita identica a come era, e ancora oggi la si può ammirare ad Hanoi.
Perché forse il comunismo vietnamita è stato migliore degli altri comunismi.
Perché forse il comunismo vietnamita è stato uguale agli altri comunismi.
Perché Apocalypse Now, Full Metal Jacket, Il Cacciatore, Platoon, Good Morning Vietnam!
Perché Rambo 1, 2, 3, 4.
Perché i Reduci del Vietnam, tanto famosi che sembrerebbe di poterne incontrare ogni giorno uno sotto casa.
Perché i numeri contano: oltre due milioni di morti ammazzati tra nordvietnamiti e vietcong, 260.000 tra i sudvietnamiti, 58.000 morti tra gli americani.
Perché gli americani hanno sganciato in un solo paese poco più grande dell'Italia molte più bombe di quante ne avessero sganciate complessivamente nella Seconda guerra mondiale su Europa, Africa e Asia.
Perché il napalm.
Perché l'agente arancio e il desfoliante, per cui ancora oggi nascono centinaia di bambini malformati.
Perché le bombe a biglie.
Perché i bambini dei villaggi che andavano a scuola con una bottiglia d'acqua in mano, per spegnersi le fiamme addosso in caso di attacco aereo americano col napalm.
Perché le minoranze etniche nelle montagne del nord, che né i colonizzatori né i comunisti hanno privato dalle loro tradizioni e delle loro credenze.
Perché 40° di temperatura e 98% di umidità.
Perché da dieci anni un libro mai letto nello scaffale, scritto da Wu Ming con un partigiano romagnolo, che racconta la storia di quest'ultimo, partito per il Laos nel dopoguerra, per unirsi ai vietcong.
Perché "Sul colonialismo" di Simon Weil, da rileggere e meditare.
Perché il Sessantotto e "10, 100, 1000 Vietnam!".
Perché la strage americana a My Lai, uguale in tutto e per tutto ai più atroci eccidi nazisti in Italia.
Perché dopo la Palestina, il Kurdistan turco, Sarajevo e la Bosnia: il Vietnam.
Perché prima o poi un viaggio per conoscere i pellerossa americani.
Perché oggi tutto è consentito, tranne il corpo della Storia.
Perché Lorenzetti: necessario andarlo a riprendere prima che faccia dei casini.
Perché scrivere molto, appuntare tutto su un vecchio quaderno ricevuto in regalo, che sulla prima pagina porta scritto a mano "Barcellona 1986" e poi è rimasto intonso.
Perché resistere alla tentazione di fotografare tutto, sapendo che niente si può conservare o trasmettere veramente in quel modo.
Perché al ritorno raccontare tutto a tutti con foga, sperando di avere nel cuore un frammento di altrove, che gridi con la nostra voce: "No, davvero, non pensate che sia tutto qui!"

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