blog di Carlo Cuppini

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martedì 7 ottobre 2025

Il discorso che Netanyshu NON fece

Oggi, 7 ottobre di due anni dopo, vi ripropongo il discorso che Netanyahu NON ha pronunciato. È il discorso che, se fosse stato pronunciato, avrebbe salvato Israele. E i Palestinesi. E avrebbe sconfitto il terrore di ogni colore.

"Il 7 ottobre abbiamo subito il più grave attacco della nostra storia. Centinaia di persone innocenti sono state uccise, torturate, rapite. Migliaia di persone sono state minacciate, terrorizzate, umiliate. Per due settimane abbiamo risposto con la massima durezza. Abbiamo ucciso migliaia di persone, centinaia di bambini, colpito chiese, ospedali, bloccato ambulanze, terrorizzato un intero popolo.
Ed è stato soltanto un preliminare.
Questa notte scatterà l’invasione di terra. Carri armati e soldati pronti a sparare a qualunque cosa si muova. Come già è avvenuto in passato...
I tempi di Piombo Fuso...
Decine di migliaia di persone cesseranno di vivere. Donne, donne incinte, donne anziane, bambine. E uomini, anziani, ragazzi, bambini. Famiglie intere saranno cancellate. Tutto sarà distrutto e il fuoco laverà l’offesa. Il loro dolore sopravanzerà di molto il nostro dolore.
Invece no. Le cose non andranno così.
Queste parole, preparate per annunciare l'invasione, questa notte verranno cambiate: non ci sarà nessuna invasione. Non ci sarà più nessun bombardamento.
Adesso, davanti al mio popolo, davanti ai nostri aggressori, davanti al mondo intero, io ordino di bloccare ogni operazione.
La sola operazione che avverrà, questa notte, sarà la demolizione di un muro: quello che abbiamo eretto tra noi e i nostri nemici, tra un popolo e un popolo.
Domani mattina chi oltrepasserà quel confine non troverà la morte: troverà un tavolo in mezzo al deserto, e noi seduti da un lato ad aspettare, disarmati, la fronte distesa, le mani vuote. E altrettante sedie dall’altro lato. E cibo. E doni. Come la saggezza antica ci ha insegnato.
Loro ci hanno chiesto di scendere a un piano dove non c’è traccia di umanità. E noi siamo scesi.
Ci hanno chiamati a essere non uomini ma demoni, rispondendo all’uccisione con l’uccisione, all’odio con l’odio, al rapimento col rapimento, alla tortura con la tortura, all’inferno con l’inferno. E noi, per due settimane, lo siamo diventati. Lo abbiamo fatto. Ci siamo lasciati condurre in un luogo dove, guardandoci allo specchio, non vediamo più i nostri volti, ma teschi dalle orbite vuote.
No.
Noi non uccideremo più un bambino, un uomo, una donna.
Non ci saranno più "danni collaterali".
Non uccideremo nemmeno un terrorista, un miliziano, un soldato. Noi non uccideremo.
Noi non uccideremo.
Ci hanno chiesto di insegnare ai figli la furia che risponde all’orrore.
Noi insegneremo ai figli un’altra cosa.
Davanti agli occhi spalancati dei figli, noi risponderemo alla violenza con più democrazia.
Risponderemo alla ferocia con più giustizia.
Risponderemo al crimine con più legalità.
Risponderemo all'oltraggio con più dignità.
Risponderemo all’odio con il perdono.
Non un perdono che offriamo, ma un perdono che chiediamo.
Lo chiediamo a milioni di bambini che abbiamo costretto a una vita indegna di essere vissuta; a milioni di donne e uomini a cui abbiamo sottratto tutto, infliggendo sofferenze ingiuste, se mai potessero esistere sofferenze giustificate; a un popolo che abbiamo vessato, segregato, depredato, sfruttando la nostra posizione di maggior potere.
Noi chiediamo perdono ai nostri cuori, per averli pietrificati.
Noi, da questa notte, rispondiamo alla guerra con la pace. Noi dismettiamo la guerra dai nostri cuori.
Domani, provate a cercare la guerra nei nostri cuori, provate a suscitarne gli istinti con ogni mezzo a disposizione, pungolandoci, provocandoci, attaccandoci ancora.
In noi, non ne troverete i sentimenti, il desiderio, le azioni, le munizioni.
In noi non ne troverete le parole.
A chi dice che il nostro Dio vuole la guerra, a chi si appella al Dio degli Eserciti e delle Nazioni, noi diremo che quel Dio ha fatto il suo tempo. La sabbia ha ricoperto il suo corpo ingombrante, lo ha seppellito, e già facciamo fatica anche a ricordare i suoi nomi.
E se quel Dio defunto manderà Angeli in tuta mimetica e mitra a sconvolgere i nostri sogni, per continuare e vivere nel nostre azioni mostruose, noi grideremo forte per svegliarci.
E, al risveglio, frastornati, andremo nel deserto, nella terra di Nessuno, e aspetteremo lì, senza cibo e senza acqua.
Finché Dio non rinascerà con un altro volto e non ci rivolgerà una parola nuova."

venerdì 3 ottobre 2025

Parlare di Logout e di ribellione il 3 ottobre 2025

A Napoli, a Palazzo Reale, per il Campania Libri Festival, ho avuto un bellissimo incontro con ragazze e ragazzi delle scuole medie, in dialogo con un bravo e brillante Paquito Catanzaro. Ero stato invitato a parlare di "Logout" (marcos y marcos) che è la storia di una ribellione, che porta a una rivoluzione.
Perciò mi è sembrato opportuno, anzi necessario, iniziare l'incontro con una riflessione sulla ribellione - facendo dialogare quella a cui è dedicata la giornata di oggi con quella che Luca e i suoi compagni compiono attraverso le pagine di Logout. Perché, come ho detto ai ragazzi, i libri o ci parlano della nostra esperienza, del nostro tempo, dei nostri problemi e dei nostri dilemmi, oppure non servono a niente.
Hanno ascoltato tutti con un'attenzione impressionante. E quello che è venuto dopo è stato un dialogo, su Logout e sulle nostre vite, di adulti, di ragazzi, bellissimo e indimenticabile.
In treno, tornando a Firenze, ho trascritto a memoria quello che ho detto stamattina (arricchito da ulteriori pensieri scambiati con l'amico Fabrizio Masucci una volta concluso l'incontro). Ve lo propongo.

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Sono felice di essere qui con voi in questa giornata molto particolare.
Questa è una giornata di protesta, di frustrazione, di sollevazione e anche di ribellione. Ribellione, sì: perché si stanno svolgendo ovunque atti di disobbedienza civile, gesti che infrangono delle regole e delle leggi. Bloccare il traffico stradale o ferroviario è un reato - lo è diventato con il recente "Decreto sicurezza" Lo sciopero della CGIL è stato dichiarato illegittimo dal garante, per via dei troppo brevi tempi di preavviso; eppure tantissime persone stanno aderendo a quello sciopero, sventolando le bandiere di quel sindacato.
I tentativi delle barche della Flottilla di sfondare il blocco navale imposto da Israele su Gaza sono un atto di ribellione. È vero che è il blocco israeliano a essere illegittimo, ma la contrarietà dei governi alla missione degli attivisti, le richieste insistenti delle più alte istituzioni di interrompere la missione, fanno apparire queste coraggiose iniziative come atti di ribellione, appunto, con tutto ciò che ne consegue. Gli attivisti arrestati si faranno mesi di carcere duro in Israele, a quanto dicono.

“Logout", il libro di cui parleremo tra poco, racconta una storia di ribellione. E credo che oggi sia giusto mettere in luce in modo particolare questo aspetto del romanzo. E penso che questa sia una buona occasione per fare una riflessione sulla ribellione. Cos’è? Cosa non è? Quanti tipi di ribellione esistono? E noi, dove ci collochiamo? Del resto, se i libri non ci aiutano a riflettere sulle nostre esperienze, sui nostri dilemmi, sulle nostre scelte, non servono a niente.

La ribellione non è semplice, non è facile, non è gratis. Non può esserlo. Se lo è, non è una vera ribellione probabilmente, ma è soltanto un’altra forma di obbedienza.
La ribellione pone sempre delle domande, anche scomode, ancora prima di affermare qualcosa. Le pone non al capo della ribellione, ma a te, a te e a te, a ogni singolo ribelle, individualmente.
Ci sono alcune domande che oggi vorrei sollevare e condividere con voi, non per trovare delle risposte, ma per lasciarle nell'aria mentre entreremo nel romanzo per conoscere le vicende di Luca e dei suoi compagni.

giovedì 26 giugno 2025

Qualche riflessione su riarmo e aumento delle spese militari

Sul riarmo e l’aumento delle spese militari al 5% del PIL, approvato l’altro ieri anche da Meloni al vertice Nato (da tutti i leader europei tranne Sanchez, in effetti): siete sicuri di avere capito bene di cosa stiamo parlando? La calma, anzi l’indifferenza, che vedo intorno a me mi fa sorgere qualche dubbio. Vediamo un momento insieme. È importante.

L’Italia oggi spende l’1,7% del PIL in armi, difesa ecc. Si tratta di 33 miliardi di euro all’anno.
Arrivare al 5% del PIL significa triplicare la spesa, arrivando a spendere circa 100 miliardi di euro all’anno.

Cosa significa 100 miliardi di euro?

Se questi soldi dovessi metterli io - se la Meloni venisse a casa mia e mi dicesse: “Sei stato cattivo, antipatriottico, disfattista: quindi da adesso la spesa militare italiana la paghi tu” - per procurarmi quella cifra dovrei lavorare 4 milioni di anni. Immagino che per molti di voi che leggete sarebbe lo stesso, mille anni più mille anni in meno. Questa cosa si potrebbe anche dirla così: da oggi sarà come se 4 milioni di italiani che percepiscono uno stipendio medio lavorassero per dare il 100% della loro retribuzione netta allo Stato per le armi. 

mercoledì 25 giugno 2025

Cosa è una persona?

Qualche giorno fa una piccola tartaruga è morta. Aveva tre anni, viveva nel nostro giardino da due. In primavera, dopo il letargo, l’avevamo liberata dal recinto sull’erba in cui era stata confinata e protetta. In questi mesi aveva preso confidenza con lo spazio del giardino, aveva socializzato con le sue due simili più grandi, la micro comunità di tartarughe si era allargata e rafforzata con continui gesti di conoscenza, curiosità, affetto e cura tra loro. Aveva imparato a conoscere i due gatti; con noi umani il rapporto era cresciuto velocemente. Tra i bambini e la piccola tartaruga, soprattutto, la relazione si era approfondita e intensificata, attraverso un linguaggio costruito giorno dopo giorno, fatto di gesti, movimenti e posture riconoscibili, di appuntamenti, di dimostrazioni di fiducia, di forme - minime e primitive, forse, ma reali - di reciprocità. Le naturali insidie di cui il mondo naturale è pieno le sono costate la vita.
Io e Ramona siamo rimasti costernati e addolorati, scoprendo il suo corpo dilaniato da qualche rapace. Le immagini di quel corpo mi sono tornate in mente per due giorni e due notti. Al dispiacere si è sommato subito un senso di colpa - inutile quanto inevitabile - pieno di domande sulla responsabilità che ci siamo assunti accogliendola in casa, sull'esserne stati o meno all'altezza.
Mi è stato impossibile non pensare al dialogo tra il Piccolo Principe e la Volpe sull’addomesticamento:
“Che cosa vuol dire addomesticare?"

venerdì 6 giugno 2025

La guerra non esiste

Per essere davvero pacifisti - mi correggo: per essere davvero umani e, come umani, vivi - dovremmmo convincerci sinceramente, profondamente, che la guerra non esiste. Dovremmo rigettare integralmente questa parola. Perché è la parola stessa che offre esistenza a un fenomeno, rendendolo in qualche modo plausibile, giustificato nel suo manifestarsi, in fondo accettabile. Al punto che esistono un “diritto bellico” e i “crimini di guerra” (come se esistesse qualche aspetto della guerra, qualche sua manifestazione, non riconducibile alla dimensione del crimine). 

Dire “guerra” significa stare sul piano dell'astrazione e soprassedere pigramente su tutto ciò di molto concreto che questa parola pretende di rappresentare e significare. Questo vale per tante parole. Ma nel caso di “guerra” è più grave, perché tra l'uso comune del sostantivo astratto e la natura dei fatti concreti che esso rappresenta esiste una dismisura assoluta.
Non dire guerra non per per rimuovere la guerra dalla coscienza, ma al contrario, per non normalizzarla e ridimensionarla.
Faccio un esempio limite di quello che sto dicendo, per rendere più chiaro il concetto: in alcune religioni il nome di dio è impronunciabile; non si dà proprio; perché qualunque nome segnerebbe una dismisura inaccettabile rispetto a ciò che vorrebbe rappresentare; assegnare un nome a dio vorrebbe dire limitarlo, banalizzarlo. 
È questo che intendo. L'orrore della guerra è illimitato. Se dovessimo parlare di guerra, senza usare l'etichetta che mettiamo sul barattolo che contiene i fatti che la costituiscono, dovremmo usare un giro di parole destinato a non finire mai.

giovedì 5 giugno 2025

Un comando Nato a Firenze

UNO: Ci dicono che la Russia attaccherà la Nato entro una manciata di anni.
Pare che Starmer stia preparando il Regno Unito alla guerra atomica contro la Russia, e qualcosa di analogo sta facendo la Germania. Ci hanno insegnato a preparare un kit di sopravvivenza. Non si parla d'altro che di guerra, armi, bunker, ordigni dell'apocalisse, riarmo, warfare, coscrizione.

DUE: Due anni fa è stata approvata la creazione di un comando Nato di primaria importanza strategica alle porte di Firenze, a un tiro di schioppo dal centro storico (5 km dalla Basilica di Santa Croce, che contiene, tra molti altri tesori, gli affreschi di Giotto). In mezzo alle abitazioni civili del rione fiorentino di Rovezzano, un'area di 10.000 metri quadrati sarà destinata al nuovo quartier generale permanente della Multinational Division South (Mnd-S) della NATO, che coordinerà le operazioni e le comunicazioni delle forze terrestri nel Sud dell'Europa.

TRE: Sul sito del Comune di Firenze si legge: "Il fronte di guerra si avvicinava a Firenze, che ingenuamente, tutti credevano fosse immune dai bombardamenti per la presenza dell'importante patrimonio artistico, ma non fu così. Firenze subì sette bombardamenti: il 25 settembre 1943, il 18 gennaio 1944, l'8 febbraio 1944, l'11 marzo 1944, il 23 marzo 1944, il 1 e il 2 maggio 1944. Furono colpite le zone di Campo di Marte, San Gervasio, le Cure, Sesto, Castello, Novoli, Rifredi, Careggi, San Jacopino, Porta al Prato. I bombardamenti angloamericani miravano a distruggere gli snodi ferroviari, attraverso i quali viaggiavano i rifornimenti alle truppe tedesche, e le fabbriche ormai in mano alla Germania nazista. L'obiettivo ultimo era fiaccare la Germania hitleriana e l'Italia fascista e spingere alla ribellione la popolazione. Ma le bombe colpirono case e strade, dove centinaia di persone rimasero vittime. Bombardamenti a tappeto, carpet bombings."
Se nel 1944 lo hanno fatto gli angloamericani, chissà per quale spirito caritatevole oggi non dovrebbe farlo qualche attuale nemico della Nato, sapendo che a Firenze si trova un comando strategico della stessa.

martedì 3 giugno 2025

La mia storia, un tombino, La Pira

Qualche giorno fa sono stato in una scuola primaria di Calenzano per incontrare le bambine e i bambini di una classe quarta che avevano letto il mio libro “Il mistero delle meraviglie scomparse” (Marcos y Marcos).
Come sempre, è stata per me un’esperienza bellissima, gratificante e commovente. I piccoli lettori avevano mille curiosità, tante domande intelligenti, una fila di osservazioni acute.
Mi hanno ascoltato con attenzione vibrante (nonostante la mia chiacchiera e le mie divagazioni), mi hanno mostrato con orgoglio i lavori creativi che hanno fatto a partire dal libro. In quello che vedete nella foto hanno rappresentato in modo tridimensionale, con grande cura, il bicchiere d’acqua in cui Filippo vede, come in una magica palla di vetro, l’immagine di un altro bambino che vive in una terra povera, forse tormentata da conflitti e violenze, in una capanna in cui non c’è praticamente nulla. Un bambino meno fortunato di Filippo, per nascita, soltanto per nascita. Al quale, in modo misterioso, è stato portato il gioco che il fiume Arno aveva sottratto a Filippo. È grazie a questa visione che Filippo accetta di separarsi da quel gioco - un bellissimo cavaliere argentato - e smette di aspettarsi la sua restituzione. In quel momento, in piedi in cucina, mentre nessuno lo osserva, diventa più grande, più consapevole di tante cose.
La storia del bambino senza nome visto dentro un bicchiere è solo una piccola storia nella storia, all’interno del mio libro: occupa soltanto poche righe, ma forse è il vero cuore del racconto. I bambini che ho incontrato venerdì scorso devono averlo capito, e hanno realizzato questa opera.

domenica 1 giugno 2025

I lunedì senza i social, e Meta che va alla guerra (con il nostro contributo)

È passata una settimana dallo scorso lunedì senza social, e mi rendo conto che in questi giorni sono stato sui social pochissimo, solo per dare una sbirciatina ogni tanto, lasciare un paio di commenti a post intelligenti, fare un post per informare di una presentazione libraria. E basta.
Non è che non abbia avuto l'impulso di scrivere post di carattere personale e politico. Ma questi impulsi non sono mai stati sufficientemente intensi, e non sono mai durato sufficientemente a lungo, per convincermi a prendere un dispositivo e passare i minuti necessari.
Che vi devo dire?
Non so bene... lascio la parola a Julie Double (prendendo un suo commento sotto un mio precedente post su Fb "lunedì senza i social"):

"Ho iniziato domenica, ho fatto quasi tutto lunedì senza social (mi sono dovuta collegare brevemente a telegram per un impegno chenon potevo saltare), sono ritornata qui su Fb solo ieri sera. Sta diventanto una dipendenza al contrario: meno li uso e meno li mancano. Meno li uso e più scopro che mi manca la vita vera, quella fatta di aria all'aperto, di cose che si colgono con tutti i sensi e, soprattutto, di buon senso. Sono ripensamenti che vanno ben oltre la tastiera e che spero mi porteranno ben lontano."

domenica 18 maggio 2025

Lunedì senza i social, e la raccolta di poesie e opere d'arte "Oltre le maschere"

Il telefono sempre in tasca. Per concederci la libertà di contattare chiunque, in qualunque momento, e di fare mille altre cose. Per dare agli altri la libertà di raggiungerci.
Va bene. Ma se...
Se esistesse una libertà che deriva dal rinunciare a qualche libertà? Una libertà più antica e più grande, inattuale, irragionevole e inebriante, paradossale ma concreta e a portata di mano? 

Non poter appoggiare la mente su uno schermo mentre aspettiamo l’autobus.
Non poter avvertire che siamo in ritardo.
Non poter cercare una destinazione su maps.
Non poter cercare un’informazione su google.
Non poter controllare se sono sbarcati gli alieni proprio un minuto fa, nel nostro quartiere.
Non poter essere rintracciati dalla polizia in caso di rapimento, o di nostra fulminea amnesia…

martedì 13 maggio 2025

Raccoglimento

Il mio lunedì senza social ieri è andato benissimo. E il vostro?
Essendo sovrapposto al primo di due giorni di digiuno per Gaza, ho riflettuto a lungo sul tema del "raccoglimento". Quando non butti nella pancia il cibo, raccogliersi è inevitabile. Anche se magari stai lavorando, o facendo le solite cose di tutti i giorni.
Forse il raccoglimento è il vero e potente antidoto all'esternalizzazione, alla frammentazione, alla nevrotizzazione della personalità che un uso compulsivo, o anche solo intensivo, dei social comporta.
Il raccoglimento è un vero spauracchio per la società del consumo, dell'usa e getta (anche nelle relazioni), della performance, dello spettacolo, dell'immagine, della notifica, dell'insicurezza, dell'appagamento istantaneo (di desideri e bisogni indotti), dell'horror vacui.
Il raccoglimento ci richiama a una centratura possibile, a una pazienza che non vuole riempire sempre tutto, e non pretende che la mente sia sempre intrattenuta da una tempesta di stimolazioni esterne (notizie, post, commenti, commenti di commenti, meme, notifiche, storie...), pena un attacco d'ansia.
Il raccoglimento richiama il senso dell'intimità e dell'interiorità. Due "strati" dell'essere che non per niente sono vietati e perseguitati nella più vecchia, attuale e raggelante distopia: quella del "Mondo nuovo" di Aldous Huxley.
E pensandoci bene, anche da noi cominciano a essere dimensioni piuttosto malviste.
Ieri mi è venuto in mente un passaggio dell'importante libro di Giulio Milani "Codice Canalini" (ne ho parlato qualche post fa). L'ho ricercato e ve lo propongo Leggete queste righe.
Anche noi abbiamo fatto parte di questo numero di lettori che si sono perduti, o si sono assottigliati?
Io, pur essendo un lettore moderatamente forte, sicuramente sì, lo sono stato, in diversi momenti, e per periodi prolungati: l'uso dei social - magari per cause che mi apparivano buone e importanti - mi ha tolto un sacco di tempo e, oltre a molte altre cose, un sacco di letture.
Si fa sempre in tempo a invertire la rotta: tenere il buono (anche dei social, perché no?) e scrollarci selvaggiamente di dosso le trappole, i buchi neri del tempo e dell'energia, i gesti compulsivi e coatti, le lusinghe del "tanto è gratis", i canti delle sirene.




"1999", un romanzo a puntate di Paolo Di Paolo

Paolo Di Paolo ha annunciato che scriverà un romanzo in venti puntate, una a settimana, che saranno rese disponibili con la stessa cadenza a chi si iscriverà a questo sito. L'editore che produce questa opera-esperimento è La nave di Teseo. Le puntate saranno offerte agli interessati gratuitamente. Il perché e il percome di questo progetto Di Paolo li spiega qui: https://www.facebook.com/share/p/1ATjNGSyYB/
Mi pare un'iniziativa interessante e lodevole.
Di Paolo è scrittore abile e persona sensibile e intelligente. I suoi interventi pubblici sono talvolta stimolantemente controcorrente. E questi sono dei motivi in più per incuriosirsi e seguire la vicenda.
Anche il fatto di avere un appuntamento settimanale con la letteratura, slegato dai propri eventuali percorsi di lettura, mi stuzzica: sarà un piccolo tempo in più da trovare nella settimana, togliendolo ad altre attività, quelle futili. Leggere la nuova puntata di "1999" sarebbe per esempio un ottimo proposito per i nostri lunedì senza i social.