Qualche giorno fa sono stato in una scuola primaria di Calenzano per incontrare le bambine e i bambini di una classe quarta che avevano letto il mio libro “Il mistero delle meraviglie scomparse” (Marcos y Marcos).
Come sempre, è stata per me un’esperienza bellissima, gratificante e commovente. I piccoli lettori avevano mille curiosità, tante domande intelligenti, una fila di osservazioni acute.
Mi hanno ascoltato con attenzione vibrante (nonostante la mia chiacchiera e le mie divagazioni), mi hanno mostrato con orgoglio i lavori creativi che hanno fatto a partire dal libro. In quello che vedete nella foto hanno rappresentato in modo tridimensionale, con grande cura, il bicchiere d’acqua in cui Filippo vede, come in una magica palla di vetro, l’immagine di un altro bambino che vive in una terra povera, forse tormentata da conflitti e violenze, in una capanna in cui non c’è praticamente nulla. Un bambino meno fortunato di Filippo, per nascita, soltanto per nascita. Al quale, in modo misterioso, è stato portato il gioco che il fiume Arno aveva sottratto a Filippo. È grazie a questa visione che Filippo accetta di separarsi da quel gioco - un bellissimo cavaliere argentato - e smette di aspettarsi la sua restituzione. In quel momento, in piedi in cucina, mentre nessuno lo osserva, diventa più grande, più consapevole di tante cose.
La storia del bambino senza nome visto dentro un bicchiere è solo una piccola storia nella storia, all’interno del mio libro: occupa soltanto poche righe, ma forse è il vero cuore del racconto. I bambini che ho incontrato venerdì scorso devono averlo capito, e hanno realizzato questa opera.